venerdì 30 maggio 2014

Recensione: Raven Boys di Maggie Stiefvater




Raven Boys, Maggie Stiefvater
Rizzoli
468 pagine, 16.00 euro
Raven Boys (The Raven Boys il titolo originale) è stato salutato dai lettori, americani e non, come un nuovo brillante capolavoro dell'ormai veterana autrice di young adult Maggie Stiefvater. Il fenomeno in Italia è scoppiato soprattutto in rete, grazie all'interessamento di blogger e youtubers che hanno contribuito a far conoscere il libro e a sollecitarne la pubblicazione.  E i romanzi per ragazzi di Rizzoli sono solitamente di ottima qualità (ricordiamo, tra gli altri, Colpa delle stelle, Il circo della notte, Di me diranno che ho ucciso un angelo), per cui non c'era motivo di dubitare che anche questo lo fosse.
In effetti, Raven Boys rappresenta una ventata d'aria fresca nel panorama degli young adult: quasi del tutto assenti le sottotrame romantiche – benché il libro inizi con la raggelante frase «Blue Sargent non ricordava più quante volte le avessero detto che avrebbe ucciso il suo vero amore» –,  ambientazioni che giocano con atmosfere di ispirazione gotica, una linea di esoterismo che sfocia persino nell'animismo – non indugeremo sui motivi per cui degli alberi dovrebbero parlare un maccheronico latino.
Elementi che, a mio parere, hanno fatto gridare al capolavoro soprattutto perché distintivi in un panorama che uccide l'azione e indugia su melensi sentimentalismi inneggianti al primo amore. Se vogliamo guardare al particolare, però, ci accorgiamo che la trama non sempre risulta compatta e che diversi punti morti si succedono per affrettare poi il finale.
La storia si snoda tra il punto di vista di Blue, figlia di una sensitiva, Maura, strettamente legata alla dimensione ultraterrena – da lei esplorata la notte di San Marco grazie a una striscia catalizzatrice di energia che percorre la città di Henrietta, la "linea di prateria" – e quello degli altri personaggi. Già qui possiamo rintracciare un fattore criticabile: i punti di vista sono troppi e troppo confusionari, cambiano all'interno dello stesso capitolo e a volte dello stesso paragrafo senza che risultino coerenti, soprattutto quando a narrare la storia sono i Raven Boys. I Ragazzi Corvo non sono altro che studenti di una scuola prestigiosa, la Anglioby, da cui Blue si preoccupa di stare alla larga. Uno di loro, Gansey, è anche un ragazzo che, per via delle predizioni di Maura,  sappiamo morirà entro l'anno – forse è persino il famoso amore di Blue che lei è destinata a uccidere.
Le storie dei due ragazzi si intrecceranno proprio grazie all' aura di misticismo di cui è impregnato il libro: Gansey sta cercando Glendower, un antico re dormiente da secoli che aspetta di essere risvegliato e che presumibilmente si trova sulla linea di prateria di Henrietta. Suoi migliori amici e seguaci in questa impresa –per motivi assolutamente a noi ignoti – sono Noah, Adam e Ronan.
Seppur contraddistinti da caratteri precisi, i Raven Boys sembrano parecchio approssimati e monolitici: Adam è l'orgoglioso, Ronan il ribelle, Noah il taciturno. Solo in Gansey sono presenti diverse sfumature, e la stessa Blue non riesce a emergere come personaggio. Di lei sappiamo che è cresciuta senza un padre e che è una tipa tosta, ma il suo carattere emerge raramente – per esempio quando fa la conoscenza di Gansey. 
Se d'altra parte pensate che siano questi due i protagonisti del romanzo, non è così: la relazione, che non sboccia mai, dovrebbe infatti intercorrere tra Adam e Blue. Ma il fatto che si intuisca che sia Gansey il vero amore della ragazza fa subodorare un preoccupante triangolo amoroso nei libri successivi.
La narrazione è molto lenta e, paradossalmente, troppo affrettata o omessa per quanto riguarda la relazione tra i personaggi, crea aspettative che non vengono soddisfatte, ha pochi colpi di scena e uno stile che dà problemi di visualizzazione a causa della scarsità delle descrizioni e di scene poco definite.
Un esempio potrebbe essere questo:

