giovedì 28 febbraio 2013

Novità: tutti i racconti di Richard Matheson in vendita per Fanucci






Fanucci Editore ci farà trovare in libreria da oggi 28 Febbraio una raccolta completa dei racconti di Richard Matheson, da molti considerati uno dei migliori scrittori al mondo di narrativa breve e uno degli ispiratori del genere “fantastico” contemporaneo, non solo in ambito letterario.
Per chi non lo conoscesse, basti sapere che questo autore viene considerato un maestro dallo stesso Stephen King, che di lui dice: “State attenti: siete nelle mani di uno scrittore che non chiede pietà e non ne concede. Vi spremerà fino all’osso, e quando chiuderete questi libri vi lascerà con il più grande regalo che uno scrittore possa offrirvi: il desiderio di leggerli ancora. Richard Matheson è l’autore che mi ha influenzato più di ogni altro.”
Nell’arco della sua lunga e prolifica attività di scrittore e sceneggiatore, Richard Matheson ha continuato a stupire il suo pubblico attraverso uno stile asciutto e scarno e la capacità indiscussa di ‘distillare parole secche come mitraglia’. I personaggi a cui ha dato vita in oltre sessant’anni di carriera hanno sondato gli aspetti più oscuri della natura umana: paura, disagio e ossessioni. Il risultato è una sintesi di umiltà e destrezza, basata su trovate geniali e non su frasi a effetto, usando un linguaggio semplice e mai forzato. Le storie di Richard Matheson si prestano a chiavi di lettura di diverso tipo: sono pura evasione, oppure metafore di vite strappate, iniezioni di speranza in un mondo devastato dal male. Storie surreali, a volte al limite della fantascienza e del sogno, eppure incredibilmente reali. 
Spesso definito come un autore inclassificabile, ha scritto racconti di molti tipi, dall’horror, alla science fiction, al fantasy, ai racconti grotteschi, spesso valicando i confini stessi dei vari generi. Molto prolifico negli anni ’50, in seguito concede meno tempo alla letteratura, visto che la sua carriera come sceneggiatore diviene preponderante. Tuttavia non smette mai di scrivere, dando vita a una serie di racconti che finalmente, grazie a Fanucci, vede la luce nella sua interezza anche nel nostro Paese.


I 4 volumi della Fanucci contengono tutti i racconti, editi ed inediti, scritti da Richard Matheson tra il 1950 e il 2010:

Richard Matheson. Collana Tif Extra, Fanucci Editore

Tutti i racconti Vol. 1 1950 – 1953
(€ 16.90 – pagg. 464 – 34 racconti  di cui 2 inediti)
Tutti i racconti Vol. 2 1954 – 1959
(€ 16.90 – pagg. 512 – 32 racconti di cui 6 inediti)
Tutti i racconti Vol. 3 1960 – 1993
(€ 16.90 – pagg. 480 – 35 racconti di cui 12 inediti)
Tutti i racconti Vol. 4 1999 – 2010
(€ 16.90 – pagg. 464 – 31 racconti inediti)


 






Richard Matheson
Nato nel New Jersey nel 1926, ha forgiato il gusto e le caratteristiche del ‘fantastico’ contemporaneo, influenzando profondamente altri linguaggi, dal cinema ai fumetti ai videogiochi. Ha scritto alcuni degli episodi più memorabili di Ai confini della realtà, e diverse sue opere sono state adattate per il grande schermo, tra cui Tre millimetri al giorno e Io sono leggenda, che ha ispirato tre film, di cui l’ultima versione (del 2008), dal titolo omonimo, è stata diretta da Francis Lawrence, con protagonista Will Smith. Richard Matheson ha vinto numerosissimi premi, tra cui l’Edgar Allan Poe e un Bram Stoker alla carriera. Fanucci Editore ha pubblicato anche Incubo a seimila metri, Duel e altri racconti, Ricatto mortale, Io sono Helen Driscoll, La casa d’inferno, Tre ore di pura follia, The Box e altri racconti, che ha ispirato la pellicola del regista Richard Kelly, Altri regni, I migliori racconti e Ghost.

mercoledì 27 febbraio 2013

Mondadori e il precariato, la protesta inascoltata di 51 dipendenti


A cura di Lamia.



