sabato 4 gennaio 2014

Recensione: "Caro scrittore in erba..." di Gianluca Mercadante




Caro scrittore in erba
Caro scrittore in erba..., G. Mercadante
Las Vegas edizioni
10.00 euro, 140 pagine
Nelle librerie dal 27 novembre, "Caro scrittore in erba..." racconta il complicato rapporto col mondo dell’editoria di un giovane scrittore, Gianluca Mercadante, proponendoci una raccolta di storie e incontri grotteschi, talvolta surreali, che l’autore assicura essere veramente accaduti nei tortuosi percorsi che portano alla pubblicazione.
Al contrario di quanto afferma la quarta di copertina, questo volume non è tanto un “manuale di sopravvivenza per aspiranti scrittori”, quanto un bestiario delle peggiori creature che è possibile trovare nel mondo dell’editoria italiana.
Mercadante si rivolge, con un tono amichevole e disilluso (a tratti pessimista), a un qualsiasi “Caro scrittore in erba”, consapevole del fatto che il nostro è un Paese in cui ci sono un’infinità di aspiranti scrittori, o sedicenti tali, a cui pare non augurare un percorso travagliato come il suo.
Qual è il messaggio che traspare, a fine lettura? Innanzitutto l'impervietà della pubblicazione: pubblicare è difficile. Veramente difficile. Il che, del resto, non è una novità. Ma l’autore cerca di spiegare che prima di pubblicare bisogna sapersi sedere e scrivere, scrivere, riscrivere.
Non tutte le colpe vanno date alle case editrici: molti di quelli che si credono scrittori e inviano a destra e a manca i loro manoscritti in realtà sono pessimi scribacchini, spesso troppo pieni di sé (all’inizio) o presunte vittime delle lobby dei Grandi Nomi (in un secondo tempo). Questi “scrittori” raramente hanno delle buone storie da raccontare, ma possiedono l’illusione o la pretesa di vedere il loro nome stampato sul frontespizio di un libro (assieme, magari, a lauti compensi). Mercadante ci ricorda che il vero scrittore è soprattutto un artigiano che scrive e riscrive i propri testi prima di proporli al pubblico, e che quando ha finito di scrivere già inizia a pensare alla storia successiva. E, a parte casi eccezionali, farebbe meglio a dimenticarsi del “lauto compenso”.
Ma l’autore ne ha anche per le case editrici: se anche solo la metà degli episodi narrati nel libro fossero veri, la situazione per un aspirante scrittore sarebbe quantomeno scoraggiante. Purtroppo questo volume non tratta di fantascienza, ma dell’attuale stato in cui versa l’editoria in Italia, in cui vige la legge del mors tua vita mea. Agenti letterari senza scrupoli, editori che puntanto al profitto sicuro piuttosto che alla qualità, al denaro più che alla cultura.
Alcuni esempi? Mercadante racconta del suo primo approccio con una casa editrice, quando diciassettenne aveva letto su un giornale un’inserzione: si invitava a spedire le proprie poesie, che sarebbero state pubblicate. Dopo diversi contatti e l’acquisto di una macchina da scrivere andò a finire con l’amara sorpresa: si trattava di una casa editrice a pagamento. E ancora: uffici stampa che chiedono all’autore di promuovere il proprio libro in un centro commerciale, presentato da un’avvenente modella, che del volume conosce solo la copertina. Oppure recensioni, liti e critiche montate ad arte, così da fare da cassa mediatica e aumentare le vendite. Senza farsi mancare le richieste di ghostwriting delle case editrici per autori appena deceduti, in modo da sfruttarne il successo. 
In breve, l’autore rompe l’aura di magico propria del mondo editoriale, mettendoci davanti agli occhi le logiche di mercato e di marketing che guidano le diverse aziende.
“Caro scrittore in erba…” adotta un tono molto informale, diretto (a volte anche troppo), da uno scrittore disilluso che ha vissuto sulla propria pelle tutte le assurdità del sistema. Non è un libro che consiglierei di leggere a chiunque. Sicuramente a chi lavora nel campo editoriale (per un necessario esame di coscienza) e agli aspiranti scrittori con molta forza di volontà (gli altri potrebbero scoraggiarsi), per riflettere sullo stato in cui versa la cultura letteraria nel nostro Paese.


Dalla prefazione di Gianluca Morozzi:
“Insomma, tu hai pensato: ma sì, ma che diamine, ci posso provare anch’io, no? In fondo, se hanno venduto così tante copie (fai i nomi di una serie di scrittori a tuo parere mediocri e disprezzabili) che non sanno scrivere, perchè non potrei facela io? Ti sei visto diventare quantomeno un Andrea De Carlo, fascinoso, sempre in barca o tra casolari di campagna, eternamente giovane e piacente, se sei maschio. O una figura di riferimento per la nuova scrittura femminile al di là degli stereotipi, se sei donna.
Ecco: nelle pagine seguenti, vedrai che non è proprio così, e che la sostanza, spesso, si vendica sulla poesia.
Ma sai qual è la maledizione? Che uno su mille, come canta il maestro Morandi, accidenti, uno su mille ce la fa. Per 999 disgraziati che finiscono per pubblicare con editori improvvisati che il giorno dopo spariscono in Oceania, uno diventa davvero il Miracolato di turno. La crudeltà è proprio questa: se tu sapessi che è impossibile, che nessuno ce la farà mai, affronteresti la cosa con lo spirito sfrontato e velleitario dell’impresa fine a se stessa.
Invece, dannazione, uno su mille ce la fa.
E questo rende la cosa ancora più crudele”.


 Voto: 




Gianluca Mercadante
è nato nel 1976 a Vercelli. Ha pubblicato McLoveMenu” (Stampa Altrnativa, 2002), “Il Banco dei Somari” (NoReply, 2005), “Nodo al Pettine – Confessioni di un parrucchiere anarchico” (Alacràn, 2006), “Polaroid” (Las Veagas, 2008), “Il giardino nel recinto di vetro” (Birichino, 2009), “Cherosene” (Las Vegas, 2010), “Io ho visto tutto” (Milanonera, 2012), “Noi aspettiamo fuori” (Ed. Mercurio, 2013) e “Casinò Hormonal” (Lite Editions, 2013). Decine di suoi racconti sono apparsi in antologie, riviste e per il Giallo Mondadori. Ha scritto di critica letteraria per “Orizzonti”, “Pulp” e “Satisfaction”.




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