Salve a tutti, e benvenuti ad una nuova puntata de "Il Tempio degli Otaku"! Non è un appuntamento come tutti gli altri, però: questa, infatti, è la centesima puntata della nostra rubrica. A tal proposito è giusto parlare di un'opera speciale, che ha lasciato un segno tangibile nell'animazione nipponica, e che ancora oggi continua a fare proseliti. A tanti aficionados si contrappongono altrettanti detrattori, poiché si tratta di una serie decisamente controversa, dai numerosi punti oscuri, fonte continua di discussioni – a volte anche di veri e propri studi specialistici – tra gli appassionati. Cionondimeno, il suo valore rimane a tutt'oggi evidente. Signore e signori, per la centesima puntata del Tempio parleremo di Neon Genesis Evangelion, partorito da Hideaki Anno e dallo studio di animazione Gainax. Buona lettura (e visione!).
Le vicende che danno il la alla storia sono piuttosto note, ma per i quattro gatti che ancora non le conoscessero – e per coloro, assai più numerosi, che si sono persi tra le pieghe della trama – ecco a voi un breve ripasso.
Nell'anno 2000 la Terra è stata colpita da un gravissimo disastro naturale, chiamato Second Impact, che ha modificato radicalmente il pianeta. Quattordici anni dopo, inoltre, un'altra grave minaccia: esseri dall'origine sconosciuta, definiti Angeli, pronti a portare ulteriore morte e distruzione. Neutralizzarli e studiarli è compito di un organismo paramilitare, la Nerv, guidata da Gendo Ikari. Le loro azioni non sarebbero possibili senza gli Evangelion, potentissime macchine dall'aspetto umanoide che, però, possono essere guidate soltanto da ragazzini di quattordici anni.
La stessa età del figlio di Ikari, Shinji. La loro separazione, durata anni, si conclude con la richiesta perentoria di pilotare un Evangelion. A nulla varranno le proteste e l'insicurezza cronica del ragazzo, che si ritroverà immerso in una guerra di cui non conosce le ragioni e circondato da segreti che, se rivelati, potrebbero cambiare le sorti del mondo.
Con "Neon Genesis Evangelion" si fa in genere riferimento alla serie originale del 1995, e dei due film contemporanei – il secondo chiamato, per ovvi motivi, "The End of Evangelion" – volti a dare una conclusione alle traversie di Shinji non soltanto dal punto di vista psicologico/psicanalitico (come invece accade negli ultimi due, criticatissimi, episodi) ma anche concretamente.
Recentemente però Hideaki Anno, che ha sempre avuto un rapporto ambivalente con la serie, ha ripreso a lavorarci. Nascono così i "Rebuild", quattro film (di cui uno ancora in lavorazione) che si propongono di aggiornare l'originale. Con il passare del tempo, però, la fedele rilettura si è quasi trasformata in un'opera a sé stante, a causa dei numerosi cambiamenti effettuati sia alla trama che ai personaggi.
Se però per i primi due episodi le critiche dei "fedeli telespettatori" si concentravano più che altro sui cambiamenti ai personaggi - ed effettivamente i Rebuild hanno ridotto considerevolmente alcuni ruoli, come quello di Ritsuko Akagi, per non parlare di una Rei più umana che ha creato molto scalpore - con il terzo film, "You can (not) redo", le critiche sembrano quasi sovrastare i pareri positivi. Le ragioni risiedono probabilmente nella trama, che con la "scusa" di dover approfondire il personaggio di Kaworu Nagisa, sacrificato nell'originale per esigenze di spazio e di budget, narra eventi impensabili nella serie del 1995. In seguito al finale del secondo film, infatti, lo spettatore si trova con un timeskip, una nuova missione per i protagonisti, ed un ulteriore fardello psicologico sulle spalle di Shinji. Novità che non fanno altro che complicare ancora di più questa storia, quando l'intento di Anno era, semmai, di semplificarla. È comprensibile, perciò, che non tutti abbiano gradito questa iniziativa.
