venerdì 1 novembre 2013

Recensione: L’ultima fuggitiva di Tracy Chevalier








È il 1850 quando Honor e Grace Bright si imbarcano sull'Adventurer, un grande veliero in partenza dal porto inglese di Bristol per l'America. L'aria smarrita di chi non è avvezza ai viaggi, il bel volto offuscato dal mal di mare, Honor Bright sa che non rivedrà mai più Bridport, il paese in cui è nata, nell'istante in cui la nave si allontana dalle verdi colline del Dorset. Troppo grande è il mare e troppo lontano è Faithwell, il villaggio dell'Ohio in cui Adam Cox, un uomo anziano e piuttosto noioso, attende sua sorella per prenderla in sposa. L'irrequieta Grace ha allacciato una corrispondenza epistolare con lui, culminata poi con la proposta di matrimonio, con l'intento di lasciarsi alle spalle l'angusta vita della piccola comunità di quaccheri in cui è cresciuta e abbracciare così nuove avventure. Honor Bright non condivide lo spirito temerario di Grace, ma Samuel, il suo promesso sposo, ha rotto il fidanzamento e la prospettiva di vivere in mezzo all'altrui compassione l'ha spinta a seguire la sorella al di là del mare. Una volta giunte in Ohio, tuttavia, a un passo da Faithwell, Grace si ammala di febbre gialla e, tra le misere mura di un albergo, muore. Honor Bright si ritrova così sola in una nazione enorme ed estranea, divisa da un immenso oceano dall'amato Dorset. Non le resta perciò che Adam Cox come unica ancora di salvezza. A Faithwell, tuttavia, viene accolta con freddezza dall'uomo e dalla cognata vedova.

Prima di leggere L’ultima fuggitiva, conoscevo Tracy Chevalier solo per sentito dire e devo confessare che son state proprio le voci – positive – su di lei a invogliarmi a leggere uno dei suoi libri. L’ultima fuggitiva mi ha incuriosita non appena ho letto la trama ed è così che il romanzo è immancabilmente finito nella lista dei libri da leggere. La Chevalier non ha deluso le mie aspettative. Sebbene inizialmente mi aspettassi una lettura più impegnata, sono rimasta piacevolmente sorpresa dal fatto che il romanzo, apparentemente semplice e dalla trama lineare, è intessuto di elementi interessanti e sicuramente apprezzabili. 

Si racconta della quacchera Honor Bright che, dopo esser stata abbandonata dal promesso sposo, lascia l’Inghilterra per accompagnare la sorella Grace, che intende invece sposarsi con un inglese migrato nel Nuovo Mondo. Grace tuttavia muore prima ancora di arrivare a Faithwell, il paese dove avrebbe vissuto con il suo sposo, così Honor si trova da sola, in un mondo sconosciuto. Molto interessante a questo proposito è il ricorrente confronto tra l’Inghilterra e l’America appena scoperta. Inserendo tali confronti e considerazioni nei dialoghi o nel flusso di pensieri della nostra protagonista, la Chevalier ci presenta un quadro ben definito della realtà americana dell'epoca: una civiltà tutta da costruire, ancora in procinto di strappare terre alla natura, di mettere ordine nell’apparente caos selvaggio. Un tema ricorrente di tutta la letteratura che tratta della colonizzazione del Nuovo Mondo da parte degli occidentali (come si può leggere dall’articolo su Conrad e la Wilderness pubblicato qui su Dusty Puges tempo fa) e che la Chevalier sviluppa in pieno accordo con quelli che sono i motivi tipici di una tale trattazione. 

Lodevole anche la caratterizzazione dei personaggi. La scrittrice ha saputo ricreare esattamente sia l’atteggiamento della gente migrata nel Nuovo Mondo - intraprendente, alla ricerca del nuovo, con lo sguardo proiettato sul domani - sia quello della Comunità di Quaccheri che, pur ritrovandosi nei valori americani, mantiene un sistema morale rigido e inattaccabile. Riflesso di questo secondo gruppo è Honor, una donna che fa dei principi dei quaccheri un modello di vita da seguire nel bene e nel male. 
Devo dire che la cultura del tempo è rappresentata così bene che la pudicizia della protagonista e certi evidenti pregiudizi mi hanno inizialmente infastidita e portata a non provare molta stima per Honor. Ho apprezzato tuttavia la perfetta ricostruzione del personaggio, inserito perfettamente in quello che è il suo tempo.

Altro grande tema portante del romanzo è quello della schiavitù. Seguendo i principi di fratellanza dei quaccheri, Honor si ritrova ad aiutare gli schiavi, cosa proibita dalla legge. Anche qui si vede forse l’ipocrisia di chi, pur professando la sua stessa religione, si sottrae a quello che è un dovere imposto da Dio pur di guardare al proprio utile e benessere. Non è però un giudizio severo, quello della Chevalier: anche chi non aiuta gli schiavi viene in un certo senso giustificato dall’autrice, che riconosce la difficoltà di applicare certi puri principi al quotidiano. Per il resto, mostrando un grande lavoro di documentazione, la Chevalier è bravissima a raccontarci con semplicità e leggerezza, ma senza trascurare la sofferenza di tali traversie, qual era la vita degli schiavi in fuga verso il Nord Amerca e a quali stratagemmi dovessero ricorrere coloro che erano intenzionati ad aiutarli. È in questo contesto che si incontrano due figure che segnano la vita di Honor. Una è Belle, una cappellaia che diventa punto di riferimento per la quacchera quanto a indipendenza femminile e carità verso gli schiavi; l’altro è il fratello di Belle, Donovan, che si invaghisce di Honor. Attratta da quest’ultimo, Honor si troverà spesso in difficoltà, ma lascio a chi avrà il piacere di leggere il gusto della scoperta, limitandomi a dire che l’evoluzione di questa “traccia amorosa” non è per nulla scontata o prevedibile, un pregio che non tutti i romanzi possono vantare.  

Grande opera di documentazione è stata compiuta dalla Chevalier anche nel campo della vita femminile nel contesto americano di metà ottocento. La vita delle donne, spesso influenzata dall’orientamento religioso adottato dalla famiglia, viene descritta minuziosamente, così che si possa avere un’idea molto chiara della “giornata tipo” di una donna americana del 1850 e un chiaro confronto con quella che invece era la vita di una giovane donna inglese nello stesso periodo. Affascinante e di certo gradevole anche il modo della Chevalier di raccontarci della passione di Honor per il cucito, un mondo in cui ci si immerge e di cui si scoprono mille storie e curiosità. Immancabile il preciso ritratto delle tecniche e delle tradizioni legate alle trapunte, di cui Honor è un’esperta e di cui, nei ringraziamenti, la Chevalier racconta di essersi appassionata. Insomma, un’autrice immersa nel suo romanzo che, proprio per questo, risulta gradevole, appassionante, leggero e al tempo stesso pregno di più  temi e significati su cui riflettere.

Voto: 




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