Blue chiuse gli occhi. Subito, sentì l’odore della pioggia – non il profumo della pioggia in arrivo, ma l’odore vivo e mutevole di una tempesta in atto, l’odore imprevedibile del vento che smuove l’acqua. Poi si accorse che qualcosa le stava toccando il viso.
Quando aprì gli occhi, scoprì di essere al tempo stesso nel proprio corpo e fuori, intenta a osservarlo dall’esterno, lontana dalla cavità dell’albero. La Blue davanti a lei era in piedi a pochi centimetri di distanza da un ragazzo con un maglione della Aglionby. Era leggermente curvo, e aveva le spalle bagnate dalla pioggia scura. Erano le sue dita che Blue sentiva sul viso. Le stava sfiorando le guance con il dorso delle dita.


Blue è appena entrata nella cavità di un albero che le sta procurando una visione. La scena è totalmente priva di chiarezza: la ragazza non si trova più dentro la cavità dell'albero, ma fuori. Fuori dove? Possiamo dedurre che si trovi in un ambiente all'aperto solo dal fatto che sta piovendo, ma non ci vengono dati altri elementi per visualizzare la scena. 
Lo stile, che comunque è al di sopra di quello sciatto degli young adult, trascura dettagli che rendono l'insieme confusionario – e non possiamo nemmeno ammettere sia particolarmente bello. 
La convergenza degli elementi prima nominati crea però scene particolarmente interessanti, e la storia non proprio comune vale a Raven Boys la sufficienza.

 Voto: 

giovedì 29 maggio 2014

Spin-off di Harry Potter presto al cinema: Gli Animali fantastici: dove trovarli


A cura di Tonino Mangano.

Da parecchio tempo, dopo l’uscita dell’ultimo capitolo della saga cinematografica di Harry Potter, si era sollevato un vero e proprio polverone di notizie intorno al progetto che riguardava una nuova avventura del maghetto più famoso al mondo.
Eppure una verità ancora più inaspettata, che ha lasciato poi il posto a una sensazione di piacevole sorpresa, è andata delineandosi nel tempo e ha preso maggiore consistenza: uno spin-off del mondo inventato dalla Rowling.
Di cosa si tratta esattamente?
A seguito della conclusione della saga letteraria di Harry Potter, J.K. Rowling aveva dichiarato in più interviste la sua intenzione di non dedicarsi a un’ulteriore creazione di avventure per il giovane mago. Il ripiego migliore – se così può essere definito – è stato ritrovato tra le pagine di una delle opere minori della scrittrice britannica: Gli Animali fantastici: dove trovarli [ed. Salani, 2002], pubblicato in Inghilterra nel 2001.

I lettori più accaniti della Rowling sono consapevoli di come sia impossibile creare una storia basandosi sulle parole dell’opera appena citata, visto che questa assume le caratteristiche di una piccola enciclopedia degli animali che popolano il mondo della magia. In realtà, quella che si presume essere una trilogia cinematografica, si incentrerà sulla descrizione della vita e delle avventure di Newt Scamander, pseudonimo con cui la Rowling aveva pubblicato il libro, nonché mago che studia e ricerca le differenti specie zoologiche magiche, per l’appunto un “magizoologo”. Si tratta di una creazione ex novo, che impegnerà in prima persona l’autrice del libro nella stesura della sceneggiatura.

