sabato 4 gennaio 2014

Il tempio degli otaku #94: "Shiranpuri", cortometraggio sul bullismo






Salve a tutti, e benvenuti ad un'altra puntata de “Il Tempio degli Otaku”! Questa settimana parliamo di un problema sociale molto sentito nel Sol Levante: il bullismo (o “ijime”). Anche da noi è così – sebbene, a parere di chi scrive, si faccia ancora troppo poco per trovare soluzioni – ma in Giappone è una vera e propria piaga, che colpisce le scuole di ogni grado.


Le ragioni sono diverse, e non è la sede adatta per parlarne del dettaglio, ma una tra le principali è l'altissima competitività che viene istillata negli studenti sin da piccoli: è importantissimo riuscire negli esami – le cui graduatorie sono anche appese in pubblico – per poi andare ad una buona università, e di conseguenza trovare un buon lavoro. Un altro aspetto non da poco è la cultura dell' ”omertà”, del non denunciare gli atti di bullismo: da parte della vittima, per paura di essere colpevolizzata e di non vedere riconosciuta la sua condizione; da parte dei compagni di classe, per non essere bullizzati a loro volta. È proprio su quest'ultimo caso che si concentra “Shiranpuri” - letteralmente “Farsi gli affari propri” - cortometraggio indirizzato perlopiù ai bambini. Buona lettura (e visione)!

Come accennato nell'introduzione, la storia non è narrata dal punto di vista della vittima, Don-chan, che per una fortuita coincidenza si trova a subire le angherie di una banda di bulli. Chi veramente tiene le fila della vicenda è un altro compagno di classe, di cui non ci viene mai detto il nome (sicuramente non una scelta casuale). È in buoni rapporti con Don-chan, e gli piange il cuore nel vederlo umiliato, ma non abbastanza per trovare il coraggio di fare qualcosa di concreto per lui.

Sarebbe stato facile girare il corto dal punto di vista di Don-chan, che non ha fatto niente per trovarsi in quella situazione. Timido e remissivo, seppure non esente da fiacchi tentativi di ribellione, soltanto fuori da scuola trova un modo per esprimere se stesso nel suo piccolo.
Oh, che tenerezza! Oh, quanti stereotipi! Di solito, se si è in vena di generalizzazioni, ci si concentra soltanto sulla vittima e il bullo. Guardando la faccenda in prospettiva, però, ci accorgiamo anche di un terzo elemento: gli altri compagni di classe o, per dirla brutalmente, coloro che non sono bersagli del bullo. Conoscono il problema, ma non hanno mai un ruolo attivo nella vicenda, nemmeno nell'aiutare gli insegnanti a sbrogliare la matassa. Hanno anche loro una parte di responsabilità?
Per “Shiranpuri”, la risposta è un deciso “Sì”. Il nostro innominato narratore è perfettamente consapevole di ciò che sta capitando a Don-chan, e ne è dispiaciuto nel profondo: vorrebbe intervenire in qualche modo. Nella sua immaginazione – segnalata graficamente da fondali rossi – lo vediamo lanciarsi in aiuto del suo amico in prodigiose imprese da cui i bulletti escono con le ossa rotte (metaforicamente, si intende). Ma in realtà non succede niente di tutto questo: osserva e basta, anche quando avrebbe l'occasione per parlare. Anche se i bulli finalmente lasciassero in pace Don-chan – o venissero costretti a lasciarlo in pace – la prossima vittima diventerebbe automaticamente lui, per il solo motivo che non si è fatto gli affari propri. E questa è un'eventualità assolutamente da evitare.
C'è rimorso, certo, ma non abbastanza per trovare la forza di volontà adatta a fare un gesto eclatante. Quando gli eventi precipitano, il nostro protagonista è torturato dal senso di colpa, perché sa che avrebbe potuto fare di più. Una volta sfogatosi con l'unico adulto che ha davvero a cuore i due bambini, però, riceve una risposta crudele ma veritiera: nella sua omertà è diventato uguali ai bulli, perché lui, e tutta la classe, hanno lasciato da solo Don-chan.

Naturalmente, essendo un prodotto creato a scopo educativo, segue epifania, con tanto di colpo di scena sulle motivazioni del bullo. Se si deve cercare il pelo nell'uovo, un difetto di “Shiranpuri” è il tono un po' troppo didascalico con cui a volte vengono dipinti gli eventi: un perfetto esempio è la scena sopraccitata, dove l'adulto dice più o meno alla lettera quanto scritto. Anche una metafora tra un gattino di cui Don-chan si prende cura e il protagonista è un po' tirata per i capelli, e pone  eccessivamente l'accento su una morale che il cortometraggio in realtà aveva già fatto pervenire – in modo più sottile – allo spettatore. È un cliché, ma in questo caso è quantomai vero: “Shiranpuri”, seppure abbia come target principale i bambini, può essere visto anche da adulti, perché l'estrema sensibilità con cui viene affrontato il tema lo rendono più profondo di quanto possa sembrare a giudicare dall'elementare grafica. Inoltre, il bullismo è un argomento che ha toccato molti da vicino, in molte forme, e di cui spesso si parla in modo superficiale: è una ventata di aria fresca, un'opera che adotta un approccio diverso.

Parlando dell'appena citato comparto tecnico, il character design lascerà insoddisfatti molti palati fini, perché estremamente semplice e con animazioni un po' farraginose. Tuttavia si adatta perfettamente alla storia: i personaggi, e gli ambienti, sono disegnati in modo simile a come li farebbe un bambino, e lo stesso vale per l'uso dei colori, neutro ad eccezione delle tonalità calde predominanti nelle visioni del protagonista. Da segnalare l'ottima colonna sonora, che, pur contribuendo a definire l'atmosfera, è molto discreta. Un po' come il cortometraggio in sé, insomma.

...E per oggi è tutto, cari amici. Arrivederci alla prossima volta, con un'altra puntata de “Il Tempio degli Otaku”!

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