venerdì 3 febbraio 2012

Il tempio degli Otaku: quarantottesimo appuntamento "RahXephon"


A cura di Surymae Rossweisse


Salve a tutti, e benvenuti ad un'altra puntata de “Il tempio degli Otaku”. La festa per il compleanno della rubrica è passata, temo: quindi torniamo alla solita routine, fatta di opere drammatiche a colazione, pranzo, cena e già che ci siamo pure lo spuntino di mezzanotte. Da dove pesco questa settimana? Da uno dei miei grandi amori: il mecha. Ora, io cerco in tutti i modi di non parlarne, ma c'è una serie della seconda metà degli anni '90 che non si può davvero ignorare, e non solo per la sovraesposizione a cui è sistematicamente sottoposta. Essa è famosa per il suo elevato cripticismo, che colpisce chi la guarda spingendoli a riempirsi la bocca di parole complesse. Un po' come sta accadendo a me in questa introduzione, insomma. Ah, sì, anche per la sua capacità di scatenare flame anche quando non è il centro della discussione, e per aver prodotto uno dei cast più insopportabili e pieni di casi umani di sempre, soprattutto il protagonista.
Il nome di questa serie è “Neon Genesis Evangelion”, e dovete sapere che... non ne parlerò neanche questa settimana. Sì, potete anche mandarmi a quel paese: sembrava una introduzione delle mie, ed invece l'anime di oggi è un altro. Molto meno noto: pensate, in Italia non è stato nemmeno mai licenziato – il manga, curiosamente, sì. Per fortuna lo possiamo trovare in fansub. E' un vero peccato, perché questa serie non ha niente da invidiare al suo famoso predecessore: ne prende l'impostazione della trama e qualche altra cosa qui e lì, ma da qui a parlare di copia spudorata ce ne passa. Avanti, siate buoni: perdonatemi per la falsa introduzione, e soprattutto concedete una possibilità all'anime “RahXephon”. Buona lettura (e visione)!

Ayato Kamina sembra un ragazzo come ce ne sono tanti. Vive a Tokyo, dove ogni mattina va a scuola con gli amici Mamoru e Hiroko; quando torna a casa si prepara qualcosa da mangiare, perché la madre lavora ed è orfano di padre, e si dedica alla sua grande passione, la pittura.
Una vita normale, insomma. O meglio, che lui crede tale. Il nostro non sa parecchie cose: innanzitutto non è proprio vero che al mondo esiste solo Tokyo. In realtà quella è un'alterazione spazio temporale chiamata Tokyo Jupiter, isolata dal mondo esterno. Inoltre, alcuni individui (?) non hanno il sangue rosso, ma blu. Essi sono chiamati Mulian, e con delle specie di mecha chiamati Dolem attaccano quello che si trova oltre Tokyo Jupiter. Non solo: la madre di Ayato è una di loro, e nella scala gerarchica è pure piuttosto in alto.
Già queste rivelazioni basterebbero per sconvolgere la vita di chiunque, ma le sorprese non sono certo finite qui. Una compagna di scuola di Ayato, soggetto del suo ultimo dipinto, lo conduce ad un tempio dove riposa un enorme mecha. La ragazza – Reika Mishima – si mette a cantare, ed il robot si risveglia. Ayato cade in trance, e quando si risveglia si scopre nella cabina di guida della macchina, che risponde ai suoi più intimi pensieri e sentimenti. Con l'aiuto di una donna, Haruka Shitow – colei che gli ha rivelato la verità sul suo mondo – Ayato scappa con il robot, RahXephon, all'esterno di Tokyo Jupiter. Qui verrà preso sotto l'ala dell'organizzazione paramilitare per cui Haruka lavora, T.E.R.R.A, e del suo equipaggio: dal gelido comandante Kunugi all'inquietante Makoto Isshiki, passando per la misteriosa Quon, simile ad Ayato sotto molti punti di vista. Ma questo è solo l'inizio...

