domenica 16 giugno 2013

Recensione: L’ereditiera americana di Daisy Goodwin

L’ereditiera americana – Daisy Goodwin
Siamo nei mitici anni Novanta del diciannovesimo secolo. Per la sera del ballo in maschera di Cora Cash niente è stato lasciato al caso. Splendida, determinata e scandalosamente ricca, Cora è quanto di più simile a una principessa si possa trovare nell'alta società newyorkese. Sua madre ha architettato per lei un debutto che promette di essere il più sfavillante del decennio. Subito dopo il ballo, Cora andrà in Europa, con l'implacabile madre a farle da scorta, per procacciarsi un titolo nobiliare. L'Inghilterra pullula di aristocratici caduti in disgrazia che fanno la fila per corteggiare le ereditiere americane, senza badare all'origine a volte umile del loro patrimonio. Cora appare immediatamente meravigliosa agli occhi della società inglese. Ma l'aristocrazia è un reame pieno di regole arcane e di trappole, dove non è facile trovare chi accolga a braccia aperte una straniera facoltosa. Quando s'innamora perdutamente di un uomo che conosce appena, Cora si rende immediatamente conto di prendere ormai parte a un gioco che non capisce fino in fondo. E dovrà fare in fretta per armare il proprio candore con un pizzico di malizia, che la trasformerà dall'ereditiera ricca e viziata di un tempo in una donna dal carattere forte e risoluto.
Editore: Sonzogno 
Pagine: 462
Prezzo: € 19,50
Voto: 


 





Temo che parlare di questo romanzo, recensirlo, non sarà una passeggiata. Anticipo subito che già alla centesima pagina gli avrei fatto fare un salto nel vuoto dalla finestra, se non fosse che abito a piano terra.
Quello che ho avuto per qualche settimana davanti è stato l’ennesimo tentativo di voler emulare i classici fallendo miseramente: le povere Edith Wharton e Jane Austen si staranno contorcendo nella tomba per essere state nominate in un mero tentativo di voler rendere più ghiotto l’acquisto. Ciò che ho letto è un altro romanzo che di storico ha solo poche parti (ad esempio la descrizione della storia della famiglia e della tenuta dei Maltravers è davvero coinvolgente, peccato che occupi non più di mezza pagina), riproposizione di storie già viste e già lette.
Tutto ruota attorno all’ereditiera Cora Cash, ragazza americana la cui famiglia è divenuta ricca grazie al commercio della farina, e a quello che ha in serbo per lei la madre: un debutto in società in pompa magna e un matrimonio vantaggioso. Di certo il denaro non le manca, ma la signora Cash è così ambiziosa da introdurre la figlia nella società inglese, cercando tra i nobili un buon partito che possa coronare la testa di Cora con un titolo. La fortuna gira dalla parte della ragazza quando, durante una battuta di caccia, questa cade da cavallo e viene soccorsa da Ivo Maltravers, duca di Wareham, che all’inizio sembra indifferente al suo fascino e poi le fa una proposta di matrimonio. Cora ne è profondamente innamorata, ma non conosce bene il suo carattere, né sa come comportarsi nella nuova veste di duchessa e in un luogo ben diverso da quello natale. Dovrà fare i conti con le convenzioni, l’ipocrisia della aristocrazia, ma soprattutto con il passato del marito.
Detta così, sembrerebbe una storia affascinante - e ammetto che la trama mi aveva colpito proprio per questo – di cui l’autrice non riesce a sviluppare le potenzialità.
Ma parliamo un po’ dei personaggi. Cora, la nostra protagonista, è odiosamente volgare e sfacciata, convinta di avere il mondo ai suoi piedi. Vanitosa, arrogante, ancor più di chi possiede un titolo nobiliare. Mi ricorda vagamente Becky Sharp – La fiera della vanità, Thackeray -, con le unica differenza che quest’ultima voleva conquistarsi una posizione sociale partendo dal nulla, mentre Cora è ben conscia di potersi permettere un matrimonio che le frutti un titolo nobiliare ma nessun introito. Non è per niente candida, poiché fin dall’inizio mostra di poter essere maliziosa e calcolatrice, quando chiede alla povera Bertha di insegnarle a baciare gli uomini e tenta di convincere Teddy a sposarsi e dimenticarsi dei rispettivi doveri. Sebbene possa sembrare innamorata del ragazzo, non sembra batter ciglio al suo rifiuto, dimostrando di essere immatura e superficiale nelle sue decisioni: le basta cadere da cavallo per trovare marito, naturalmente innamorandosi di lui perché all’inizio sembra l’unico uomo sulla faccia della terra che non sembra esserne attratto. Il suo carattere superficiale si perde un po’ dopo il matrimonio, quando diventa più accorta e a modo, ma dimostra di non esser in grado di capire di chi può fidarsi.
Poi c’è il suo promesso sposo, Ivo, che mi ha subito dato l’impressione di un cacciatore di dote che impegna tutte le sue energie a sembrare il giovane duca romantico e tormentato, che suona il piano divinamente, prediligendo i motivi nostalgici e tristi. Sembra nascondere qualcosa di molto losco – forse un ménage con la sorellastra - e pare ne sia complice anche il suo migliore amico.
Non mi soffermerò a tracciare un quadro della due volte duchessa, madre di Ivo, perché dire che è solo una donna imbevuta nel belletto è abbastanza. Sfreghiamoci piuttosto le mani nel descrivere Mrs Cash, la madre di Cora. La storia comincia con il debutto in società della figlia alla quale la madre vuole togliere l’attenzione con un abito pirotecnico, che le causerà una lesione permanente al viso da coprire con una veletta. Donna vanesia, arrogante, sempre pronta ad ostentare possedimenti e gioielli, cosa tipica di chi si è arricchito.
Forse l’unico personaggio degno della mia simpatia è Bertha, la domestica di Cora, che non solo subisce i capricci della padrona, ma ha come una storia a parte nell’intero romanzo, che si sviluppa in parallelo alla protagonista. È l’unica vera amica della protagonista, che cerca sempre di mettere in guardia dalla cattiveria e ipocrisia della società.
Passiamo allo stile. Devo dire che ci sono parti che colpiscono, ma per la maggior parte del tempo il romanzo è soporifero; dove si può individuare qualche passaggio scorrevole, invece, è drammaticamente leggero. Francamente la Goodwin utilizza un linguaggio forse troppo moderno per il tardo Ottocento, a volte dando l’impressione di dimenticare che i personaggi che utilizza non sono suoi contemporanei; inoltre, non riesce a tenere l’attenzione del lettore, facendo sgretolare i momenti di suspense che invece di stupire il lettore lo inibiscono alla lettura. L’impressione è che l’autrice dia troppo spazio ad eventi che avrebbe potuto silurare in poche pagine e di essere quasi troppo sbrigativa in quelli che dovrebbero avere maggior risalto. Per quanto venga così pubblicizzato, non c’è nessuna briciola dell’acume e dell’ironia di Jane Austen, né si riesce ad eguagliare il criticismo e la capacità di Edith Wharton di raccontarci i vizi della società. Piuttosto la critica al sistema borghese e aristocratico è così debole da non farci intendere la reale posizione dell’autrice.
Il romanzo è prevedibile, scontato e, sebbene voglia farsi carico della missione di essere una storia di costume, rimane un romance la cui copertina è molto più interessante e lusinghiera del contenuto; questo lo dico da persona non del tutto avulsa alla lettura del genere visto che della stessa casa editrice ho letto i romance storici di Jennifer Donnelly è li ho trovati davvero interessanti. Sembra quasi che la Goodwin abbia creato un collage mal riuscito di cliché della letteratura classica dell’Ottocento non riuscendo, però, ad avvicinarsi nemmeno lontanamente alla sua magnificenza.