In Italia, ormai, la parola precario è una triste realtà con cui moltissimi si trovano a dover fare i conti. Dove inizi la necessità di un datore di lavoro e dove, invece, sia pura e semplice speculazione resta però da verificare. Che dire quindi di un colosso come Mondadori, un gigante dell'editoria, che si basa in modo sistematico sul precariato? Necessità? In pochi ci credono.
La situazione dei quasi 300 lavoratori atipici della casa editrice -che si protrae da anni- ha conosciuto una grande visibilità grazie al caso Giulia Ichino – Chiara di Domenico, che purtroppo, come spesso avviene, anziché porre l'accento su un problema importante da risolvere al più presto, si è spostato su quello più gestibile delle raccomandazioni e del nepotismo. Per chi non avesse seguito le cronache, in breve: la signora di Domenico fa parte dei “quasi dipendenti” di Mondadori, e chiamata a parlare del suo ruolo di precaria ad un incontro con il Pd, ha raccontato la sua storia e quella di tanti come lei. Per concludere l'analisi della situazione, la signora ha poi accennato anche ai tanto famosi raccomandati, tirando in causa Giulia Ichino, figlia del politico Pietro Ichino, grazie al quale sarebbe entrata giovanissima in Mondadori con un posto fisso. Se la raccomandazione ci sia effettivamente stata, non sta a me dirlo, né voglio scendere nei dettagli, poiché il quesito ben più importante, che emerge forte e chiaro dalle parole della di Domenico è:
“Perchè i lavoratori non hanno tutti gli stessi diritti?”.
Purtroppo, a questa domanda nessuno ha prestato attenzione, né il giorno dell'incontro, né quelli seguenti, nella solita infantile convinzione che se non guardi il problema, lui non guarderà te, e poi chissà, magari si risolverà da solo. Soltanto lo scorso 20 febbraio è stata data una risposta che non è tale: attendere il rinnovo del contratto collettivo nazionale Grafici Editoriali, senza la garanzia che questo risolverà alcunché.  Ancora una volta il problema dei lavoratori precari è stato abilmente schivato e posticipato, a quando non si sa.
Cogliendo al volo la scappatoia fornita dal nome Ichino, il dibattito si è quindi spostato sul terreno più sicuro dei raccomandati, finendo per diventare, anche tramite il contributo dei media, lo scontro Chiara di Domenico – Giulia Ichino, e perdendo completamente di vista lo scopo principale dell'intervento.
Eppure il precariato a Mondadori esiste da tempo e oltre a non garantire nessuna sicurezza per il futuro dei lavoratori, è estremamente scorretto: molte di queste persone vivono da anni grazie a un susseguirsi di contratti a progetto, ad altre è stato addirittura imposto di crearsi una partita IVA, che le identifica pertanto come freelance con prestazioni di servizio dipendente, nonostante di datore di lavoro ne abbiano uno soltanto. Quello del lavoratore parasubordinato è un tipo di contratto che la legislazione stessa fa fatica a definire ed è pertanto più facile limitare i diritti dei "quasi dipendenti" a favore del loro datore di lavoro.
Parliamo di fatto -senza tanti giri di parole- di lavoratori sfruttati. La presa in giro è ancora più accentuata dal constatare che a Mondadori non sono tutti lavoratori atipici, tutt'altro. Questa enorme disparità fra persone che condividono lo stesso ambiente lavorativo e le stesse mansioni è inspiegabile e non ha alcuna ragione di esistere. Mondadori è un colosso nel mondo dell'editoria, non ha giustificazioni per questo suo comportamento, se non una poco professionale ed egoistica volontà di guadagnare il più possibile a discapito dei suoi stessi dipendenti, mancanza che si palesa anche nel non voler rispondere alla lettera, che cinquanta di questi lavoratori, facendosi portavoce di tutti e 300, hanno scritto, chiedendo spiegazioni e condizioni di lavoro migliori, e che potete leggere sotto.
Fra questi precari ci sono vari tipo di professionalità lavorative che Mondadori richiede e ottiene ma non riconosce. Quale datore di lavoro può avere una mancanza di rispetto così grande verso i suoi dipendenti? Non è forse merito dei dipendenti se la casa editrice ha raggiunto le dimensioni e gli introiti che ha?
Stiamo anche noi in attesa insieme ai suoi precari, augurandoci che qualcosa si muova e che il gigante guardi finalmente verso il basso e si accorga di chi lo tiene in piedi.