Se però per i primi due episodi le critiche dei "fedeli telespettatori" si concentravano più che altro sui cambiamenti ai personaggi - ed effettivamente i Rebuild hanno ridotto considerevolmente alcuni ruoli, come quello di Ritsuko Akagi, per non parlare di una Rei più umana che ha creato molto scalpore - con il terzo film, "You can (not) redo", le critiche sembrano quasi sovrastare i pareri positivi. Le ragioni risiedono probabilmente nella trama, che con la "scusa" di dover approfondire il personaggio di Kaworu Nagisa, sacrificato nell'originale per esigenze di spazio e di budget, narra eventi impensabili nella serie del 1995. In seguito al finale del secondo film, infatti, lo spettatore si trova con un timeskip, una nuova missione per i protagonisti, ed un ulteriore fardello psicologico sulle spalle di Shinji. Novità che non fanno altro che complicare ancora di più questa storia, quando l'intento di Anno era, semmai, di semplificarla. È comprensibile, perciò, che non tutti abbiano gradito questa iniziativa.
Non è, del resto, l'unico aspetto poco chiaro dell'opera, che se all'inizio appare niente di più che un classico anime mecha – seppure piuttosto violento rispetto alla media del genere – in seguito rivela una trama dall'impalcatura molto più complessa. Vengono infatti proposti tematiche piuttosto attuali, inusuali all'epoca (sopratutto negli anime fantascientifici) come la solitudine, il dover trovare il proprio posto nel mondo, quando la scienza diventa controproducente, la religione, ecc. Per non parlare, poi, dell'effettivo significato dell'opera.
A sorpresa, una delle più popolari, che i creatori Anno e Sadamoto sembrano appoggiare - o forse sarebbe meglio dire tollerare - è che lo show sarebbe una critica agli Otaku. Shinji ricalcherebbe una persona incapace di vivere nel mondo reale, che ha per oggetto del desiderio una ragazza talmente docile da essere anormale (Rei, ovviamente) a scapito delle opportununità che la vita gli offrirebbe, come l'amore di Asuka. E "the End of Evangelion", secondo i sostenitori di questa teoria, ne sarebbe la prova regina. Tuttavia i fan non si limitano a queste interpretazioni, anzi. Cercando su internet potrete trovarne in quantità, persino come tesi di laurea. Gli sforzi di coloro che analizzano la serie si concentrano sopratutto sui simboli religiosi disseminati nelle varie puntate. La terminologia usata è piuttosto fuorviante: Eva, gli Angeli, Lilith, ecc. E se gli Angeli lo fossero nel senso letterale del termine? In fondo anche Shinji si pone la domanda. Sono solo coincidenze che i membri della Seele abbiano nomi tedeschi e assomiglino fisicamente agli ebrei nella loro accezione più stereotipata? L'uso dei numeri è casuale, o il loro reale significato è da ricercarsi nella Cabala? Infine, Shinji può ricoprire nella vicenda un ruolo simile a quello di Gesù per i cristiani? Queste ed altre domande si affollano nelle menti dei fan, completandosi a vicenda o, al contrario, entrando in conflitto. E non bisogna scordare la fazione che in NGE vede soltanto il significato letterale, forse per reazione alle dichiarazioni noncuranti degli addetti ai lavori, che hanno più volte affermato che molti simboli non hanno, in realtà, alcuna funzione nell'economia della storia.
A conti fatti, spetta al singolo spettatore decidere, proprio come Shinji nelle sopraccitate puntate conclusive. È anche questa, in fondo, una delle ragioni per cui Evangelion è così popolare: ognuno, con i suoi mezzi e le sue inclinazioni, può rapportarcisi nella maniera che ritiene più opportuna.
A sorpresa, una delle più popolari, che i creatori Anno e Sadamoto sembrano appoggiare - o forse sarebbe meglio dire tollerare - è che lo show sarebbe una critica agli Otaku. Shinji ricalcherebbe una persona incapace di vivere nel mondo reale, che ha per oggetto del desiderio una ragazza talmente docile da essere anormale (Rei, ovviamente) a scapito delle opportununità che la vita gli offrirebbe, come l'amore di Asuka. E "the End of Evangelion", secondo i sostenitori di questa teoria, ne sarebbe la prova regina. Tuttavia i fan non si limitano a queste interpretazioni, anzi. Cercando su internet potrete trovarne in quantità, persino come tesi di laurea. Gli sforzi di coloro che analizzano la serie si concentrano sopratutto sui simboli religiosi disseminati nelle varie puntate. La terminologia usata è piuttosto fuorviante: Eva, gli Angeli, Lilith, ecc. E se gli Angeli lo fossero nel senso letterale del termine? In fondo anche Shinji si pone la domanda. Sono solo coincidenze che i membri della Seele abbiano nomi tedeschi e assomiglino fisicamente agli ebrei nella loro accezione più stereotipata? L'uso dei numeri è casuale, o il loro reale significato è da ricercarsi nella Cabala? Infine, Shinji può ricoprire nella vicenda un ruolo simile a quello di Gesù per i cristiani? Queste ed altre domande si affollano nelle menti dei fan, completandosi a vicenda o, al contrario, entrando in conflitto. E non bisogna scordare la fazione che in NGE vede soltanto il significato letterale, forse per reazione alle dichiarazioni noncuranti degli addetti ai lavori, che hanno più volte affermato che molti simboli non hanno, in realtà, alcuna funzione nell'economia della storia.
