È il 1850 quando Honor e Grace Bright si imbarcano sull'Adventurer, un
grande veliero in partenza dal porto inglese di Bristol per l'America. L'aria
smarrita di chi non è avvezza ai viaggi, il bel volto offuscato dal mal di
mare, Honor Bright sa che non rivedrà mai più Bridport, il paese in cui è nata,
nell'istante in cui la nave si allontana dalle verdi colline del Dorset. Troppo
grande è il mare e troppo lontano è Faithwell, il villaggio dell'Ohio in cui
Adam Cox, un uomo anziano e piuttosto noioso, attende sua sorella per prenderla
in sposa. L'irrequieta Grace ha allacciato una corrispondenza epistolare con
lui, culminata poi con la proposta di matrimonio, con l'intento di lasciarsi
alle spalle l'angusta vita della piccola comunità di quaccheri in cui è
cresciuta e abbracciare così nuove avventure. Honor Bright non condivide lo
spirito temerario di Grace, ma Samuel, il suo promesso sposo, ha rotto il
fidanzamento e la prospettiva di vivere in mezzo all'altrui compassione l'ha
spinta a seguire la sorella al di là del mare. Una volta giunte in Ohio,
tuttavia, a un passo da Faithwell, Grace si ammala di febbre gialla e, tra le
misere mura di un albergo, muore. Honor Bright si ritrova così sola in una
nazione enorme ed estranea, divisa da un immenso oceano dall'amato Dorset. Non
le resta perciò che Adam Cox come unica ancora di salvezza. A Faithwell,
tuttavia, viene accolta con freddezza dall'uomo e dalla cognata vedova.
Prima di
leggere L’ultima fuggitiva, conoscevo Tracy Chevalier solo per sentito dire e
devo confessare che son state proprio le voci – positive – su di lei a
invogliarmi a leggere uno dei suoi libri. L’ultima fuggitiva mi ha incuriosita
non appena ho letto la trama ed è così che il romanzo è immancabilmente finito
nella lista dei libri da leggere. La Chevalier non ha deluso le mie aspettative. Sebbene inizialmente mi
aspettassi una lettura più impegnata, sono rimasta piacevolmente sorpresa dal
fatto che il romanzo, apparentemente semplice e dalla trama lineare, è
intessuto di elementi interessanti e sicuramente apprezzabili.
Si racconta della quacchera Honor Bright che, dopo esser stata abbandonata dal promesso sposo, lascia l’Inghilterra per accompagnare la sorella Grace, che
intende invece sposarsi con un inglese migrato nel Nuovo Mondo. Grace tuttavia muore prima ancora di arrivare a Faithwell, il paese dove avrebbe
vissuto con il suo sposo, così Honor si trova da sola, in un mondo sconosciuto. Molto interessante a questo proposito è il ricorrente confronto tra
l’Inghilterra e l’America appena scoperta. Inserendo tali confronti e
considerazioni nei dialoghi o nel flusso di pensieri della nostra protagonista,
la Chevalier ci presenta un quadro ben definito della realtà
americana dell'epoca: una civiltà tutta da costruire, ancora in procinto di strappare
terre alla natura, di mettere ordine nell’apparente caos selvaggio. Un tema
ricorrente di tutta la letteratura che tratta della colonizzazione del Nuovo
Mondo da parte degli occidentali (come si può leggere dall’articolo su Conrad e la Wilderness pubblicato qui su Dusty Puges tempo fa) e che la Chevalier
sviluppa in pieno accordo con quelli che sono i motivi tipici di una tale
trattazione.
Lodevole anche la caratterizzazione dei personaggi. La
scrittrice ha saputo ricreare esattamente sia l’atteggiamento della
gente migrata nel Nuovo Mondo - intraprendente, alla ricerca del nuovo, con lo
sguardo proiettato sul domani - sia quello della Comunità di Quaccheri che, pur
ritrovandosi nei valori americani, mantiene un sistema morale rigido e inattaccabile. Riflesso di questo secondo gruppo è Honor, una donna
che fa dei principi dei quaccheri un modello di vita da seguire nel bene e nel
male.
Devo dire che la cultura del tempo è rappresentata così bene che la pudicizia
della protagonista e certi evidenti pregiudizi mi hanno inizialmente
infastidita e portata a non provare molta stima per Honor. Ho apprezzato
tuttavia la perfetta ricostruzione del personaggio, inserito perfettamente in
quello che è il suo tempo.
Altro grande tema portante del romanzo è quello della schiavitù. Seguendo i
principi di fratellanza dei quaccheri, Honor si ritrova ad aiutare gli schiavi,
cosa proibita dalla legge. Anche qui si vede forse l’ipocrisia di chi, pur professando
la sua stessa religione, si sottrae a quello che è un dovere imposto da Dio pur
di guardare al proprio utile e benessere. Non è però un giudizio severo, quello
della Chevalier: anche chi non aiuta gli schiavi viene in un certo senso
giustificato dall’autrice, che riconosce la difficoltà di applicare certi puri
principi al quotidiano. Per il resto, mostrando un grande lavoro di
documentazione, la Chevalier è bravissima a raccontarci con semplicità e
leggerezza, ma senza trascurare la sofferenza di tali traversie, qual era la
vita degli schiavi in fuga verso il Nord Amerca e a quali stratagemmi dovessero
ricorrere coloro che erano intenzionati ad aiutarli. È in
questo contesto che si incontrano due figure che segnano la vita di Honor. Una
è Belle, una cappellaia che diventa punto di riferimento per la quacchera quanto a
indipendenza femminile e carità verso gli schiavi; l’altro è il fratello di Belle,
Donovan, che si invaghisce di Honor. Attratta da quest’ultimo, Honor si troverà
spesso in difficoltà, ma lascio a chi avrà il piacere di leggere il gusto della
scoperta, limitandomi a dire che l’evoluzione di questa “traccia amorosa” non è
per nulla scontata o prevedibile, un pregio che non tutti i romanzi possono
vantare.
Grande opera di documentazione è stata compiuta dalla Chevalier anche nel campo
della vita femminile nel contesto americano di metà ottocento. La vita delle
donne, spesso influenzata dall’orientamento religioso adottato dalla famiglia,
viene descritta minuziosamente, così che si possa avere un’idea molto chiara della “giornata tipo” di una donna americana del 1850 e un chiaro
confronto con quella che invece era la vita di una giovane donna inglese nello
stesso periodo. Affascinante e di certo gradevole anche il modo della Chevalier
di raccontarci della passione di Honor per il cucito, un mondo in cui ci si
immerge e di cui si scoprono mille storie e curiosità. Immancabile il preciso
ritratto delle tecniche e delle tradizioni legate alle trapunte, di cui Honor è
un’esperta e di cui, nei ringraziamenti, la Chevalier racconta di essersi
appassionata. Insomma, un’autrice immersa nel suo romanzo che, proprio per
questo, risulta gradevole, appassionante, leggero e al tempo stesso pregno di
più temi e significati su cui
riflettere.
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