Siamo 50 lavoratori atipici della casa editrice Mondadori e riteniamo essenziale portare all’attenzione generale quello che è il vero problema nella gestione del personale dell’azienda in cui lavoriamo, al di là delle pretestuose polemiche - non esenti da strumentalizzazioni politiche - circa l’assunzione di Giulia Ichino, persona il cui valore e la cui correttezza sono fuori discussione.
La questione vera è un’altra: da anni la casa editrice non assume più a tempo indeterminato e basa la sua poderosa produzione sul lavoro parasubordinato, ma illegalmente non riconosciuto come tale, di una schiera di lavoratori a progetto. Un organico ombra, che assicura all’azienda la presenza quotidiana e la competenza per pubblicare i libri senza averne in cambio alcuna garanzia.
Non basta. Mondadori ha approfittato della recente legge Fornero, che restringe i parametri per la stipula di nuovi contratti a progetto, per precarizzare ulteriormente i lavoratori delle redazioni, imponendo loro di aprire la partita Iva o di prestare il proprio lavoro attraverso l’intermediazione di un’agenzia interinale.
A fronte di ciò, ci siamo uniti per proporre all’azienda una soluzione alternativa all’esternalizzazione selvaggia, che preveda la trasformazione delle collaborazioni autonome in rapporti di lavoro subordinato, anche rinunciando ad alcune delle prerogative di questi rapporti, e rispettando la necessità di evitare aumenti di costo e di rigidità per l’azienda. Tutti insieme e tutti d’accordo abbiamo chiesto anche una consulenza al professor Ichino, certamente uno dei massimi esperti in materia.
La nostra proposta è stata trasmessa all’azienda con una lettera raccomandata dello scorso 18 gennaio. Chiedevamo una risposta entro 15 giorni. Ebbene, quel termine è scaduto ma la risposta, finora, è stata solo un ferreo silenzio, mentre proseguono i contatti con i singoli per la firma dei nuovi contratti di esternalizzazione.

Lunedì, 11 Febbraio 2013

martedì 26 febbraio 2013

Novità: La donna del fango di Joyce Carol Oates


Stavolta è la Mondadori a farsi largo con una nuova uscita, presentandoci l’ultima opera della più che prolifica autrice statunitense, Joyce Carol Oates, di cui abbiamo già parlato QUI con la recensione de La ragazza tatuata.
La donna del Fango” è il titolo del suo ultimo romanzo- sugli scaffali da oggi al prezzo di 20,00 euro – e racconta nelle sue 427 pagine di una donna di successo che, popolare nel suo presente, deve vedersela con un passato che pensava d’aver ormai superato.
Un tema conosciuto questo, che si riaffaccia puntualmente sul grande schermo e fra le pagine dei romanzi, ma che in questa occasione ha d’interessante l’ambientazione. Si parla di un’America che vede alle porte il conflitto in Iraq, guerra molto discussa e ancor al centro di polemiche sia negli USA che oltreoceano. La Oates, oltre che ad una storia di cui la particolarità e la profondità son tutte da scoprire, ci offre quindi uno spaccato della società americana, con la sua roboante ideologa, con la sua solida identità, influenzata dal conflitto e da ciò che ne deriva. La casa editrice tuttavia sembra molto puntare sul contrasto fra passato e presente in cui la protagonista del romanzo si trova invischiata. Che sia per stimolare la curiosità dei lettori, che sia perché è davvero quello il pezzo forte del romanzo, starà ancora una volta a noi svelare i segreti di questa nuova uscita.


