Sottomissione, Michel Houellebecq
Bompiani
252 pagine, 17.50 euro
|
Di Sottomissione, il caso letterario firmato Michel Houellebecq finito in cima alle classifiche grazie anche ai tristi fatti di cronaca di Charlie Hebdo, è stato detto moltissimo, ma non sempre nel modo giusto. La nota stroncatura di Baricco apparsa su Repubblica ne è un esempio – un esempio, direi, della difficoltà di decodificare romanzi che non si conformino ad aspettative e a canoni a cui siamo abituati, anche se è difficile pensare, e in questo mi permetto di sospettare un po' di malafede, che un esperto come Baricco non abbia saputo vedere al di là delle sue deboli critiche.
La storia, ambientata nel 2022, immagina la vittoria di un partito islamista alle elezioni presidenziali francesi. Ma anche raccontare la trama in questi termini è errato: Sottomissione è piuttosto la fotografia degli ultimi istanti di un'Europa che è andata autodistruggendosi e che cede il passo al vigore rassicurante e mai tramontato dell'Islam. Contemporaneamente, Sottomissione racconta la crisi dell'uomo occidentale che converge nel protagonista, François, un professore universitario esperto di Huysmans. Allo stesso tempo, Sottomissione è un pamplhet saggistico di grande rilievo, che dedica all'autore di Controcorrente un omaggio davvero importante – in termini di spazio – all'interno dell'economia della narrazione.
La vicenda del romanzo è strettamente personale. In parte, a mio avviso, anche autobiografica. I risvolti meramente politici vengono esclusi da quella che è – innanzitutto – la storia di un individuo: non di una conversione, né di un epocale cambiamento storico. Per questo motivo ogni dettaglio geopolitico viene lasciato ai margini (il partito islamista, di ispirazione moderata, sale al potere con la facilità utopistica di un Vaticano praticamente inesistente) e anche i cambiamenti di costume (il velo per le donne, la poligamia) sono adottati con naturalezza, quasi la Francia sia sempre stata intrinsecamente musulmana.
Cruccio per ogni femminista è poi l'azione e il pensiero di questa voce narrante, un uomo descritto – non so se intenzionalmente – con forti tinte patetiche, “vecchio” (più che un termine dispregiativo vuole essere, questo, il riscontro di una condizione effettiva) a quarantatré anni, pieno di acciacchi e già di per sé sottomesso: alle donne, alla noia, ai conciliaboli intellettuali, al cinismo di cui è più preda che padrone. La decadenza di François – se così vogliamo chiamarla – è evidente già dalle prime pagine, in una scena di particolare efficacia dove l'ex amante, una studentessa brillante e intelligente a cui lui ha appena esposto i propri dubbi sull'abolizione del patriarcato, gli confessa di trovarlo “non depresso, ma in un certo senso persino peggio, in te c'è sempre una specie di onestà abnorme, un'incapacità di fronte a quei compromessi che, in fin dei conti, permettono alla gente di vivere”, dispiacendosi di trovarlo “in queste condizioni” e scappando subito dopo.
L'incapacità di François di relazionarsi con le donne è di natura umana più che sessuale, anche se, inoltrandosi nella vicenda, pure questo aspetto viene messo in crisi: destabilizzato da una perdita del piacere che definirei di petroniana memoria, François ripercorre le tracce di Huysmans nel plausibile tentativo di ritrovare un'identità perduta. La crisi di François o, per meglio dire, la sua totale inadeguatezza ad adattarsi alla società, all'indipendenza delle donne e alla vita accademica ha molto a che fare con una Europa che ha perso la bussola dell'autoaffermazione, che si è infiacchita di fronte a sfide che non ha saputo affrontare nella maniera adeguata. È per via di questa impreparazione che l'Islam, nella visione fantapolitica di Houllebecq, ha potuto prendere il potere con facilità. La chiave di volta sta nella totale identificazione delle origini cristiane del continente e nello scontro di forze tra due mondi, quello occidentale e quello orientale, che rispondono a loro volta a una contrapposizione sessualizzata tra femminile e maschile. Più volte viene fatto riferimento al Medioevo, e non a caso si tratta di un momento storico formativo dell' identità europea – basti ricordare la battaglia di Poitiers per individuare il momento cruciale dello scontro di religione, che si traduce ovviamente in uno scontro di civiltà. L'Europa è quindi cristiana, e il cristianesimo è femminile; l'Islam è invece maschile, esprime forza, virilità, potenza, una sessualità che seduce prima di tutto il “femminilizzato” François, che stenta a riprendere il controllo della propria mascolinità. È la stessa ex amante di prima, con cui in seguito riprenderà la relazione, a dirgli: “Sì, in teoria sei un macho, non c'è dubbio. Però hai gusti letterari raffinati, Mallarmé, Huysmans, ed è ovvio che questo ti allontana dal macho di base. Aggiungerei anche una sensibilità femminile, anormale, per le stoffe d'arredamento. Per contro, continui a vestirti da buzzurro. Come macho grunge potresti avere una certa credibilità; ma a te non piacciono gli ZZ Top, hai sempre preferito Nick Drake. In poche parole, sei una personalità paradossale”.