Ora, ho detto nell'introduzione che questa è una serie mecha, e non mi rimangio certo la parola: basta guardarne il titolo. Tuttavia, se pensate che “RahXephon” sia un anime incentrato sui robottoni, sbagliate. I combattimenti sono presenti, ma non sono tutta questa gran cosa: dopo varie difficoltà Ayato trova il modo per incanalare i suoi sentimenti in RahXephon, facendo scaturire così nuovi poteri che gli consentiranno di sconfiggere il Dolem di turno. Fine. Un po' meglio va con gli altri mecha presenti, come ad esempio quelli della squadra guidata da Elvy Hadhiyat, ma difficilmente si resta con il fiato sospeso chiedendosi quale delle due parti vincerà: i buoni, naturalmente. E' un canovaccio che ricorre spesso negli anime, in particolare quelli dei primi anni '70: si chiama Super Robot. Soprattutto nel caso di “RahXephon”, poi, non deve stupire, visto che è una specie di remake di una serie del 1970, “Brave Raideen”, guarda caso proprio di questo genere. Un'altra prova che “RahXephon” non è un lavoro originale al cento per cento.
Abbiamo appurato che di mecha non se ne parla tanto. E allora, vi chiederete, di che caspita parla quest'anime? Di tante cose: la trama è colma di riferimenti storici, culturali, mitologici. Il più evidente è la musica: RahXephon risponde al canto, e tutti i Dolem hanno nomi a tema. Alcuni personaggi suonano anche degli strumenti, e quello che eseguono non è casuale: ad esempio ritorna l'opera “Il principe Igor”, composta da Aleksandr Borodin, che parla di, beh, un principe guerriero. Vi ricorda qualcosa? Anche la letteratura ha la sua bella dose di citazioni, da “Cent'anni di solitudine” a – nel film - “Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò” di Lewis Carroll; per non parlare dell'arte, con Dalì e Magritte. Ovviamente anche il folklore giapponese ha la sua rappresentanza, ma a sorpresa nel mix si trovano anche elementi di civiltà precolombiane: ad esempio alcune parole molto importanti nella serie vengono dalla lingua azteca, e i Mulian hanno parecchi elementi in comune con i Maya. Non si può dire, quindi, che la carne al fuoco sia poca; e ho anche tralasciato alcune cose nell'elenco...
Ma, lo sappiamo bene, anche la trama migliore del mondo, con le citazioni più colte immaginabili, non è niente se ad attuarla non ci sono dei personaggi degni di questo nome. Ho il piacere di dire che “RahXephon” ne è provvisto. Il cast è piuttosto nutrito, eppure tutti hanno una personalità definita e tridimensionale, e non c'è rischio di dimenticarsi di qualcuno o di confonderlo. Non perché siano particolarmente eccentrici o malati di mente; al contrario sono persone estremamente realistiche. La donna che per amore farebbe qualunque cosa, l'uomo che è dolce fuori dal lavoro, ma ligio al dovere e competente, e quello che se è così freddo è perché in passato ha sofferto parecchio... e magari nasconde anche un lato più bonario, chissà. E la lista potrebbe andare avanti a lungo.
Ayato non fa eccezione. Molti suoi comportamenti sono tipici degli eroi shonen, soprattutto di mecha: istinto di protezione quasi esasperato, voglia di rendersi utile alla causa - qualunque essa sia – il non fare una cosa cattiva neanche per sbaglio. Ayato, però, ha anche altre caratteristiche che lo rendono realistico e portano lo spettatore a schierarsi con lui: se molti suoi “colleghi” quando le cose si fanno più dure e misteriose sopportano ogni angheria senza porsi domande, lui ne ricerca attivamente le risposte; e sente la pressione del “dover salvare il mondo”. Cosa credete, che combattere i Mu sia una bazzeccola? Non saranno poche le volte in cui Ayato avrà attacchi d'ansia, si metterà a urlare per l'esasperazione, l'angoscia, la rabbia, perderà tutti i suoi punti di riferimento. Deve ancora trovare il suo posto nel mondo, sotto diversi punti di vista: naturalmente il più evidente è il passaggio da Tokyo Jupiter al mondo esterno. Conoscere la verità porterà il nostro ad essere a metà tra due mondi: deve “mettersi in pari” con quello reale, avanti di dodici anni, e non può più ignorare che l'altro è soltanto una menzogna. Non è facile nemmeno integrarsi con T.E.R.R.A, visto che a parte RahXephon non può fare molto contro i Mulian, e la gente ha la fastidiosa abitudine di tenergli nascoste cose importantissime che lo riguardano molto da vicino. Un percorso irto di ostacoli e di sofferenze, ma che lo porteranno a crescere fino a diventare una persona nuova, un uomo.
 
Mi piacerebbe tanto soffermarmi anche su altri personaggi, ma il tempo sta stringendo e il rischio di spoilerare qualcosa è elevato; perciò adesso mi sposto su un terreno più neutro, il comparto tecnico. Il character design, pur essendo figlio dei suoi anni, è efficace e gradevole a vedersi; lo stesso si può dire della fotografia e della regia; quest'ultima, diretta da Yutaka Izubuchi, dà il suo massimo nei momenti più inquietanti, piuttosto d'effetto. Ovviamente, vista l'importanza all'interno della trama, la musica non può che essere curata ed efficiente; l'opening, poi, è stata composta da una delle più grandi compositrici di colonne sonore d'anime, Yoko Kanno.

Ce ne sarebbero ancora, di cose da dire, ma sapete qual è il mio motto: io vi introduco l'opera, ma sta a voi scoprirne di più. E su “RahXephon”, fidatevi, ce n'è parecchio. Per oggi è tutto, cari amici. Arrivederci alla prossima settimana, con “Il tempio degli Otaku”!


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