La donna del Fango di Joyce Carol Oates
"Devi essere preparata" dice la donna con voce calma, e nel silenzio della notte lungo una strada tortuosa estrae dalla borsa di tela delle forbici. Preparata a cosa? Le sue parole risultano incomprensibili alla bambina che tra poco verrà abbandonata sulle rive melmose del Black Snake River, sotto un cielo cupo dove i corvi volano alti. Preparata lo è sempre, Meredith "M.R." Neukirchen. La prima donna rettore di un'università della Ivy League non è tipo da lasciarsi cogliere alla sprovvista. La sua dedizione alla carriera e il fervore morale con cui vi si dedica sono esemplari, e finora le hanno fatto affrontare ogni ostacolo, ogni nemico senza timori, uscendo trionfante da tutti i conflitti. Adesso però i molti fili, più o meno segreti, della sua vita rischiano di intrecciarsi in un groviglio che potrebbe mettere a dura prova la sua sicurezza: un amore da tenere nascosto, il clima politico negli Stati Uniti che stanno per scendere in guerra contro l'Iraq, le insinuazioni imprevedibili di uno studente. E poi c'è un incauto viaggio in macchina che la spinge in luoghi remoti, al contempo intimamente familiari e irriconoscibili: quella strada tortuosa lungo il fiume melmoso, la bimba del fango, il Re dei Corvi, un'intera vita che M.R. Neukirchen crede di essersi lasciata alle spalle... Joyce Carol Oates dà vita a un mondo dove il passato bussa implacabile alle porte del presente, pronto a mettere in questione ogni divisione pacificata tra il mondo dell'infanzia e quello dell'età adulta...




Joyce Carol Oates
È una scrittrice di romanzi, storie, sceneggiature, poesia e saggistica, conosciuta per essere uno tra i più prolifici scrittori americani (è autrice di oltre settanta libri.È cresciuta nella fattoria dei suoi genitori in una zona rurale dello stato di New York. Ha frequentato la Syracuse University la University of Winsconsin, dove ha conosciuto, che poi ha sposato. Si è poi trasferita a Detroit e quindi in Ontario, Canada.
Autrice prolifica quant'altri mai, la Oates ha esplorato i diversi sentieri della prosa moderna alternando capolavori in fiction come Blonde, Per cosa ho vissuto o L’età di mezzo a racconti brevi, saggi sulla boxe, scritti per l'infanzia.
Ora insegna nel dipartimento di Scrittura Creativa all'Università di Princeton. La Oates ha anche scritto diversi libri, per la maggior parte romanzi del mistero, sotto lo pseudonimo di Rosamond Smith e Lauren Kelly.




lunedì 25 febbraio 2013

Anteprima: Inferno di Dan Brown


A cura di Lamia

A dieci anni dalla prima edizione de Il Codice Da Vinci e a quattro dall’uscita de Il simbolo perduto, Dan Brown riesuma l'investigatore dilettante Robert Langdon e gli affida un nuovo caso.
Del libro si parla già da un po', ma la trama è tenuta nella massima segretezza, tuttavia alcune notizie sono state seminate in giro per il web tramite un giochino per i fan, che altro non è che una trovata pubblicitaria davvero geniale, e in linea con gli enigmi dei libri.
Le rivelazioni, infatti, sono state fatte tramite un'immagine di Firenze su cui compariva il titolo del libro. La trovata sta nel fatto che l'indizio veniva completato mano a mano che nei social network si chiedevano informazioni in merito: in particolate, gli utenti di Twitter dovevano usare l'hashtag #DanBrownToday. I complimenti sono dovuti a chi si è inventato una strategia di marketing simile: una grande pubblicità a costo zero, davvero geniale! Ogni quadratino del collage altro non è che l'immagine di uno degli utenti che ha partecipato. Contate i quadratini e saprete quante persone sono state raggiunte con il minimo sforzo.

Il romanzo uscirà il 14 maggio per Mondadori, in contemporanea in Italia, Inghilterra e USA.
Inferno, è questo il titolo, sarà ambientato ancora una volta in Italia, mentre la storia ruoterà attorno a Dante e al primo libro della Divina Commedia. La traccia sarà sempre quella de Il Codice Da Vinci, con misteriosi intrighi ed enigmi da risolvere per arrivare alla conclusione delle indagini e alla verità finale.
In occasione del decimo anniversario de Il Codice Da Vinci - e per ulteriore pubblicità- uscirà invece il 12 marzo una nuova riedizione dell'opera prima (in Italia) di Dan Brown, casomai qualcuno se la fosse persa.

L'immagine pubblicitaria

Disponibile da oggi, sul sito della Mondadori, il prologo e il primo capitolo di Inferno. Per i più curiosi, ecco il link diretto.

