mercoledì 29 gennaio 2014

Recensione: Tenebre e Ghiaccio di Leigh Bardugo




Tenebre e ghiaccio, Leigh Bardugo
Piemme
283 pagine; 17,00 euro
Non sono una grande amante dei libri fantasy: quando leggo di trame con cavalieri, spade e sacri calici, principesse e draghi, tendo a girare alla larga, preferendo generi a me più congeniali. Tuttavia, quando ho letto sul sito di Affari Italiani, lo scorso novembre, dell'uscita per Piemme di Tenebre e Ghiaccio di Leigh Bardugo mi sono subito incuriosita e ho voluto saperne di più. “Perché?”, vi chiederete. Semplice, sono stata catturata dall'accattivante titolo dell'articolo: Leigh Bardugo, un fantasy ambientato nella Russia degli Zar... In questo caso l'ambientazione originale del romanzo ha decisamente superato la mia diffidenza. Ho fatto qualche ricerca in rete per sapere di più su questo libro e sulla sua autrice, e ho scoperto particolari interessanti. La Bardugo, di professione make-up artist, è nata a Gerusalemme, cresciuta a Los Angeles e laureata a Yale: un curriculum di tutto rispetto per questa giovane scrittrice, la cui trilogia di esordio, di cui Tenebre e Ghiaccio rappresenta il primo capitolo, ha ricevuto recensioni entusiastiche ovunque, comprese testate del calibro del New York Times.

Il romanzo è ambientato in un luogo e in un tempo che ricordano da vicino la Russia ottocentesca. La sua protagonista, Alina Starkov, in seguito a un attacco da parte dei mostruosi volcra, scopre di avere un potere enorme che le permetterà di essere arruolata in un' élite di potenti maghi (Grisha), che manovrano proprio lo Zar. La stessa Bardugo, in un'intervista pubblicata on-line, ha ammesso di essersi voluta discostare dal mondo tradizionale utilizzato di consueto nel genere fantasy, ossia il medioevo anglosassone, e sebbene abbia voluto mantenere un certo “criterio culturale” (cultural touchstone sono le sue parole), ha scelto la Russia zarista, epoca evocativa per molti lettori. Gran parte dei commenti che si leggono sui vari siti in lingua inglese sono molto positivi: si parla di trama ben strutturata, emozionanti in alcuni passaggi, e di un “comparto” magico ben descritto e credibile. Insomma, pare che la nostra truccatrice/scrittrice abbia fatto centro anche in una lettrice refrettaria al genere come me.
In effetti, la lettura di “Tenebre e Ghiaccio” si è rivelata molto piacevole: la caratterizzazione dei personaggi è efficace e i molteplici riferimenti alla cultura russa rendono l'atmosfera del romanzo accattivante, come si può notare subito dall'incipit: un prologo narrato in terza persona dove sono abilmente presentati, in poche parole, due dei personaggi principali della vicenda.

I domestici li chiamavano malenchki, piccoli fantasmi, perché erano i più piccoli e i più giovani e perché infestavano la casa del Duca proprio come fantasmi. […] Il bambino e la bambina erano arrivati a qualche settimana di distanza l'uno dall'altra, altri due orfani della guerra di frontiera […] Il bambino era basso e robusto, timido ma sempre sorridente. La bambina era diversa e sapeva di esserlo. (pag. 9)

Conosciamo così Alina Starkov e Malyen Oretsev (detto Mal).
Alina, oltre a essere protagonista, è anche narratrice in prima persona della storia: è attraverso il filtro dei suoi occhi e delle sue emozioni che si dipana la tormentata vicenda del regno di Ravka, diviso da conflitti e letteralmente tagliato in due dalla Distesa delle Tenebre, un deserto oscuro e impenetrabile, popolato da spaventosi e voracissimi mostri, vulnerabili però alla luce.

Alina è un'eroina atipica: il suo enorme potere di Convocatrice del Sole, che le permette di accedere al potente gruppo dei Grisha, viene scoperto per caso durante l'attraversamento della terribile Distesa, quando, per difendere Mal dall'aggressione di un volcra, riesce a sprigionare un'eccezionale quantità di luce tale da mettere in fuga il mostro. Alina è quindi una ragazza forte . - pur non essendo appieno consapevole della sua potenza - è insolente e tagliente ma nasconde una naturachiusa e piena di dubbi. È legata a Mal da un sentimento molto profondo: Mal, forte e pragmatico, capace di affascinare donne e ragazze, cercatore di piste di eccezionale abilità, ma privo di un potere particolare e quindi escluso irrevocabilmente dalla cerchia dei Grisha, con il suo ottimismo e la sua sicurezza è complementare alla personalità più introversa dell'amica.

Alina non è nemmeno immune al fascino misterioso dell'Oscuro, un personaggio di raro fascino: bellissimo (“occhi grigio chiaro che splendevano come quarzo” a pag. 39), implacabile eppure capace di gesti gentili, crudele, manipolatore estremamente seducente. L'Oscuro nutre una sconfinata sete di potere e dominio: è lui la vera potenza del Regno di Ravka, capace di influenzare anche il debole re, la personalità dominante decisa ad avere tutto e a schiacciare chiunque non riconosca la sua sconfinata autorità. L'Oscuro ha bisogno del potere di Alina per espandere e consolidare il proprio dominio, ed è pronto a usare l'arma della seduzione per incantare la ragazza e soggiogarla, così da avere sempre a propria disposizione la sua “arma” implacabile.

La vicenda corre veloce, tra intrighi di palazzo e figure enigmatiche come l'Apparat (descritto in modo molto evocativo come un membro del clero ortodosso, ma con qualcosa di indecifrabile: “[...] lunga barba nera. Portava abiti da sacerdote, ma esibiva sul petto lo stemma della doppia aquila d'oro” – pag. 89 – “[...]L'Apparat mi stava osservando e le sue pupille nere avevano una luce particolarmente intensa” – pag. 123), fino al momento cruciale della resa dei conti fra Alina, Mal e l'Oscuro: un finale interessante, anche se forse un po' scontato, ma con ampi spiragli aperti che lasciano immaginare un degno seguito. Ho apprezzato la scelta dell'autrice di chiudere questo primo capitolo della trilogia con un epilogo scritto in terza persona (dando una sorta di “circolarità” al romanzo) proprio come in terza persona era narrato il prologo, lasciando intravedere alcuni temi che probabilmente saranno sviluppati nel secondo volume: rimorso, paura e fascino del potere. Per me, comunque, la vera carta vincente di questo romanzo è data dai continui riferimenti alla cultura russa: dai toponimi scelti (Ravka, Kribirsk, Os Kervo, Keramzin) ai nomi dei personaggi (oltre Alina e Malyev, Genya, Zoya, Sergei, ecc); dall'ambientazione di palazzo, con il Palazzo Minore dove alloggiano i Grisha e il Gran Palazzo destinato alla nobiltà, ai rifermenti a cupole, icone e giardini. Lo confesso, avendo visitato non troppo tempo fa San Pietroburgo, non ho potuto impedire alla mia mente di immaginare i nostri protagonisti aggirarsi per i corridoi e le sale del meraviglioso palazzo dell'Hermitage. Promuovo quindi “Tenebre e Ghiaccio” e ne consiglio la lettura!



Voto: 



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