venerdì 14 marzo 2014

La crisi d’identità della virgola nell’epoca dei social network


Galeotto fu l’sms. Un numero limitato di caratteri a disposizione marcava il limite tra l’invio del testo in un unico messaggio e la divisione in due invii con conseguente (e indesiderato) aumento del costo. L’etica del risparmio ci ha guidato nella creazione di abbreviazioni, sigle e riduzioni al minimo della punteggiatura.
Un declino progressivo e inesorabile ci ha visto passare per email, post, chat, per arrivare al famigerato tweet, che ha accelerato bruscamente la tendenza: 140 caratteri disponibili, nessuno spazio per perdersi in divagazioni inutili. Così la virgola è diventata semplicemente di troppo.
L’argomento è stato rilanciato da Enrico Franceschini, corrispondente da Londra per La Repubblica, che ha citato alcune interviste prese da famose testate britanniche, quali Times e Slate, in cui dei rinomati studiosi si interrogano sul futuro di questo segno d’interpunzione.
John McWhorter, docente di letteratura alla Columbia University, riferendosi alla virgola afferma che “si potrebbe togliere da buona parte dei testi contemporanei e la chiarezza non ne risentirebbe”, aggiungendo che “la maggior parte dei segni grafici sono convenzioni, ed è naturale che cambino nel corso del tempo”.
Un discorso simile a quello di Simon Horobin, professore del Magdalene College di Oxford: “C’è una tendenza generale a un uso più lieve della punteggiatura, che sta mettendo chiaramente al tappeto l’utilizzo della virgola”. Lo studioso osserva che i più giovani (la cosiddetta web generation) sono sempre più confusi dal diverso stile grammaticale del linguaggio online rispetto a quello insegnato nelle scuole, dove la virgola ancora resiste.
In realtà la riflessione sul declino dell’uso dei segni d’interpunzione nei nuovi strumenti di comunicazione è un argomento dibattuto già da qualche tempo ed ha prodotto due schieramenti contrapposti: da un lato, i conservatori che gridano allo scandalo e invocano lo spirito vendicativo dei grandi scrittori del passato; dall’altro, gli innovatori che adducono esempi di semplificazione della lingua già a partire dal mondo classico. L’esempio più citato è quello delle iscrizioni antiche, gli epigrammi, in cui si utilizzavano abbreviazioni e sigle che qualcuno riconduce ai nostri “xché”, “cmq”, “tvb” e così via.
D’altro canto, come ricorda Giulia Zoli su Internazionale, già Filippo Tommaso Marinetti, nel Manifesto tecnico della letteratura futurista (1912), proponeva di “abolire la punteggiatura in favore di uno stile vivo che si crea da sé, senza le soste assurde delle virgole e dei punti”.
Non mancano di certo autorevoli pareri contrari, come quello di Leopardi, secondo cui “spesse volte una virgola ben messa dà luce a tutto il periodo”. Ma lo stesso Leopardi era molto severo nei confronti di altri segni d’interpunzione: “Che è questo ingombro di lineette, di puntini, di spazietti, di punti ammirativi doppi e tripli, che so io?”, scriveva nello Zibaldone.
A questo proposito, riprendendo ancora Giulia Zoli, è interessante osservare come un altro segno d’interpunzione, il punto e virgola, oramai venga quasi esclusivamente utilizzato dai giovani per strizzare l’occhio ;-)
È doveroso ammettere che il lessico, la sintassi e anche la punteggiatura mutano, più o meno velocemente, col passare del tempo. Se è assurdo pensare a come sarebbero stati dei grandi capolavori del passato senza le virgole (poiché la riflessione che si sta facendo è sul linguaggio del presente e del futuro, non su quello del passato), ha invece senso fermarsi a ragionare sulla funzione della punteggiatura nella comunicazione contemporanea.
A cosa serve la virgola? Una possibile risposta è che la virgola può rendere facile quello che altrimenti per il lettore risulterebbe poco comprensibile.
Dobbiamo quindi eliminarla solo per adeguarci alle più moderne esigenze di scrittura? Ognuno farà le sue valutazioni, ma se un suo utilizzo limitato, imposto da alcuni precisi contesti comunicativi, può essere accettato, sarebbe però sicuramente errato ritenere che la virgola abbia perso la sua funzione.
Essa infatti può rendere un discorso più chiaro, colorito, efficace. Essendo inoltre il più “leggero” fra i segni d’interpunzione, il suo uso non sempre è regolato dalla grammatica, ma dipende dalle scelte stilistiche personali e dal tono che si vuole dare ad una frase.
Eliminare la virgola contribuirebbe quindi a creare un mezzo comunicativo più povero, piatto, forse più rapido ma sicuramente più impersonale.

È possibile concludere che non bisogna essere chiusi di fronte agli innumerevoli cambiamenti che, grazie alla tecnologia e alla rete, stanno entrando nella nostra vita quotidiana, ma che tali mutamenti vanno analizzati, ponderati, soppesati, in modo da non accettare acriticamente ogni qual cosa ci venga proposta, ma valutandone di volta in volta i pro e i contro. E, malgrado ci siano problematiche forse più evidenti, ciò vale anche per la virgola.



Nessun commento:

Posta un commento

Grazie per aver condiviso la tua opinione!

LinkWithin

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...