Tra i generi letterari più popolari del Regno Unito, la crime fiction produce un fatturato di circa 90 milioni di sterline ogni anno, ed è pronta a tornare a essere punta di diamante dei palinsesti televisivi britannici – chi non ricorda le celebri trasposizioni delle avventure di Hercule Poirot o del commissario Maigret della BBC? – nel prossimo autunno. Il pubblico di riferimento di questo genere, in maniera del tutto inaspettata, risulta essere principalmente quello femminile. Pare infatti che le donne siano più voraci di storie dai toni noir e delle dettagliate descrizioni di crimini efferati, smentendo il cliché per cui i generi da loro prediletti sarebbero chick-lit e harmony. Questo dato di fatto, riportato da un recente articolo pubblicato da The Guardian, è avvalorato da una massiccia presenza femminile al CrimeFest di Bristol in Maggio, con la partecipazione a tavole rotonde e confronti con famosi autori di gialli – tra le più importanti, quella intitolata “Morte su tacchi alti: donne come vittime (Death in high heels: women as victim)”.
Altro dato di fatto è un innalzamento della violenza nei romanzi britannici, influenzato dal successo dei romanzi della Trilogia Millenium di Stieg Larsson, come anche la predilezione per figure femminili torturate e brutalmente uccise presenti in copertina. Tutti elementi fortemente apprezzati dalle donne, come anche la forte credibilità della trama, vero e proprio segreto del gradimento di genere. Le protagoniste sono spesso donne in pericolo – e le donne sembrano apprezzare questo leitmotiv, come anche la presenza di un killer al femminile – nelle quali è facile immedesimarsi, ricordando il costante sentimento di paura di essere oggetto di molestia, che riguarda più frequentemente le donne che gli uomini. Ciononostante, le statistiche mostrano come in realtà gli uomini abbiano maggiore probabilità di essere vittime di crimini violenti rispetto alle donne.
“Le ragazze crescono inondate da messaggi sulla nostra vulnerabilità e per questo imparano a interpretare il mondo attraverso quella lente” sostiene Melanie McGrath, autrice dell’articolo. “Siamo consapevoli delle statistiche, di ciò che potrebbe accaderci al buio, con l'inaspettata apertura della porta e il rumore di passi in una solitaria strada notturna. Affoghiamo nel terrore come in una tazza di latte. Nel romanzo poliziesco possiamo esplorare queste sensazioni in modo sicuro. Risolvere il crimine aiuta ad esorcizzare la paura”.
La morte violenta di una donna in un romanzo poliziesco è da considerarsi come metafora ben più profonda dell’immutata condizione femminile: la donna è vista ancora come un oggetto sessuale, moglie e madre posta in una posizione di inferiorità rispetto all’uomo, della quale ogni slancio creativo viene tarpato sul nascere perché veicolo della procreazione e del piacere maschile, come direbbe la femminista Germaine Greer. Dunque, la donna assassinata ed esaminata dal medico forense nell’obitorio non è altro che il simbolo dell’annientamento della personalità femminile in una società che fatica ad accettare l’uguaglianza psichica e fisica della donna nei confronti dell’uomo.
Se da un lato è pregnante la dimensione gerarchica uomo-donna, il romanzo poliziesco può essere interpretato secondo un altro punto di vista: la lettrice vi legge non solo la possibilità di sfogare la sua rabbia e frustrazione per il senso comune che vede in suo genere sottomesso, ma anche l’occasione di uscire dagli schemi precostituiti e rivendicare la propria identità. Non a caso, le lettrici più entusiastiche di crime fiction sono donne di mezza età, che hanno avuto non solo tanto tempo per leggere e un reddito che ha permesso loro di acquistare libri, ma anche quello di affermarsi come personalità autodeterminate. Non bisogna dimenticare, poi, che spesso il personaggio principale dei romanzi polizieschi è una donna intraprendente che riesce a fare i conti con le proprie paure e a ingannare il destino. Insomma, donna non vuol più dire essere un tenero fiorellino dedito alla lettura di romanzi d’amore, ma al contrario un essere pensante che può apprezzare i generi più disparati e convenzionalmente attribuiti al gusto maschile. Il gusto non ha genere, come tante altre cose alle quali ci sforziamo di dare un' attribuzione senza che per forza la debbano avere. D’altronde lo insegnano anche a scuola nei rudimenti di filosofia: ciò che ha importanza è la sostanza, non la forma.
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