Le vicende che vedranno come protagonista Newt Scamander avranno luogo in un periodo precedente di circa settant’anni alla saga di Harry Potter e, dalle più recenti notizie, si sa che saranno ambientante inizialmente nella New York degli anni Trenta.
La Warner Bros, ancora una volta, ha preso le redini di quello che è ormai il suo cavallo di battaglia per antonomasia, cioè il mondo magico inventato dalla Rowling, affidandone la direzione a Kevin Tsujihara.
La creatrice della scuola di Hogwarts sembra essere entusiasta della scelta, dichiarando che Tsujihara ha avuto la capacità di mettere in scena e fare diventare realtà la sua produzione letteraria.
Attualmente, le ultime notizie che sono trapelate dalle pagine di Variety non parlano ancora del cast, ma è sicura la data di uscita del film: 18 novembre 2016.
È indubbio che queste prime indiscrezioni faranno fremere dall’emozione molti dei più accaniti fan della serie e forse, almeno stavolta, l’originalità del prodotto, che non prende spunto da una trama già scritta in un romanzo, non farà storcere il naso ai più pignoli, che si sono ritrovati a criticare alcune scelte della precedente saga cinematografica.
Sarà una degna sorpresa come solo la Rowling sa crearne o si rivelerà un prodotto che dividerà a metà la critica, come è accaduto con altre opere di scrittori e registi tanto amati dal pubblico?

Non ci resta che scoprirlo in futuro grazie alle rivelazioni dei produttori e della stessa autrice.

martedì 27 maggio 2014

Una marina di libri 2014: 6-8 Giugno alla GAM

Si è tenuta oggi, nei locali del terzo piano della splendida Galleria dell’Arte Moderna di Palermo, la conferenza stampa che ha svelato le iniziative della quinta edizione di Una marina di libri, fiera dell’editoria indipendente di Palermo che avrà luogo dal 6 all’8 Giugno nella splendida cornice dello stesso GAM, coinvolgendo l’intero quartiere della Kalsa. Il comune denominatore dell’incontro è stata la parola “collaborazione”: il festival è diretto dalle case editrici Navarra e Sellerio, che hanno lavorato insieme al Consorzio Centro Commerciale Naturale Piazza Marine & Dintorni per offrire una manifestazione il cui entusiasmo organizzativo si è tradotto in un feedback eccezionale da parte dell’utenza – i visitatori del festival, nel 2013, sono stati circa 10000.
Secondo la direttrice della GAM, Antonella Purpura, Una marina di libri è un nuovo modo di recuperare e valorizzare l’arte del nostro territorio attraverso la letteratura, con un festival che ha riscontrato numerosi consensi, tanto da essere stato inserito da una giuria nazionale tra i dieci migliori festival italiani.
Alla sua voce si aggiunge quella di Alberto Coppola, vicepresidente del CCN e moderatore della conferenza, che ha presentato i vari oratori e ha ricordato, insieme ad Antonio Sellerio e Ottavio Navarra, la grande qualità offerta dal festival nonostante il suo budget molto basso (la kermesse di quest’anno prevede una spesa di circa 15.000 euro, di cui 5000 stanziati dal Comune di Palermo). 
Da sinistra: Antonio Sellerio, Alberto Coppola,
Antonella Purpura e Ottavio Navarra.
“Animazione culturale, relazione e collaborazione sono i punti chiave dai quali deve partire la rinascita della nostra città” ha dichiarato Michele Pavia,  presidente del CCN, al quale ha fatto eco Ottavio Navarra, per cui “quella che sembrava un’idea folle è diventata un luogo d’incontro, elaborazione, confronto e dialogo partendo da uno strumento demonizzato dalla contemporaneità quale il libro. (…) La scommessa è culturale e verte sul pluralismo dell'informazione partendo dall’editoria indipendente”. Dello stesso avviso anche Manfredi Lombardo, presidente dell’Arci Blowup e organizzatore degli eventi che animeranno le serate della Marina, convinto che “grazie alla manifestazione, Palermo respira un’aria europea. (…) Questa capacità di collaborazione deve essere istituzionalizzata e implementata, creando basi forti”.
Ha chiuso la conferenza stampa Maria Gianbruno, ex presidente del CCN, tra i fondatori della manifestazione, visibilmente commossa, che ha parlato della difficoltà della promozione dello sviluppo culturale in una città come Palermo che “ha tutti i crismi per candidarsi a capitale della cultura libraria”.
Saranno 53 le case editrici indipendenti di tutta Italia coinvolte nella manifestazione, tra le quali spiccano Edizioni di passaggio, Edizioni e/o, Iperborea, Marcos y Marcos, Minimum fax, Nottetempo e Voland.
Grandi scrittori attesi, invece, per questa edizione, a cominciare da Andrea Cammilleri che aprirà la serie di appuntamenti pomeridiani venerdì 6 giugno alle 19 con la presentazione del suo ultimo romanzo, La piramide di fango, alla quale seguirà la proiezione di una puntata della fiction sul commissario Montalbano tra quelle votabili sulla pagina facebook della Sellerio Editore. Tra gli ospiti anche Simonetta Agnello Hornby, Alicia Giménez Bartlett, Ester Rizzo, Neige De Benedetti, Adriano Sofri, Carlo D’Amicis, Andrea Cortellessa, Giovanni Renzo, Emiliano Erredia, Davide Orecchio, Livio Sossi, Marco Steiner, Davide Camarrone, Filippo Nicosia, Francesco Abbate e Renato Polizzi.
La cartellina per la stampa con il programma
e le informazioni della quinta edizione.
Non solo incontri con gli autori, ma anche reading e spazi di dibattito, nonché la novità di quest’anno, l’Edicola, dove scrittori e giornalisti si confronteranno sulle notizie culturali dei quotidiani.
Si è voluto arricchire il programma di animazione per i più piccoli con un percorso che ha per tema il libro, al quale sarà possibile partecipare dalle 10 alle 13. Manca, invece, il Librogame, gara che fino all’anno scorso ha coinvolto i ragazzi in età universitaria per la conquista di una pila di libri messi a disposizione dalle case editrici partecipanti.
Vi ricordo che, durante tutta la durata del festival, la Galleria d’Arte Moderna rimarrà aperta al pubblico sino alle 22 e potrà essere visitata gratuitamente.
Vi invito a visitare il sito ufficiale della manifestazione per visionare il programma completo (in aggiornamento sul sito http://unamarinadilibri.it/).