Dan Brown
Dan Brown nasce nel 1964 ad Exeter, figlio di un insegnate di matematica e di una musicista. Di educazione cristiana, si laureò all'Amherst College e intraprese la carriera di cantautore, seguendo le orme materne, arrivando a pubblicare quattro CD.
Decide di intraprendere la carriera di scrittore, aiutato anche dalla moglie Blythe, storica dell'arte e raggiunge la fama con il thriller best seller Il Codice Da Vinci, fama che ha permesso ai fan italiani di avere la traduzione dei precedenti tre Crypto, Angeli e Demoni e La verità del ghiaccio.

domenica 24 febbraio 2013

Recensione: “Le perle del drago verde” di Lisa See



Le perle del drago verde - Lisa See
Dopo una giovinezza felice a Shanghai, il sogno delle sorelle May e Pearl Chin è finito a Los Angeles, dove entrambe sono destinate a un matrimonio combinato. Nella Chinatown della città, le loro due famiglie crescono Joy, che a diciannove anni scopre per caso e con dolore di non essere figlia di Pearl, come ha sempre creduto, bensì di May e del suo grande amore di gioventù, il pittore cinese Z.G.
È il 1957 e nulla sarà più come prima per Joy, che decide di partire per conoscere il Paese al quale sente di appartenere e soprattutto il suo vero padre. Ma il mondo che l’attende è la Cina maoista del Grande Balzo in Avanti, un mondo in cui gli individui non contano nulla, piegati dal potere e dalle sue richieste spietate. Anche il padre naturale di Joy è osteggiato dal nuovo regime in quanto artista ed è costretto a partire per la campagna dove dovrà «imparare dalla vita reale». Nel suo cieco entusiasmo, Joy decide di seguirlo e in un villaggio sperduto nel cuore della Cina conosce un giovane contadino di cui si innamora perdutamente. Ma Joy ha due madri che l’attendono e che sono disposte a tutto pur di riportarla a casa...
Editore: Longanesi 
Pagine: 448 pagine 
Formato: rilegato 
Prezzo: € 18,80 





 

Voto:


Mi sono lasciata trascinare nuovamente in Cina, grazie al nuovo romanzo di Lisa See.  È stato un ritorno ad una realtà ben diversa da quella che mi si era presentata ne “Fiore di neve e il ventaglio segreto” (del quale trovate la recensione qui), in quanto collocata intorno agli anni Sessanta del secolo scorso, durante il governo maoista e la politica del “Grande balzo in avanti”.
“Le perle del drago verde” è la storia di Joy, ragazza nata a Los Angeles da una famiglia cinese, che scappa verso la Cina, decisa a ritrovare il padre e infiammata dall’ideologia comunista che raggiunge le associazioni universitarie cinesi, insieme a notizie lusinghiere riguardo lo sviluppo del paese. La sua fuga ha anche un altro motore: ha scoperto che per diciotto anni sua madre Pearl, che si rivela essere in realtà sua zia, le ha mentito riguardo la sua nascita, facendole crollare le certezze e scatenando in lei il bisogno di sapere di più riguardo le proprie origini. Così Joy si avventura alla ricerca del padre, Z.G., perdendo però la possibilità di ritornare negli Stati Uniti a causa della confisca del passaporto. Z. G. era stato l’unico vero amore di sua zia May (madre biologica), ed è un artista molto rinomato e riconosciuto dai vertici di governo, ma considerato troppo incline alle ideologie borghesi e capitalistiche bandite da Mao. Scoperto di avere una figlia, Z.G. porta con sé Joy a Drago Verde, un villaggio dove il pittore ha il compito di istruire i cittadini ai dettami dell’arte comunista. È qui che Joy incontra Tao, giovane di bell’aspetto e particolarmente abile nel disegno, del quale si innamora. Z.G. riesce a persuadere la figlia ad essere prudente nei confronti di Tao, temendo che finga interesse per la ragazza perché affascinato dall’idea di potersi trasferire in città ed avere successo. Chi abita in campagna, infatti, non ha il permesso di spostarsi verso la città e, di contro, i cittadini raramente ottengono permessi per raggiungere la campagna (a meno che non siano permessi speciali, come quello che porta Joy e Z.G. a Drago Verde). La ragazza e suo padre tornano a Shangai dove apprendono che Pearl è giunta in cittò per riportare Joy a casa, ma la ragazza si rifiuta di lasciare il paese, assuefatta dall’ideologia e “corrotta” dai sentimenti che prova per il giovane Tao. Il suo ritorno a Drago Verde, diventato un villaggio della comune, segnerà l’inizio di una nuova vita al fianco del giovane che ama, molto ben diversa da quella che aveva immaginato.

