domenica 5 gennaio 2014

Recensione: La terra del sacerdote di Paolo Piccirillo


La terra del sacerdote, Paolo Piccirillo
Neri Pozza
240 pagine, 16.50 euro
Tra sangue, polvere e tematiche sociali, La terra del sacerdote racconta la storia di un ex prete, Agapito, macchiatosi di una colpa che sembra riflettersi nell'aridità del terreno che cura, affidatogli da un amico complice del  misfatto. I rari frutti che rende sono marci o nerastri, l'albero che troneggia al centro completa un quadro dalle tinte cineree. L'azione è mossa da Flori, ucraina sfruttata per la produzione di bambini, in seguito rivenduti al mercato nero, che scappa dai suoi aguzzini e viene ospitata da Agapito. Attorno ai personaggi, sempre rudi, che costellano il romanzo, la terra del sacerdote sembra ricominciare a fiorire, prima che il male ritorni a impossessarsene.

Ambientato in parte in Germania, in parte nella campagna molisana, La terra del sacerdote gode di un pluralismo linguistico dedito alla narrazione più realisticamente efficace. Al realismo crudo e quasi macabro si rifà infatti l'autore, un giovanissimo Piccirillo che trova nella analogia/opposizione con il mondo animale la migliore chiave interpretativa del suo microcosmo letterario: gli uomini al pari delle bestie vivono nel fango e nella sporcizia e qui si riproducono, agiscono guidati da un istinto ferale. I temi sociali a cui si è accennato - la tratta delle donne dell'Est, la compravendita di bambini, lo stupro - sono solo la testimonianza di questa regressione fisica e morale, un atto di accusa, certo, ma più precisamente una realtà funzionale alla visione brutalmente corporea del romanzo.

Sembrerebbe l'Italia degli anni Cinquanta, se uno dei personaggi, a un tratto, non estraesse un I-Phone. Il progresso tecnologico, assente per quasi tutto il libro, ha un forte contrasto con lo sfondo perennemente agreste, rudimentale, lontano dalla civiltà: laddove gli uomini hanno imparato a convivere con gli animali, a condividere con essi la quotidianità, l' animo è diventato rozzo: soltanto un personaggio, Armando, ha ambizioni che esulano da quella vita di campagna. La sua sconfitta è forse la vittoria irreversibile della istintualità barbara - e folle - contro la ragione. Molteplici le immagini metaforiche che si avvicendano, dalla croce che Maurizio "Baffo di cane", il pazzo del villaggio, dice di portare sulle spalle, a veri e propri idilli rustici di commovente e tragica affettuosità - i piedi callosi di un marito e di una moglie che si sfiorano sotto le coperte, l'addio di Agapito e Amalia. Per quanto lo stile di Piccirillo sia scarno e privo di orpelli, la poesia delle immagini parla da sola, avallata da una grandissima competenza linguistica. Poche parole, ma ben calibrate e asciutte, lasciano intendere più di mille lessemi vuoti e barocchi. Occasionalmente l'autore si lascia andare a digressioni quasi oniriche, come la storia sull'essere di gambe-Graziano che si trasforma in un essere umano quando è innamorato. Ed è di amore, di delusione, di sofferenza e di amicizia che parla La terra del sacerdote. Parla di redenzione, di umanità, di egoismo, senza che per questo i personaggi siano mal giudicati. L'occhio di Piccirillo è oggettivo, quasi insensibile: lo stupro e la morte sono raccontati con freddezza, riuscendo ugualmente a suscitare emozione o disgusto nel lettore. 

La terra del sacerdote risulta quindi un ottimo libro, dalle sfumature tetre ma che lascia intravedere, alla fine, spiragli di luce. La caratterizzazione approfondita dei personaggi, lo stile curato, la scelta simbolica di immagini e ambientazioni promettono bene anche per un futuro romanzo, che il talento e la giovane età dell'autore sono sicura consegneranno al panorama italiano contemporaneo. 

Voto: 





Paolo Piccirillo 
è nato nel 1987 a Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta. Nel 2010 ha pubblicato Zoo col semaforo, un romanzo che ha riscosso un notevole successo di pubblico e critica. Autore di racconti pubblicati su varie riviste e antologie, nel 2011 è stato scelto dal Festival delle letterature di Mantova come rappresentante italiano per le Scritture giovani.

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