lunedì 26 maggio 2014

Il tempio degli otaku #96: “Lady Oscar" di Riyoko Ikeda








Salve a tutti, e benvenuti ad una nuova puntata de “Il Tempio degli Otaku”! Se le scorse settimane ci eravamo dedicati a manga recenti di autrici piuttosto promettenti, questa volta ritorniamo indietro nel tempo, con un vero e proprio caposaldo del genere shojo. Per quanto oggi, quarant'anni dopo, possa sembrare strano, la mangaka Riyoko Ikeda fece molta fatica a trovare un editore disposto ad appoggiare la sua idea: una serie basata sulla biografia di Maria Antonietta di Stefan Zweig, che unisse personaggi storici ad altri fittizi. Non era per niente scontato che il pubblico apprezzasse, eppure fu esattamente quello che accadde. Non si può fare lo stesso discorso, invece, per quanto riguarda l'anime del 1979... quantomeno non in Giappone. In Italia, invece, la serie e la sua omonima protagonista, Lady Oscar, ebbero un grande successo che – anche se ovviamente in chiave minore – dura tutt'oggi. Ma non è di questo che parleremo oggi: è il turno del manga, meno popolare, ma non meno affascinante. Signori e signori, “Lady Oscar – Le rose di Versailles”, di Riyoko Ikeda. Buona lettura!