Le perle del drago verde” è un romanzo particolare, ricco di storia e per certi versi crudo, una rappresentazione fedele e viva dell’eterno conflitto madre/figlia, attraverso le memorie che prendono corpo dalle voci di Joy e Pearl che si alternano pagina dopo pagina. Sono loro, infatti, ad accompagnarci in un periodo storico buio, rivelandoci i particolari più scomodi di quello che è stato, le difficoltà e la mancanza di libertà da parte del popolo cinese. Si tratta di un romanzo di formazione, crescita fisica e ideologica, che coinvolge non solo la protagonista più giovane, ma anche gli altri personaggi principali, come ad esempio Pearl, la cui storia – già raccontata nel primo volume della saga familiare, “Le ragazze di Shangai” – ha qui una conclusione ben diversa da quella che ci saremmo immaginati. Si potrebbe dire che anche il lettore ha modo di “crescere” scorrendo il romanzo, ottenendo vari spunti per la riflessione sul quotidiano, su ciò che ci circonda, ma soprattutto riesce a cogliere la non troppo sottile polemica di stampo politico. La See ci parla di propaganda politica, di asservimento al potere, ma soprattutto di omologazione e alienazione delle masse, di “bugia” di Stato. Alla luce dei mille eventi di cui oggi è facile avere notizia, il pensiero non può che andare all’idea che in Cina molte cose siano rimaste immutate: oggi si presenta come un paese forte su mercato, che però non permette una libera circolazione dell’informazione al suo interno e all’esterno. Tale polemica si fa forte soprattutto quando si parla di organizzazione delle comuni, delle bugie che i capi raccontano ai contadini ignoranti, facendogli quasi il lavaggio del cervello e inneggiando ad uno sviluppo sostenibile a costo della riduzione delle razioni di cibo. Emblematica è la considerazione di Joy, proprio riguardo il comportamento dei “tutori dell’ordine”, che con cosciente disillusione ci ricorda che il solo modo per evitare le ribellioni è affamare il popolo:

«Ora capisco come tutto questo possa essere accaduto e anche perché nel nostro Paese non ci sono state rivolte, proteste o insurrezioni. Siamo troppo deboli, stanchi e impauriti per intraprendere simili azioni. Affamandoci ci hanno fatto il lavaggio del cervello, e la gente crede ancora nel presidente Mao e nel partito comunista».

Un’altra tematica che ci accompagna dall’inizio alla fine è sicuramente quella dell’amore: le protagoniste hanno modo, nel corso degli eeni di capire se stessa, la loro natura, ma soprattutto imparano il vero significato della parola amore:

«Credevo che “ai kuo”, l’amore per la Cina e il suo popolo, fosse la cosa più importante al mondo.(…) Poi ho pensato che poter chiamare qualcuno “ai jen” mio amato, fosse più importante. (…) Ora ho capito che l’amore è qualcosa di molto più grande. “Kung ai”, l’amore universale, è la forma di amore più importante.».

Altro topos ricorrente è quello dell’inevitabilità del ritorno alle origini. Sembra quasi che la See voglia riproporre le teorie che vedono la storia non come una linea temporale sulla quale si susseguono gli eventi, bensì una combinazione che si ripete all’infinito, secondo il concetto dell’ “eterno ritorno” di Nietzsche.
Passiamo ora alle note dolenti. Per quanto “Le perle del drago verde” sia un romanzo affascinante, temo che l’utilizzo del presente indicativo come tempo della storia (e in questo caso anche del racconto) fosse destabilizzante e poco affine all’impianto memorialistico del romanzo: il passato remoto avrebbe di certo armonizzato la narrazione e sarebbe stato forse molto più affine allo stile inconfondibile dii Lisa See, rendendo di certo tutto molto più coinvolgente, visto che questa scelta si ripercuote sul ritmo narrativo, che in alcune parti subisce quasi un arresto. Altra pecca: il romanzo è impregnato di una forte dose di realismo, ma in alcuni casi i personaggi risultano poco coerenti con se stessi e tendono a smentirsi – è vero che l’animo umano è profondamente mutevole, ma a volte si ha l’impressione, nonostante la forte caratterizzazione, di essere in presenza di un personaggio diverso da quello preso in esame. Soprattutto è inverosimile il verificarsi di alcuni eventi che accadono da metà romanzo in avanti, che evito di anticipare semmai vogliate cimentarvi nella lettura.
In conclusione, “Le perle del drago verde” è sicuramente una storia molto istruttiva che non credo verrà mai pubblicata in Cina, interessante, ma di certo non all’altezza dei lavori precedenti della See. Resto dell’idea che non basti raccontare una bella storia per scrivere un bel libro, ma soprattutto che quando come in questo caso si scrive un romanzo storico, bisogna mettere da parte l’amore per i personaggi ed essere il più possibile realistici, a volte quasi crudeli con le proprie “creature”, altrimenti si dà l’impressione di aver voluto chiudere un ciclo in modo frettoloso e idilliaco, cosa alla quale Lisa See non mi sembra incline.


