
A cura di Surymae Rossweisse
Salve a tutti, e benvenuti ad
un'altra puntata de “Il tempio degli Otaku”. La festa per il compleanno della rubrica è passata, temo: quindi torniamo alla solita routine, fatta di opere
drammatiche a colazione, pranzo, cena e già che ci siamo pure lo spuntino di
mezzanotte. Da dove pesco questa settimana? Da uno dei miei grandi amori: il
mecha. Ora, io cerco in tutti i modi di non parlarne, ma c'è una serie della
seconda metà degli anni '90 che non si può davvero ignorare, e non solo per la
sovraesposizione a cui è sistematicamente sottoposta. Essa è famosa per il suo
elevato cripticismo, che colpisce chi la guarda spingendoli a riempirsi la
bocca di parole complesse. Un po' come sta accadendo a me in questa
introduzione, insomma. Ah, sì, anche per la sua capacità di scatenare flame
anche quando non è il centro della discussione, e per aver prodotto uno dei
cast più insopportabili e pieni di casi umani di sempre, soprattutto il
protagonista.
Il nome di questa serie è “Neon
Genesis Evangelion”, e dovete sapere che... non ne parlerò neanche questa
settimana. Sì, potete anche mandarmi a quel paese: sembrava una introduzione
delle mie, ed invece l'anime di oggi è un altro. Molto meno noto: pensate, in
Italia non è stato nemmeno mai licenziato – il manga, curiosamente, sì. Per
fortuna lo possiamo trovare in fansub. E' un vero peccato, perché questa serie
non ha niente da invidiare al suo famoso predecessore: ne prende l'impostazione
della trama e qualche altra cosa qui e lì, ma da qui a parlare di copia
spudorata ce ne passa. Avanti, siate buoni: perdonatemi per la falsa
introduzione, e soprattutto concedete una possibilità all'anime “RahXephon”.
Buona lettura (e visione)!
Una vita normale, insomma. O
meglio, che lui crede tale. Il nostro non sa parecchie cose: innanzitutto non è
proprio vero che al mondo esiste solo Tokyo. In realtà quella è un'alterazione
spazio temporale chiamata Tokyo Jupiter, isolata dal mondo esterno. Inoltre,
alcuni individui (?) non hanno il sangue rosso, ma blu. Essi sono chiamati
Mulian, e con delle specie di mecha chiamati Dolem attaccano quello che si
trova oltre Tokyo Jupiter. Non solo: la madre di Ayato è una di loro, e nella
scala gerarchica è pure piuttosto in alto.
Già queste rivelazioni
basterebbero per sconvolgere la vita di chiunque, ma le sorprese non sono certo
finite qui. Una compagna di scuola di Ayato, soggetto del suo ultimo dipinto,
lo conduce ad un tempio dove riposa un enorme mecha. La ragazza – Reika Mishima
– si mette a cantare, ed il robot si risveglia. Ayato cade in trance, e quando
si risveglia si scopre nella cabina di guida della macchina, che risponde ai
suoi più intimi pensieri e sentimenti. Con l'aiuto di una donna, Haruka Shitow
– colei che gli ha rivelato la verità sul suo mondo – Ayato scappa con il
robot, RahXephon, all'esterno di Tokyo Jupiter. Qui verrà preso sotto l'ala
dell'organizzazione paramilitare per cui Haruka lavora, T.E.R.R.A, e del suo
equipaggio: dal gelido comandante Kunugi all'inquietante Makoto Isshiki,
passando per la misteriosa Quon, simile ad Ayato sotto molti punti di vista. Ma
questo è solo l'inizio...
Ma, lo sappiamo bene, anche la
trama migliore del mondo, con le citazioni più colte immaginabili, non è niente
se ad attuarla non ci sono dei personaggi degni di questo nome. Ho il piacere
di dire che “RahXephon” ne è provvisto. Il cast è piuttosto nutrito, eppure
tutti hanno una personalità definita e tridimensionale, e non c'è rischio di
dimenticarsi di qualcuno o di confonderlo. Non perché siano particolarmente
eccentrici o malati di mente; al contrario sono persone estremamente
realistiche. La donna che per amore farebbe qualunque cosa, l'uomo che è dolce
fuori dal lavoro, ma ligio al dovere e competente, e quello che se è così
freddo è perché in passato ha sofferto parecchio... e magari nasconde anche un
lato più bonario, chissà. E la lista potrebbe andare avanti a lungo.
Mi piacerebbe tanto soffermarmi
anche su altri personaggi, ma il tempo sta stringendo e il rischio di
spoilerare qualcosa è elevato; perciò adesso mi sposto su un terreno più
neutro, il comparto tecnico. Il character design, pur essendo figlio dei suoi
anni, è efficace e gradevole a vedersi; lo stesso si può dire della fotografia
e della regia; quest'ultima, diretta da Yutaka Izubuchi, dà il suo massimo nei
momenti più inquietanti, piuttosto d'effetto. Ovviamente, vista l'importanza
all'interno della trama, la musica non può che essere curata ed efficiente;
l'opening, poi, è stata composta da una delle più grandi compositrici di
colonne sonore d'anime, Yoko Kanno.
Ce ne sarebbero ancora, di cose
da dire, ma sapete qual è il mio motto: io vi introduco l'opera, ma sta a voi
scoprirne di più. E su “RahXephon”, fidatevi, ce n'è parecchio. Per oggi è
tutto, cari amici. Arrivederci alla prossima settimana, con “Il tempio degli
Otaku”!
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