Ecco quindi che la perdita del piacere sessuale – l'impotenza di Encolpio – grava sul protagonista infiacchito quanto l'Europa de-virilizzata dal cristianesimo. E la richiesta di quell'adesione salvifica alla religione musulmana diventa, essa stessa, un atto passivo – quindi femminile: la sottomissione ad Allah è lo strumento attraverso il quale ristabilire l'ordine delle cose e sottomettere, a propria volta, tutto il resto. Laddove “tutto il resto” sono soprattutto le donne.
“È la sottomissione,” disse piano Rediger. “L’idea sconvolgente e semplice, mai espressa con tanta forza prima di allora, che il culmine della felicità umana consista nella sottomissione più assoluta. È un concetto che esiterei a esporre davanti ai miei correligionari, potrebbero giudicarlo blasfemo, ma per me c’è un rapporto tra la sottomissione della donna all’uomo come la descrive Histoire d’O e la sottomissione dell’uomo a Dio come la contempla l’islam.”
È curioso constatare che né da parte di François né da quella dei rappresentanti musulmani c'è misoginia. Il patriarcato, la poligamia e l'imposizione del velo sono solamente il tentativo di ricostituire un ordine ormai perduto, di riportare armonia nel caos, di cedere alla visione giusta dei ruoli, che contempla la prevaricazione del maschile sul femminile, la sicurezza di avere rapporti sessuali su richiesta con più mogli scelte appositamente per le proprie caratteristiche – domestiche, estetiche ecc – e l'illusione di non provare impulsi che siano sollecitati dall'abbigliamento delle donne. Per l'uomo, l'Islam appare la migliore e più semplice delle soluzioni. Per l'Europa, il cristianesimo ha fallito, gettandola in uno stato di confusione e sbandamento.
A onor del vero, il fallimento appartiene più alla laicità post-illuminista di cui la Francia è stata la maggiore portabandiera. Il cristianesimo è anzi un aspetto davvero trascurabile: i cristiani è sufficiente convertirli a un nuovo dio; gli atei, invece, presentano maggiori aspetti di problematicità.
Ma la scelta di affidarsi al rassicurante codice musulmano testimonia la stanchezza della soluzione laica: i moderati e pacifici leader musulmani offrono la felicità su un piatto d'argento. La Francia si serve, trovando serenità nella sottomissione.
Sottomissione è scritto, inutile dirlo, in maniera impeccabile. Malgrado i periodi lunghi la prosa non risulta mai complessa o aggrovigliata, ma si declina anzi in maniera cristallina e fluida. La perizia stilistica giustifica anche la lettura scorrevole, nonostante l'azione sia ferma per la quasi totalità del romanzo. Risultati eccellenti vengono ottenuti poi nei dialoghi, di una brillantezza fuori dal comune.
Il libro è stato definito “furbetto”: ciò mi perplime non poco. Come può un romanzo che punta chiaramente a irritare il lettore, anziché arruffianarlo e carezzarlo, essere definito una manovra di marketing? La provocazione, che d'altronde c'è, prude molte sensibilità. Tocca la cultura occidentale, di cui siamo frutto, sfidando le nostre convinzioni e l'aspirazione a una libertà che risulta forse meramente illusoria. Credo che siano altri i mezzi per sfondare nel panorama letterario, e Houellebecq li evita tutti. Come è testimoniato dalle recensioni online, ben pochi continueranno a leggere i suoi libri. Quasi quasi, gli suggerirei di dedicarsi al soft porn.
Voto:
Ciao Fede, mi sono imbattuto casualmente nei tuoi video su Youtube (non sapevo avessi anche un canale!) e di conseguenza in questa recensione. Premettendo che non ho letto il libro in questione, apprezzo molto lo stile di Houllebecq (poterlo scrivere anziché pronunciare è un vero sollievo) che ho ammirato in Le Particelle Elementari. Dalla tua disamina, mi è sembrato di capire che la cifra stilistica sia sempre quella, e che il risvolto politico della trama sia declinato in maniera molto sottile e intelligente; anch'io ho fatto parte del coro dei "furbetti", e sentire una voce al di fuori di esso mi ha convinto a dargli una possibilità. Ti ringrazio, magari torno a commentare a lettura ultimata.
RispondiEliminaCiao, mi fa tanto piacere!! Scusa se rispondo solo ora, ma mi sono trasferita da due settimane a Milano e sono molto frastornata. Sottomissione l'ho odiato per almeno tre quarti, non è un libro semplice per via del pamphlet saggistico, la misoginia latente mi ha oltremodo irritato e tutto l'insieme è così pacatamente sconcertante da farti venire voglia di bollare Houellebecq come un cretino e di buttare il libro dalla finestra. Però, alla fine, capisci, e in maniera brutale. Perché a colpire - e questo verrà sicuramente additato come un difetto - è la chiarezza con cui viene esposto il pensiero della sottomissione, la sua logicità: viene tutto messo nero su bianco, con un dialogo finale. Nulla di complesso, di narrativamente architettato, di romanzesco... Houellebecq dice semplicemente: le cose stanno così. Non vuole sottoporti il nuovo apocalittico 1984, non è nemmeno sufficiente perché è già tutto abbastanza drammatico così.
EliminaE' una lettura che davvero ti consiglio di fare, cercando di superare certi schematismi mentali (spesso siamo abituati a un tipo di romanzo - quello modello 1984, appunto - e se non soddisfa le nostre aspettative non ci piace, ma Sottomissione merita davvero per la potenza del significato). Spero di non essere stata troppo noiosa sul canale, so che lì non sono molto ferrata! :)