A conti fatti, spetta al singolo spettatore decidere, proprio come Shinji nelle sopraccitate puntate conclusive. È anche questa, in fondo, una delle ragioni per cui Evangelion è così popolare: ognuno, con i suoi mezzi e le sue inclinazioni, può rapportarcisi nella maniera che ritiene più opportuna.
Un fatto certo è che Anno, durante la creazione della serie, stava combattendo contro la depressione, leggendo anche dei libri specialistici in materia. Queste conoscenze, acquisite nel momento del bisogno, sono confluite nei personaggi. Non è un'esagerazione affermare che ogni singolo personaggio abbia un serio problema psicologico (o psichiatrico) da affrontare. Dei tentativi in tal senso, a dire il vero, erano già stati fatti in passato, ad esempio nelle prime serie di "Mobile Suit Gundam", in cui la sanità mentale dei protagonisti veniva messa a dura prova dagli eventi. Ma se lì la priorità veniva comunque data alla parte più d'azione, qui è l'esatto contrario.
Shinji, tra un combattimento – traumatico – e l'altro, oltre a dover lottare con la sua dipendenza patologica dagli altri e con la sua scarsa autostima, dovrà fare i conti con i problemi delle persone che gli stanno (o dovrebbero stargli) più vicine. Le altre pilote degli Eva? Una, Rei Ayanami, non sembra provare alcuna emozione; l'altra, Asuka Soryo Langley, al contrario è così esuberante ed orgogliosa che viene da chiedersi se non sia tutta una finzione. Gli adulti, gli unici che potrebbero sostenerlo in questo difficile momento, non sono per niente affidabili: dalla sua tutrice improvvisata, Misato Katsuragi, dalle relazioni incostanti, al padre Gendo, a cui il benessere psico-fisico non sembra importare, passando per la scienziata Ritsuko Akagi, sempre all'ombra di sua madre.
Va detto che, nonostante la buona volontà degli sceneggiatori, non sempre l'introspezione psicologica va a buon fine. Si ha l'impressione, in alcuni casi, che si sia calcata troppo la mano sui problemi mentali: vedi Misato, che oltre ad essere demonizzata per le sue condotte libertine – mentre il suo partner, Kaji, non viene minimamente criticato pur comportandosi molto peggio – si vede cadere dal cielo un'attrazione per Shinji assolutamente ingiustificata. Un altro esempio può essere Asuka, che ha una reazione simil isterica per quasi tutti gli eventi, a prescindere dalla loro reale entità. Per fortuna nei Rebuild queste criticità sono state considerevolmente limate.
Un altro aspetto in cui i Rebuild "hanno la meglio" sull'originale è, naturalmente, il comparto tecnico. Pur difendendosi bene dal punto di vista del character design, infatti, a causa dell'esiguo budget di produzione non mancano nella serie carenze di animazione e scene utilizzate più e più volte. A compensare abbiamo però un ottimo doppiaggio e, sopratutto, una cura certosina nella colonna sonora, davvero efficace.
Neon Genesis Evangelion non è una serie priva di difetti, e potremmo discutere a lungo sull'effettiva utilità dei Rebuild e le ragioni che hanno portato alla loro creazione, tuttavia rimane un prodotto innovativo per i suoi tempi, che ancora oggi ha molto da dire e da dare. Per questo, anche solo per ragioni storiche – se non vedesse nessun altro motivo valido – qualunque appassionato di anime dovrebbe vederlo.
E con questa nota concludiamo questa puntata de "Il Tempio degli Otaku"! Grazie per il sostegno dimostrato sin ora. Ci vediamo la prossima volta, con il centounesimo appuntamento.
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