Salve a tutti, e benvenuti ad
un'altra puntata de “il Tempio degli Otaku”! L'ospite d'onore di oggi non è un
mangaka, anche se trattiamo l'opera di un autore mai passato prima da questi
lidi. Nel caso ve lo stesse chiedendo non è neanche, per una volta, il solito
manga che, se non conosco solo io, poco ci manca. No, oggi parleremo di un pittore,
importantissimo sia in patria che soprattutto all'estero e che rimane il più
grande rappresentante in occidente dell'arte giapponese: Hokusai. Il
nome potrebbe dirvi poco, ma di sicuro conoscerete quel famosissimo dipinto
raffigurante un'onda....Sì, proprio quello che beccate in ogni ristorante
nipponico che dio mette in terra. L'autore di quel quadro è proprio lui. Come
accennato nell'introduzione, in questo appuntamento si parlerà di una sua autobiografia
romanzata, ovviamente sotto forma di manga, firmata da un nome che, insieme
a Tezuka, è il più importante dei mangaka storici: Shotaro Ishinomori.
Suo è infatti “Hokusai”, volume portato in Italia da J-Pop. Buona lettura!
Per chi si fosse sintonizzato
solo ora, invece di parlare della trama dell'opera – che è praticamente
inesistente, essendo una raccolta di aneddoti sul vecchio pittore – userò
questo spazio come “discovery channel” su Hokusai. Vissuto dal 1760 al 1849,
si è sempre distinto per la sua continua ricerca di nuovi stimoli,
artistici e personali. Si dice abbia cambiato casa novanta volte, avuto un
sacco di donne, ma quel che è certo è che la sua carriera è stata sempre all'insegna
della sperimentazione. Ha usato diversi pseudonimi per firmare la sua arte,
e ciascuno di essi rappresenta una nuova fase, un tentativo di slegarsi da un
passato che cozzava con la volontà di poter creare liberamente. Anche Hokusai è
un nome fittizio, risalente al 1798. Muore a novant'anni ancora ansioso di
sperimentare e di rinnovare la sua arte. Come spesso accade ai grandi artisti
(vero, Van Gogh?) ai suoi tempi non godette di molto successo in patria,
tuttavia all'estero le sue opere giocarono un ruolo fondamentale nella nascita
dell'impressionismo.
La biografia di Ishinomori copre
tutti questi punti e allo stesso tempo no. Cercherò di spiegarmi meglio: come
l'autore stesso spiega nella postfazione, il suo intento non è di ricreare
fedelmente la vita di Hokusai attenendosi solo ai fatti biografici, ma partire
da questi per costruire vicende forse inventate di sana pianta ma che comunque
hanno un fondo di verità. Sempre tornando alle parole di Ishinomori, il suo
scopo dichiarato è di narrare non il pittore, ma il personaggio: due cose ben
diverse. Così il mangaka assume due compiti di estrema importanza:
quello di narratore e quello di creatore delle vicende. Difficile
dire quale sia il confine tra le due, dipende dalla situazione. E comunque,
soltanto la storia potrebbe dircelo con certezza.
Il tocco di Ishinomori, comunque,
si sente parecchio nella sceneggiatura. C'è una certa emozione di fondo, da
parte del mangaka, nel trattare un pittore così importante e, soprattutto, così
innamorato dell'arte, forse lo stesso amore che in tempi più recenti aveva
spinto Ishinomori a buttarsi in quella carriera così incerta. Per questo Hokusai
viene quasi usato come veicolo per spiegare la gioia della creazione, suo unico
tratto redentore. Il nostro infatti è un vecchio burbero, ossessionato dal
sesso, che ama fare la bella vita – ma senza mai avere i mezzi per
permettersela - che spesso e volentieri
trascura i propri affetti per i suoi affari, artistici e personali. L'unico
momento in cui la maschera cede e il lettore riesce a vedere l'uomo dietro a
questi vizi è quando si parla di pittura. Lì il misantropo cede il passo ad una
persona sempre meravigliata dalla bellezza che lo circonda, e che invano cerca
di riprodurre su carta. I suoi insuccessi, però, non lo deprimono, anzi lo
spronano ancora di più.
Dalle sue parole si evince come
l'arte per lui sia un modo per “riordinare” la vita e cercare di capirla.
Sempre in viaggio, con una nuova donna al fianco, ma con un'unica costante.
Incapace di amare del tutto le persone, il suo vero amore è la pittura. Come
ogni storia d'amore che si rispetti, anche questa è travagliata, ostacolata non
poco dalla venalità del nostro che lo spingono più volte a svendere la sua
amata arte per i soldi. Inoltre, la pittura è una fidanzata piuttosto
possessiva e gelosa, che non accetta di essere messa in secondo piano da niente
e nessuno. Lo si nota molto negli ultimi capitoli del volume, in cui è presente
Oei, l'affezionata figlia di Hokusai che vive con lui. Ha letteralmente
dedicato la vita a lui, essendo nubile, non se ne è mai andata come invece
hanno fatto tutti gli altri, ma tutto quello che ha ricevuto in cambio sono
state prese in giro, offese, una vita povera e priva di soddisfazioni.
Difficile dire quanto del suo attaccamento al padre siano frutto di senso del
dovere – in fondo parliamo sempre del Giappone dell'800 - e quanto genuino
amore filiale, Ishinomori purtroppo perde un'occasione non ponendosi il
problema. Ma è fuori discussione che la scala di priorità del vecchio si possa
modificare a sfavore dell'arte.
Discorso analogo si può fare
anche per le altre donne che finiscono sempre per essere scaricate
quando al nostro prende la smania di cambiare paese/nome. Lui ama le donne, è
indubbio, ma sembra esclusivamente amore carnale, ad eccezione forse della prima
moglie. Probabilmente è conseguenza della sua costante insoddisfazione passare
da un letto all'altro senza posa, tuttavia è emblematico che Ishinomori non ci
faccia mai vedere come, e perché, termina una relazione. Il capitolo finisce, e
la donna di turno cade nell'oblio. Tanto nel prossimo episodio ci sarà un'altra
candidata a cui attenderà lo stesso destino. Questo affratellamento di
comparse, pur non essendo un granché dal punto di vista dell'introspezione
psicologica, non inficia la qualità del volume che, come avrete capito, è
piuttosto alta.
Il tratto di Ishinomori
deve molto a quello di Tezuka, ma non è una copia. Dietro lo stile
apparentemente semplice e cartoonesco si vede molta cura e precisione –
pochissimi sono ad esempio i disegni deformed, ossia in proporzioni volutamente
diverse dalla realtà, tecnica invece usata moltissimo da Tezuka. A seconda
della situazione e delle sensazioni che il mangaka vuole suscitare possono
esserci sfondi che definire scarni è un complimento ed altri che sono un
florilegio di dettagli, con un ottimo uso dei retini e delle sfumature. Da
segnalare poi le inquadrature molto cinematografiche, che distolgono
l'attenzione della struttura della tavola piuttosto statica ed ordinaria.
Infine, spesso nella narrazione appaiono i quadri del vero Hokusai, che si
sposano alla perfezione con lo stile più moderno.
E per oggi è tutto, cari
amici. Arrivederci alla prossima volta, con il Tempio degli Otaku!
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