Galeotto
fu l’sms.
Un numero limitato di caratteri a disposizione marcava il limite tra
l’invio del testo in un unico messaggio e la divisione in due invii
con conseguente (e indesiderato) aumento del costo. L’etica del
risparmio ci ha guidato nella creazione di abbreviazioni, sigle e
riduzioni al minimo della punteggiatura.
Un
declino progressivo e inesorabile ci ha visto passare per email,
post, chat, per arrivare al famigerato tweet, che ha accelerato
bruscamente la tendenza: 140 caratteri disponibili, nessuno spazio
per perdersi in divagazioni inutili. Così la virgola è diventata
semplicemente di troppo.
L’argomento
è stato rilanciato da Enrico Franceschini, corrispondente da Londra
per La
Repubblica,
che ha citato alcune interviste prese da famose testate britanniche,
quali Times
e Slate,
in cui dei rinomati studiosi si interrogano sul futuro di questo
segno d’interpunzione.
John
McWhorter, docente di letteratura alla Columbia University,
riferendosi alla virgola afferma che “si potrebbe togliere da buona
parte dei testi contemporanei e la chiarezza non ne risentirebbe”,
aggiungendo che “la maggior parte dei segni grafici sono
convenzioni, ed è naturale che cambino nel corso del tempo”.
Un
discorso simile a quello di Simon Horobin, professore del Magdalene
College di Oxford: “C’è una tendenza generale a un uso più
lieve della punteggiatura, che sta mettendo chiaramente al tappeto
l’utilizzo della virgola”. Lo studioso osserva che i più giovani
(la cosiddetta web generation) sono sempre più confusi dal diverso
stile grammaticale del linguaggio online rispetto a quello insegnato
nelle scuole, dove la virgola ancora resiste.
In
realtà la riflessione sul declino dell’uso dei segni
d’interpunzione
nei nuovi strumenti di comunicazione è un argomento dibattuto già
da qualche tempo ed ha prodotto due schieramenti contrapposti: da un
lato, i conservatori che gridano allo scandalo e invocano lo spirito
vendicativo dei grandi scrittori del passato; dall’altro, gli
innovatori che adducono esempi di semplificazione della lingua già a
partire dal mondo classico. L’esempio più citato è quello delle
iscrizioni antiche, gli epigrammi, in cui si utilizzavano
abbreviazioni e sigle che qualcuno riconduce ai nostri “xché”,
“cmq”, “tvb” e così via.
D’altro
canto, come ricorda Giulia Zoli su Internazionale,
già Filippo Tommaso Marinetti, nel Manifesto
tecnico della letteratura futurista
(1912), proponeva di “abolire la punteggiatura in favore di uno
stile vivo che si crea da sé, senza le soste assurde delle virgole e
dei punti”.
Non
mancano di certo autorevoli pareri contrari, come quello di Leopardi,
secondo cui “spesse volte una virgola ben messa dà luce a tutto il
periodo”. Ma lo stesso Leopardi era molto severo nei confronti di
altri segni d’interpunzione: “Che è questo ingombro di lineette,
di puntini, di spazietti, di punti ammirativi doppi e tripli, che so
io?”, scriveva nello Zibaldone.
A
questo proposito, riprendendo ancora Giulia Zoli, è interessante
osservare come un altro segno d’interpunzione, il punto e virgola,
oramai venga quasi esclusivamente utilizzato dai giovani per
strizzare l’occhio ;-)
È doveroso ammettere che il lessico, la sintassi e anche la
punteggiatura mutano, più o meno velocemente, col passare del tempo.
Se è assurdo pensare a come sarebbero stati dei grandi capolavori
del passato senza le virgole (poiché la riflessione che si sta
facendo è sul linguaggio del presente e del futuro, non su quello
del passato), ha invece senso fermarsi a ragionare sulla funzione
della punteggiatura nella comunicazione contemporanea.
A
cosa serve la virgola? Una possibile risposta è che la virgola può
rendere facile quello che altrimenti per il lettore risulterebbe poco
comprensibile.
Dobbiamo
quindi eliminarla solo per adeguarci alle più moderne esigenze di
scrittura? Ognuno farà le sue valutazioni, ma se un suo utilizzo
limitato, imposto da alcuni precisi contesti comunicativi, può
essere accettato, sarebbe però sicuramente errato ritenere che la
virgola abbia perso la sua funzione.
Essa
infatti può rendere un discorso più chiaro, colorito, efficace.
Essendo inoltre il più “leggero” fra i segni d’interpunzione,
il suo uso non sempre è regolato dalla grammatica, ma dipende dalle
scelte stilistiche personali e dal tono che si vuole dare ad una
frase.
Eliminare
la virgola contribuirebbe quindi a creare un mezzo comunicativo più
povero, piatto, forse più rapido ma sicuramente più impersonale.
È
possibile concludere che non bisogna essere chiusi di fronte agli
innumerevoli cambiamenti che, grazie alla tecnologia e alla rete,
stanno entrando nella nostra vita quotidiana, ma che tali mutamenti
vanno analizzati, ponderati, soppesati, in modo da non accettare
acriticamente ogni qual cosa ci venga proposta, ma valutandone di
volta in volta i pro e i contro. E, malgrado ci siano problematiche
forse più evidenti, ciò vale anche per la virgola.
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