domenica 30 giugno 2013

Il tempio degli otaku #87: "Hokusai" di Shotaro Ishinomori





Salve a tutti, e benvenuti ad un'altra puntata de “il Tempio degli Otaku”! L'ospite d'onore di oggi non è un mangaka, anche se trattiamo l'opera di un autore mai passato prima da questi lidi. Nel caso ve lo stesse chiedendo non è neanche, per una volta, il solito manga che, se non conosco solo io, poco ci manca. No, oggi parleremo di un pittore, importantissimo sia in patria che soprattutto all'estero e che rimane il più grande rappresentante in occidente dell'arte giapponese: Hokusai. Il nome potrebbe dirvi poco, ma di sicuro conoscerete quel famosissimo dipinto raffigurante un'onda....Sì, proprio quello che beccate in ogni ristorante nipponico che dio mette in terra. L'autore di quel quadro è proprio lui. Come accennato nell'introduzione, in questo appuntamento si parlerà di una sua autobiografia romanzata, ovviamente sotto forma di manga, firmata da un nome che, insieme a Tezuka, è il più importante dei mangaka storici: Shotaro Ishinomori. Suo è infatti “Hokusai”, volume portato in Italia da J-Pop. Buona lettura!

Per chi si fosse sintonizzato solo ora, invece di parlare della trama dell'opera – che è praticamente inesistente, essendo una raccolta di aneddoti sul vecchio pittore – userò questo spazio come “discovery channel” su Hokusai. Vissuto dal 1760 al 1849, si è sempre distinto per la sua continua ricerca di nuovi stimoli, artistici e personali. Si dice abbia cambiato casa novanta volte, avuto un sacco di donne, ma quel che è certo è che la sua carriera è stata sempre all'insegna della sperimentazione. Ha usato diversi pseudonimi per firmare la sua arte, e ciascuno di essi rappresenta una nuova fase, un tentativo di slegarsi da un passato che cozzava con la volontà di poter creare liberamente. Anche Hokusai è un nome fittizio, risalente al 1798. Muore a novant'anni ancora ansioso di sperimentare e di rinnovare la sua arte. Come spesso accade ai grandi artisti (vero, Van Gogh?) ai suoi tempi non godette di molto successo in patria, tuttavia all'estero le sue opere giocarono un ruolo fondamentale nella nascita dell'impressionismo.

La biografia di Ishinomori copre tutti questi punti e allo stesso tempo no. Cercherò di spiegarmi meglio: come l'autore stesso spiega nella postfazione, il suo intento non è di ricreare fedelmente la vita di Hokusai attenendosi solo ai fatti biografici, ma partire da questi per costruire vicende forse inventate di sana pianta ma che comunque hanno un fondo di verità. Sempre tornando alle parole di Ishinomori, il suo scopo dichiarato è di narrare non il pittore, ma il personaggio: due cose ben diverse. Così il mangaka assume due compiti di estrema importanza: quello di narratore e quello di creatore delle vicende. Difficile dire quale sia il confine tra le due, dipende dalla situazione. E comunque, soltanto la storia potrebbe dircelo con certezza.
Il tocco di Ishinomori, comunque, si sente parecchio nella sceneggiatura. C'è una certa emozione di fondo, da parte del mangaka, nel trattare un pittore così importante e, soprattutto, così innamorato dell'arte, forse lo stesso amore che in tempi più recenti aveva spinto Ishinomori a buttarsi in quella carriera così incerta. Per questo Hokusai viene quasi usato come veicolo per spiegare la gioia della creazione, suo unico tratto redentore. Il nostro infatti è un vecchio burbero, ossessionato dal sesso, che ama fare la bella vita – ma senza mai avere i mezzi per permettersela -  che spesso e volentieri trascura i propri affetti per i suoi affari, artistici e personali. L'unico momento in cui la maschera cede e il lettore riesce a vedere l'uomo dietro a questi vizi è quando si parla di pittura. Lì il misantropo cede il passo ad una persona sempre meravigliata dalla bellezza che lo circonda, e che invano cerca di riprodurre su carta. I suoi insuccessi, però, non lo deprimono, anzi lo spronano ancora di più.
Dalle sue parole si evince come l'arte per lui sia un modo per “riordinare” la vita e cercare di capirla. Sempre in viaggio, con una nuova donna al fianco, ma con un'unica costante. Incapace di amare del tutto le persone, il suo vero amore è la pittura. Come ogni storia d'amore che si rispetti, anche questa è travagliata, ostacolata non poco dalla venalità del nostro che lo spingono più volte a svendere la sua amata arte per i soldi. Inoltre, la pittura è una fidanzata piuttosto possessiva e gelosa, che non accetta di essere messa in secondo piano da niente e nessuno. Lo si nota molto negli ultimi capitoli del volume, in cui è presente Oei, l'affezionata figlia di Hokusai che vive con lui. Ha letteralmente dedicato la vita a lui, essendo nubile, non se ne è mai andata come invece hanno fatto tutti gli altri, ma tutto quello che ha ricevuto in cambio sono state prese in giro, offese, una vita povera e priva di soddisfazioni. Difficile dire quanto del suo attaccamento al padre siano frutto di senso del dovere – in fondo parliamo sempre del Giappone dell'800 - e quanto genuino amore filiale, Ishinomori purtroppo perde un'occasione non ponendosi il problema. Ma è fuori discussione che la scala di priorità del vecchio si possa modificare a sfavore dell'arte.
Discorso analogo si può fare anche per le altre donne che finiscono sempre per essere scaricate quando al nostro prende la smania di cambiare paese/nome. Lui ama le donne, è indubbio, ma sembra esclusivamente amore carnale, ad eccezione forse della prima moglie. Probabilmente è conseguenza della sua costante insoddisfazione passare da un letto all'altro senza posa, tuttavia è emblematico che Ishinomori non ci faccia mai vedere come, e perché, termina una relazione. Il capitolo finisce, e la donna di turno cade nell'oblio. Tanto nel prossimo episodio ci sarà un'altra candidata a cui attenderà lo stesso destino. Questo affratellamento di comparse, pur non essendo un granché dal punto di vista dell'introspezione psicologica, non inficia la qualità del volume che, come avrete capito, è piuttosto alta.


Il tratto di Ishinomori deve molto a quello di Tezuka, ma non è una copia. Dietro lo stile apparentemente semplice e cartoonesco si vede molta cura e precisione – pochissimi sono ad esempio i disegni deformed, ossia in proporzioni volutamente diverse dalla realtà, tecnica invece usata moltissimo da Tezuka. A seconda della situazione e delle sensazioni che il mangaka vuole suscitare possono esserci sfondi che definire scarni è un complimento ed altri che sono un florilegio di dettagli, con un ottimo uso dei retini e delle sfumature. Da segnalare poi le inquadrature molto cinematografiche, che distolgono l'attenzione della struttura della tavola piuttosto statica ed ordinaria. Infine, spesso nella narrazione appaiono i quadri del vero Hokusai, che si sposano alla perfezione con lo stile più moderno.


E per oggi è tutto, cari amici. Arrivederci alla prossima volta, con il Tempio degli Otaku!

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