Lisa See
Nata nel 1955, vive a Los Angeles. Giornalista collaboratrice di Los Angeles Times, Washington Post, Cosmopolitan e Publishers Weekly, ha compiuto frequenti viaggi in Cina, soprattutto per visitare i luoghi di origine della sua famiglia, della quale ha raccontato la storia in “La montagna d’oro”. Negli Stati Uniti i suoi romanzi sono tutti bestseller che raggiungono i primi posti delle classifiche. Longanesi ha pubblicato “In una rete di fiori di loto”, candidato al premio Edgar, e “Fiore di Neve e il ventaglio segreto”.

venerdì 22 febbraio 2013

Il tempio degli Otaku #83: “The Climber”






Salve a tutti, e benvenuti ad un'altra puntata de “Il Tempio degli Otaku”. Invece del solito pip... ehm, paragrafo introduttivo – che sono certa tutti voi leggerete con ansia e coinvolgimento – stavolta voglio arrivare al manga di oggi per gradi. Vediamo un po': quanti seinen conoscete? Oh, vedo che avete una certa cultura. Okay, domanda più difficile? Quanti sono stati conclusi, anche in Italia? La lista si deve essere accorciata di parecchio. E ora, la domanda da un milione di euro: quanti di questi parlano di alpinismo?
No, non è vero che non ce ne sono, ed oggi ve lo dimostrerò. Ecco a voi “The Climber” di Jiro Nitta e Shinichi Sakamoto ai disegni, tratto da un libro narrante una vicenda realmente accaduta. Buona lettura!

Buntaro ha appena cambiato a scuola in seguito ad una storia drammatica in cui è rimasto coinvolto.  Le sue maniere riservate attirano, in negativo, l'attenzione di un compagno di classe: e siccome quest'ultimo pratica alpinismo, l'unico modo che trova per mettere alla prova il nuovo venuto è proprio quello di scalare la scuola, naturalmente senza reti o altri mezzi di protezione.
Quella che doveva essere l'ennesima umiliazione, però, per Buntaro diventa una rivelazione, una vera e propria ragione di vita. Il prezzo da pagare per tanta dedizione sarà altissimo, quanto la facciata Est del K2 che è ormai diventato l'unico posto dove voglia andare.

Per i primi quattro volumi “The Climber” è stato pubblicato su una rivista di shonen, e si vede. Per quanto molto godibili da leggere, infatti, si sprecano le situazioni assurde – lo stesso antefatto, oppure l'insolita concentrazione tra alpinisti professionisti e non tra le conoscenze del protagonista – e i cliché tipici di questo genere, ad esempio l'amico-rivale e il possibile love interest.
E' soltanto una fase transitoria, comunque, dovuto al fatto che si verifica un cambiamento “in camera di regia”: Shinichi Sakamoto prende il controllo non solo dei disegni ma anche della sceneggiatura, al posto di Yoshio Nabeta. Si tratta di un gran miglioramento: e da quel momento, si dovrà dire addio ai rassicuranti stilemi precedenti. Le conoscenze si dimostrano non all'altezza del loro ruolo di guide, l'amico-rivale non sarà una figura molto positiva, e il possibile love interest deraglia nella peggiore maniera possibile. Per non parlare della passione per la montagna, che dà grandi soddisfazioni ma toglie altrettanto, in alcuni casi anche la vita.