Daisy Goodwin

Ha studiato a Cambridge e vive a Londra. E' produttrice di programmi televisivi e ha curato numerose antologie di poesia. Scrive regolarmente per "The Sunday Times". E' sposata e ha due figlie. Con L'ereditiera americana, il suo romanzo d'esordio, ha conquistato il pubblico inglese e quello degli Stati Uniti

3 commenti:

  1. A me è piaciuto molto, la critica all'aristocrazia inglese non è affatto debole, non è sempre presente perchè la protagonista vuole farne parte quindi non avrebbe senso che la criticasse apertamente, ma l'opinione dell'autrice è indiscutibilmente negativa.
    Cora non è simpatica e crede di avere il mondo ai suoi piedi, ma è stata educata (o meglio viziata) così per cui se si comportasse in maniera umile non sarebbe credibile.
    Ivo è senza dubbio un cacciatore di dote all'inizio, dato che il suo unico scopo all'inizio è ripristinare il nome e il patrimonio della sua famiglia, ma il personaggio è complesso e ricco di sfaccettature che si svelano nel corso del romanzo.
    Questa volta non sono per niente d'accordo, secondo me la Goodwin ha fatto un ottimo lavoro con questo suo primo romanzo.

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    1. Naturalmente è un opinione personale e ognuno è libero di avere un proprio punto di vista. A me non è proprio piaciuto, oggettivamente e soggettivamente ho letto di meglio di questo genere.

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  2. menomale che ce l'ho solo in e-book O.o
    non avrò fretta di leggerlo però son curiosa comunque ^_^

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