giovedì 12 giugno 2014

Recensione: L'ultima ragione dei re di Joe Abercrombie



L'ultima ragione dei re, Joe Abercrombie
Gargoyle Extra
881 pagine, 19.90 euro
L’Ultima Ragione dei Re conclude la trilogia della Prima Legge dell’inglese Joe Abercrombie, iniziata con “Il Richiamo delle Spade” e proseguita con “Non prima che siano impiccati”, libri che abbiamo già recensito. Un romanzo di chiusura che porta all’epilogo le disavventure dei vari personaggi, seppur con un ritmo all’inizio poco incisivo, che si riscatta nel finale.

Partiamo dal titolo: l’ultima ragione dei re è la traduzione della locuzione latina ultima ratio regum, che Luigi XIV aveva fatto incidere sui suoi cannoni. Un chiaro riferimento alla forza delle armi, che nelle battaglie di questo romanzo decideranno la sorte dei sovrani del Nord e dell’Unione.

Alla fine del volume precedente, il gruppetto formato da Bayaz, il misterioso Primo Mago, il suo apprendista Quai, l’arrogante spadaccino Jezal dan Luthar, la silenziosa Ferro, il nordico Logen Novedita e il “navigatore” Fratel Piedelungo aveva concluso con esiti negativi la missione di ricerca ai confini del Mondo. Il potente artefatto magico che avrebbe potuto rovesciare le sorti della guerra, il Seme, non si trovava dove Bayaz immaginava, per cui la compagnia si dirige a mani vuote verso Adua, la capitale dell’Unione, per difenderla dalle sterminate truppe Gurkish che premono da Sud, mentre la maggior parte dell’esercito reale è occupata nella guerra contro Bethod nel Nord.

Nel frattempo lo storpio inquisitore Sand dan Glokta si trova in una difficile situazione: deve onorare i suoi doveri non solo verso l'Arcilettore Sult, il suo diretto superiore, ma anche verso la banca Valint & Balk, che gli ha prestato una piccola fortuna per erigere le difese di Dagoska e che ora pretende da lui cieca obbedienza, in cambio del silenzio sulla provenienza del denaro. Glotka risponderà nella maniera a lui più congeniale, con doppi giochi, torture efferate e la consueta macabra ironia che non mancherà di colpire il lettore.

Nel freddo Nord, il comandante West si trova costretto a gestire in prima persona l’organizzazione della guerra contro Bethod, in particolare i rapporti conflittuali fra i diversi stati maggiori che compongono le forze armate dell’Unione, con risultati alterni. Verrà ben presto raggiunto da Logen Novedita, desideroso di chiudere i conti col suo vecchio nemico Bethod, ricordando a tutti l’origine del suo soprannome: “il Sanguinario”.

Luthar, rientrato ad Adua, viene manipolato come un fantoccio da Bayaz, che riesce a presentarlo al popolo come un eroe e successivamente a farlo riconoscere come bastardo del sovrano appena defunto e innalzarlo al trono. Il momento di gloria del nuovo re dura poco: i Gurkish sferrano un massiccio attacco alla capitale, stringendola in un assedio che lascia poche speranze ai difensori, in attesa del ritorno dell’esercito dal Nord.

Il Primo Mago Bayaz si rivela un maestro di trame e intrighi, riuscendo a influenzare e a manovrare, più o meno segretamente, tutti i personaggi più importanti. Con l’aiuto di Ferro, inoltre, studia il modo di sconfiggere le temibili Cento Parole, i servi del profeta Khalul, una forza d’elite che ha corrotto la sua essenza mangiando carne umana: ciò sarà possibile solo violando la Prima Legge, quella che sancisce la separazione fra la nostra realtà e il mondo dell’aldilà, il mondo abitato dai demoni.

Nella parte finale, tutte le storie convergono in un climax di azioni e colpi di scena, ricomponendosi in un disegno corale a partire dalle diverse trame che abbiamo seguito nei tre volumi. Se la prima parte di L’ultima ragione dei re è relativamente lenta, con un ritmo poco soddisfacente, sicuramente il finale concitato, a tratti amaro, fa perdonare l’autore.

I personaggi appaiono meno stereotipati rispetto al secondo libro della saga, guadagnando in profondità e credibilità. Logen Novedita, ad esempio, che sembrava destinato a un percorso di redenzione e cambiamento, stupisce il lettore finendo per tornare ai suoi vecchi costumi, cedendo il passo alla cieca violenza e perdendo tutti i suoi amici. Luthar subisce un destino simile: quando viene nominato sovrano dell’Unione sembra abbandonare il carattere arrogante e pusillanime, per poi rivelare la sua vera natura incontro con Bayaz.

Abercrombie sembra voler suggerire che nella realtà i cambiamenti netti difficilmente accadono, e che ogni vittoria è costellata di tante piccole sconfitte personali unite a molte azioni malvagie, che però passano in secondo piano.

Esemplare è il caso del Mago Bayaz, all’apparenza il primo servitore del bene, che ottiene la vittoria finale e salva l’Unione dalla sconfitta solamente violando Prima Legge - quella che regola l’andamento armonioso del mondo – e uccidendo migliaia di innocenti senza apparenti problemi morali, ingannando o manipolando il popolo con l’illusione del potere e il miraggio del benessere, quando appare evidente che sono il suo denaro e le sue bugie a governare il mondo.

La conclusione del volume è tutto fuorché scontata, non ci sono meritate ricompense per gli eroi, niente lieto fine per le storie d’amore che vedono protagonisti i personaggi e neppure punizioni per chi ha anteposto il proprio tornaconto alle vite di tante persone.

Un finale che ricorda l’uroboro, il serpente che si morde la coda, poiché la fine riporta proprio all’inizio (capirete il perché leggendo la trilogia), e dove il messaggio che passa, come direbbe Logen Novedita, è che bisogna essere realisti e accontentarsi, dopo ogni scontro, di essere ancora in vita. Il classico “e tutti vissero felici e contenti”, in questo mondo corrotto, dove la morale ha un valore relativo e il bene assoluto è un’utopia, in fondo non sarebbe credibile.


Voto: 



Joe Abercrombie

nasce a Lancaster nel 1974. È il 2002 quando, allora studente di Psicologia all’Università di Manchester, pensa di scrivere una trilogia fantasy e inizia la stesura del primo episodio. Trasferitosi a Londra, lavora come montatore freelance e produttore di format televisivi di vario tipo e termina di scrivere quello che diventerà The Blade Itself. Dopo aver incassato lo scetticismo di alcuni degli agenti letterari più influenti del Regno Unito, Gollancz (storica etichetta britannica famosa per essere, tra gli altri, l’editore di George Orwell) ne acquista i diritti, vincolando Abercrombie a pubblicare l’intera serie per un giro d’affari a sette zeri. The Blade Itself (2007) seguono Before They Are Hanged Last Argument of Kings (2008). La trilogia The First Law si rivela un enorme successo tra i lettori anglosassoni. The Blade Itself, in particolare, è un vero e proprio boomerang editoriale: Abercrombie viene riconosciuto come miglior nuovo scrittore fantasy ed è finalista al prestigioso John Campbell Award, moltissimi Paesi inoltre acquistano i diritti del volume. Sempre Gollancz ha pubblicato i romanzi - singoli e ambientati nello stesso mondo di The First Law - Best Served Cold (2009) e The Heroes (2011).

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