Chi ne fa le spese è principalmente Buntaro, il quale – è evidente – ha seri problemi psicologici.
All'inizio il nostro ancora subisce gli strascichi di un evento traumatico, che inibiscono la sua capacità di socializzare con gli altri. Questo capita prima del suo grande amore. Il lettore allora potrebbe essere portato a pensare – forse ingenuamente – che questo è il giro di boa, e che questo tormentato antieroe si immetterà presto sulla strada per diventare un eroe vero e proprio, o comunque meno anti. Sbagliato. La montagna, invece che curare, spesso alimenta ed amplifica le sue psicosi.
I (pochi) tentativi di Buntaro di uscire dal guscio sono, sfortunatamente, rivolti verso le persone sbagliate, che per negligenza o semplice menefreghismo li respingono. Per quanti sforzi faccia, quindi, finisce sempre per trovarsi da solo. E' avulso dalla società, dove viene considerato un fallito ed un immaturo, tutto preso dietro ad un hobby di lusso; e soprattutto, è avulso dalle persone, con cui non sa lavorare. Anche i pochi che gli dimostrano affetto o simpatia, infatti, vengono da lui guardati con sospetto, memore delle numerose disillusioni.
C'è soltanto una cosa da cui egli non si sente respinto: la montagna. Ambiente inospitale per l'uomo, per lui diventa l'habitat naturale. La montagna è come una madre da cui rifugiarsi in caso di difficoltà. Non è sempre una madre benigna, perché può portare alla morte, e Buntaro lo sa benissimo. Tuttavia i suoi ambienti sterminati ed inesplorati, ed i suoi sentieri impervi, hanno il potere di consolarlo e di fargli dimenticare le brutture della sua vita.
Potremmo quasi definire il manga una storia d'amore tra lui e la montagna, un amore totalizzante, anche se forse non corrisposto, e struggente. Lo stesso discorso potrebbero farlo anche altri personaggi. Molti di loro hanno una casa, un lavoro diurno, delle donne che li aspettano, ma non riescono a fare a meno dell'adrenalina che la montagna gli regala, è più forte di loro. Questo dimostra ancora una volta che la montagna è la coprotagonista, se non la protagonista assoluta, dell'opera.
Parlando anche del resto del cast, comunque, anche loro sono ottimamente caratterizzato, soprattutto grazie all'uso di diverse tecniche narrative e di frequenti cambi di punti di vista. Tutti loro si faranno ricordare dal lettore per qualche ragione, anche successivamente alla lettura del manga. La maggior parte, a dire il vero, in negativo: forse perché simpatizziamo con Buntaro, ma spesso sono persone squallide, dalle vite piuttosto tristi. Riescono a lavorare meglio in gruppo di Buntaro, ma avranno la sua stessa onestà e sensibilità?
Naturalmente il discorso è molto più complesso e delicato, come dimostra il caso di Nimi, un sempai del protagonista. E' ambizioso, geloso, alle volte accecato dai propri obiettivi, ma ha le sue ragioni per farlo, che risalgono sin dall'infanzia. Oppure Miyamoto, il bulletto che avvicinerà il nostro alla montagna: fa tanto il gradasso, ma anche lui ha le sue insicurezze, e non è detto che alla fine riuscirà ad averne la meglio. E come non citare Yumi, compagna di classe di Buntaro e il sopraccitato Miyamoto: la incontreremo più volte, e sempre più spregiudicata e disperata di come l'avevamo lasciata. Sì, è quel genere di manga: molto allegro, vero?

Come già detto, “The Climber” ha subito dei cambiamenti durante la stesura, e la cosa si può notare anche dal tratto. All'inizio, infatti, pur non essendo affatto sgradevole, è quasi scolastico: pochi tratteggi, fisionomie più elementari, poca cura negli sfondi. In seguito, però, il miglioramento è sensibile: lo stile si fa più sicuro e personale, la regia della tavola diventa molto particolareggiata e personale, che si adatta facilmente alla narrazione. Vi sono tavole mute – in occasione dei magnifici paesaggi, ad esempio – oppure altre quasi psichedeliche, capaci di rendere più l'idea di mille parole. Davvero un tratto maturo e assolutamente godibile...

...Come l'opera in generale, una tra le migliori portate di recenti in Italia. E con questo è tutto, cari amici: arrivederci alla prossima volta, con “Il Tempio degli Otaku”!

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