lunedì 28 aprile 2014

Recensione: La sposa normanna di Carla Maria Russo



La sposa normanna, Carla Maria Russo
Piemme (collana Bestseller)
236 pagine, 10.00 euro
Pubblicato da Piemme nel 2004, La sposa normanna è il primo romanzo storico per adulti di Carla Maria Russo, già autrice di numerosi libri per ragazzi. Ispirata dalla lettura della Divina Commedia, la scrittrice ha scelto come protagonista della sua opera Costanza d’Altavilla – alla quale Dante dedica alcuni versi nel terzo canto del Paradiso –, offrendo al lettore la possibilità d’immergersi in uno dei periodi più affascinanti e avvincenti della storia siciliana, mescolando con sapienza creatività e invenzione narrativa a eventi realmente accaduti.

È il 1185 e siamo a Palermo, splendida e fiorente capitale del Regno di Sicilia, quando l’isola, terra ricca, sontuosa e prospera, ammirata per le sue rare bellezze e oggetto di contesa, ricopriva ancora un ruolo egemone nel Mediterraneo. Rimasto senza eredi cui tramandare il privilegio della corona, Guglielmo II d’Altavilla, obbliga l’ormai trentenne zia Costanza a rinunciare ai voti monacali e a unirsi in matrimonio con il diciannovenne Enrico Hohenstaufen di Svevia, figlio di Federico Barbarossa, sperando così di assicurarsi la discendenza al trono. Costanza parte così alla volta di Milano, dove l’imperatore ha deciso di celebrare le nozze, in segno di riconciliazione con i comuni della Lega Lombarda. Circondata da nemici e costretta a stabilirsi in Germania, terra fredda e ostile, la donna comincia la sua nuova vita al fianco di un uomo rozzo, violento e collerico che continuamente le rimprovera l’età avanzata e la sua sterilità. Ma Enrico è in realtà affascinato dalle sorprendenti e mature grazie di Costanza e, mosso dalla gelosia, immagina che la sovrana abbia non poche disdicevoli relazioni extraconiugali; per questo motivo la porta con sé in ogni suo viaggio. Nel frattempo, morti Federico e Guglielmo, i nobili siciliani si pongono a capo di una rivolta che il sovrano non è in grado di reprimere. Si trova ancora in Sicilia quando lo raggiunge la lieta notizia della gravidanza della moglie, la quale però, essendo debole e priva di forze, è costretta al riposo assoluto. Non credendo alla sua maternità e accusandola di tradimento, Enrico, insensibile alle disposizioni dei medici, ordina che lo raggiunga immediatamente in Sicilia. Il viaggio è lungo ed estenuante, ma Costanza, nonostante la stanchezza, si dimostra estremamente forte e decisa a mettere al mondo Federico che, rimasto orfano all’età di tre anni, dimostrerà di possedere la stoffa del grande regnante.

Federico è senza dubbio un personaggio di grande fascino: dotato di un temperamento vivace e di grande acume, cresciuto in una Palermo multietnica nella quale convivevano greci, arabi, ebrei e normanni, farà della cultura e della conoscenza i suoi punti di forza. L’autrice accenna la sua infanzia trascorsa tra i volumi della biblioteca di palazzo, l’unico luogo in cui – contravvenendo ai divieti della madre – riusciva a provare un senso di benessere, e alla su naturale inclinazione per l’apprendimento delle lingue, dal greco all’arabo, dal latino al dialetto siciliano, di cui utilizza perfino le espressioni più oscene e volgari. Ma il romanzo si limita a introdurre brevemente la sua figura, lasciando intendere le grandi cose di cui sarà l’artefice.

Viene invece dato maggiore spazio a Costanza, di cui Carla Maria Russo traccia un ritratto accurato dal punto di vista storico e impreziosito da un’attenta analisi psicologica. Costanza è di nobile stirpe, è una regina, ma è soprattutto una donna e, come tale, riesce a coniugare in sé fragilità e forza. Debole nel fisico, si dimostra tenace e combattiva di fronte alle avversità; subisce la prepotenza del marito ma sa essere agguerrita nei confronti di Gualtieri di Palearia, ed è madre premurosa e protettiva nei confronti del figlio che ha tanto sognato. Particolarmente carica di pathos è la descrizione del parto a Jesi, in cui emergono la sensibilità della donna, il suo desiderio di maternità e l’amore viscerale nei confronti della creatura che porta in grembo.

Dolore, sfinimento, paura scomparvero all’improvviso. Si sentiva solo struggere dal desiderio di guardarlo e di stringerlo a sé. Le prime braccia a scaldarlo, a confortarlo, dovevano essere le sue. «Datemi mio figlio» ordinò con un filo di voce. «Senza pulirlo, né coprirlo. Ci penserò io.» Travolta da un’emozione che non aveva mai provato, serrò al cuore Federico, incapace di parlare, scossa com’era da singhiozzi di gioia. Con le labbra, sfiorò la testa, le guance, la minuscola bocca. Attraverso la pelle, cercò di comunicargli tutta l’intensità del suo amore.”

Ma il romanzo ha una seconda, grande protagonista, Palermo, che prende vita tra le pagine coi suoi vicoli pulsati di vita, i suoi colori vivaci e i suoi profumi.

[…] città antica ed elegante, splendida e aggraziata, essa ti appare con un aspetto allettante, superba tra le sue piazze e i suoi dintorni, che sono tutti un giardino. Grandiosa nelle strade maggiori e nelle minori, affascina dovunque per la rara bellezza del suo aspetto. Ricorda Cordoba per lo stile, con i suoi edifici tutti di pietra intagliata. I palazzi del re circondano il centro della città come monili intorno al collo e al seno di una bella fanciulla, così che il sovrano, attraversando palazzi e giardini amenissimi, può sempre passare da un punto all’altro della capitale.”


Attraverso una scrittura suggestiva e scorrevole che alterna con sapienza i registri linguistici, Carla Maria Russo ci regala un’appassionata ricostruzione storica capace di ammaliare il lettore e di offrirgli un vibrante affresco di un’epoca lontana ma ancora carica di fascino. 

 Voto: 


A cura di Laura Giuntini.

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