Salve a tutti, e benvenuti ad una nuova puntata de “Il Tempio degli Otaku”! Se le scorse settimane ci eravamo dedicati a manga recenti di autrici piuttosto promettenti, questa volta ritorniamo indietro nel tempo, con un vero e proprio caposaldo del genere shojo. Per quanto oggi, quarant'anni dopo, possa sembrare strano, la mangaka Riyoko Ikeda fece molta fatica a trovare un editore disposto ad appoggiare la sua idea: una serie basata sulla biografia di Maria Antonietta di Stefan Zweig, che unisse personaggi storici ad altri fittizi. Non era per niente scontato che il pubblico apprezzasse, eppure fu esattamente quello che accadde. Non si può fare lo stesso discorso, invece, per quanto riguarda l'anime del 1979... quantomeno non in Giappone. In Italia, invece, la serie e la sua omonima protagonista, Lady Oscar, ebbero un grande successo che – anche se ovviamente in chiave minore – dura tutt'oggi. Ma non è di questo che parleremo oggi: è il turno del manga, meno popolare, ma non meno affascinante. Signori e signori, “Lady Oscar – Le rose di Versailles”, di Riyoko Ikeda. Buona lettura!
Per chi si è sintonizzato solo ora, un breve riassunto della trama. Il manga segue l'ascesa di Maria Antonietta da principessa d'Austria a regina della Francia, fino alla sua tragica fine. In questo percorso irto di ostacoli è accompagnata da Oscar François de Jarjayes, una donna allevata da uomo che fa parte della Guardia Reale. Oscar sarà la prima, e forse più sincera, amica della futura regina. Qualche anno più tardi fa la sua comparsa il conte Hans Axel von Fersen, di cui entrambe le donne si innamorano; a vincere il cuore del nobile svedese è Maria Antonietta, ma sarà un amore sofferto ed ostacolato dalle differenze sociali. Nonostante tutto Oscar continua ad essere fedele alla regina, ignorando però che il suo migliore amico, Andrè, prova dei sentimenti per lei. E soprattutto che, al di là di Versailles, il popolo non è più disposto a tollerare una Francia dove la maggior parte dei cittadini vive in condizioni disagiate mentre la nobiltà scialacqua le ricchezze dello stato in nome di privilegi del tutto arbitrari. Una Rivoluzione è ormai solo questione di tempo...
Una tra le prime cose che saltano all'occhio approcciandosi al manga è il titolo, diverso da quello dell'anime: “Le rose di Versailles”. Potrebbe sembrare un dettaglio irrilevante, e invece – questa volta a un'analisi più approfondita – è essenziale nello spiegarci la struttura dell'opera. Potremmo quasi definirla, infatti, corale: l'autrice si sofferma sulle vicende di diversi personaggi e su come queste si intreccino tra loro – le rose di Versailles, appunto. Su chi si concentrano maggiormente i riflettori, però, è Maria Antonietta, il trait d'union della situazione: è lei, in realtà, la protagonista. Non a caso il manga termina con la sua morte, e non quella di Oscar, come invece accade nella controparte animata.
Nonostante sia una delle prime opere di Riyoko Ikeda, la struttura della storia è piuttosto solida, con un ritmo narrativo ben calibrato nell'esigenza di ricoprire un vasto arco di tempo in poche pagine. Inoltre, la presenza di personaggi inventati dalla mangaka non inficia sul godimento della storia, anzi l'arricchisce. Sono da segnalare, però, alcune pecche, come i dialoghi inverosimili – un difetto che si ripresenterà per tutta la carriera della Ikeda – e, soprattutto, la presenza nella parte iniziale dell'opera di numerosi siparietti comici, che stonano con l'atmosfera di grandezza e solennità che si vorrebbe trasmettere. Ad onor del vero, questo riesce decisamente meglio all'anime, vuoi per la regia, per la colonna sonora, o per l'avere più spazio a disposizione. I sopraccitati difetti, comunque, si attenueranno nel corso dell'opera.
Il vero fiore all'occhiello de le “Rose di Versailles” (ehm...), però, è l'introspezione psicologica. Come già accennato, chi ne beneficia di più è Maria Antonietta: passata alla storia come l'emblema della superficialità e della nobiltà insensibile alle esigenze del popolo, la Ikeda ci propone un ritratto più realistico e tridimensionale. Nel corso dei dieci volumi, infatti, la vediamo passare dalla frivola ventenne alle prese con un compito più grande di lei in una sovrana, se non proprio assennata, più responsabile. Soprattutto, però, la vediamo trasformarsi in una donna capace di amare e soffrire con dignità. I suoi errori sono dettati da una generosità e da dei principi morali che, ammirevoli in altri contesti, sono controproducenti nell'ambiente corrotto di Versailles.
Un discorso simile può farsi anche per Oscar. Dotata di un forte senso di giustizia, essa deve quotidianamente scontrarsi con le falsità di corte. Tuttavia, il suo principale conflitto è conciliare la sua parte maschile con quella femminile. Se infatti lei stessa si senta più affine agli uomini che alle donne, l'amore per Fersen le rivela – semmai ce ne fosse bisogno – che Oscar è in realtà una donna che ha bisogno di qualcuno che la ami per quello che è, proprio come chiunque altro. Una verità difficile da accettare per una persona da sempre abituata a contare esclusivamente sulle proprie forze. Ad aggiungere sale sulle ferite l'amore incondizionato di Andrè, che è proprio quella persona che Oscar, inconsapevolmente, sta cercando.
Per quanto riguarda Andrè, ed in generale i personaggi maschili, il quadro non è così positivo: essi risultano infatti un po' bidimensionali, sebbene le loro traversie risultino comunque coinvolgenti. Lo stesso vale per Rosalie, così pura ed innocente da risultare irrealistica. Decisamente più intriganti la sorella Jeanne e la contessa di Polignac, ambiziose e senza scrupoli.
Il tratto di Riyoko Ikeda è decisamente gradevole. Sebbene le fisionomie dei personaggi siano piuttosto simili tra loro, essi hanno una grande espressività, che compensa questo difetto. Inoltre, il contesto storico scelto ben si adatta con le tavole elaborate della mangaka e le sue inquadrature cinematografiche. Uno stile un po' acerbo, quindi, ma non per questo privo di personalità.
Pur essendo inferiore all'anime, il manga di “Lady Oscar” è comunque meritevole di attenzione, sia appunto per fare un confronto con l'anime sia come storia a sé stante, avvincente e curata nei minimi particolari.
...E per oggi è tutto, cari amici. Arrivederci alla prossima volta, con “Il Tempio degli Otaku”!
Da bambina ero patita del cartone animato, ed ho sempre voluto leggere il manga!
RispondiEliminaAnch'io! Credo comunque che l'anime trasmetta meglio l'atmosfera... Ma se capita l'occasione, da leggere anche il manga :-)
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