Per chi si è sintonizzato solo ora, un breve riassunto della trama. Il manga segue l'ascesa di Maria Antonietta da principessa d'Austria a regina della Francia, fino alla sua tragica fine. In questo percorso irto di ostacoli è accompagnata da Oscar François de Jarjayes, una donna allevata da uomo che fa parte della Guardia Reale. Oscar sarà la prima, e forse più sincera, amica della futura regina. Qualche anno più tardi fa la sua comparsa il conte Hans Axel von Fersen, di cui entrambe le donne si innamorano; a vincere il cuore del nobile svedese è Maria Antonietta, ma sarà un amore sofferto ed ostacolato dalle differenze sociali. Nonostante tutto Oscar continua ad essere fedele alla regina, ignorando però che il suo migliore amico, Andrè, prova dei sentimenti per lei. E soprattutto che, al di là di Versailles, il popolo non è più disposto a tollerare una Francia dove la maggior parte dei cittadini vive in condizioni disagiate mentre la nobiltà scialacqua le ricchezze dello stato in nome di privilegi del tutto arbitrari. Una Rivoluzione è ormai solo questione di tempo...

Una tra le prime cose che saltano all'occhio approcciandosi al manga è il titolo, diverso da quello dell'anime: “Le rose di Versailles”. Potrebbe sembrare un dettaglio irrilevante, e invece – questa volta a un'analisi più approfondita – è essenziale nello spiegarci la struttura dell'opera. Potremmo quasi definirla, infatti, corale: l'autrice si sofferma sulle vicende di diversi personaggi e su come queste si intreccino tra loro – le rose di Versailles, appunto. Su chi si concentrano maggiormente i riflettori, però, è Maria Antonietta, il trait d'union della situazione: è lei, in realtà, la protagonista. Non a caso il manga termina con la sua morte, e non quella di Oscar, come invece accade nella controparte animata.
Nonostante sia una delle prime opere di Riyoko Ikeda, la struttura della storia è piuttosto solida, con un ritmo narrativo ben calibrato nell'esigenza di ricoprire un vasto arco di tempo in poche pagine. Inoltre, la presenza di personaggi inventati dalla mangaka non inficia sul godimento della storia, anzi l'arricchisce. Sono da segnalare, però, alcune pecche, come i dialoghi inverosimili – un difetto che si ripresenterà per tutta la carriera della Ikeda – e, soprattutto, la presenza nella parte iniziale dell'opera di numerosi siparietti comici, che stonano con l'atmosfera di grandezza e solennità che si vorrebbe trasmettere. Ad onor del vero, questo riesce decisamente meglio all'anime, vuoi per la regia, per la colonna sonora, o per l'avere più spazio a disposizione. I sopraccitati difetti, comunque, si attenueranno nel corso dell'opera.

Il vero fiore all'occhiello de le “Rose di Versailles” (ehm...), però, è l'introspezione psicologica. Come già accennato, chi ne beneficia di più è Maria Antonietta: passata alla storia come l'emblema della superficialità e della nobiltà insensibile alle esigenze del popolo, la Ikeda ci propone un ritratto più realistico e tridimensionale. Nel corso dei dieci volumi, infatti, la vediamo passare dalla frivola ventenne alle prese con un compito più grande di lei in una sovrana, se non proprio assennata, più responsabile. Soprattutto, però, la vediamo trasformarsi in una donna capace di amare e soffrire con dignità. I suoi errori sono dettati da una generosità e da dei principi morali che, ammirevoli in altri contesti, sono controproducenti nell'ambiente corrotto di Versailles.
Un discorso simile può farsi anche per Oscar. Dotata di un forte senso di giustizia, essa deve quotidianamente scontrarsi con le falsità di corte. Tuttavia, il suo principale conflitto è conciliare la sua parte maschile con quella femminile. Se infatti lei stessa si senta più affine agli uomini che alle donne, l'amore per Fersen le rivela – semmai ce ne fosse bisogno – che Oscar è in realtà una donna che ha bisogno di qualcuno che la ami per quello che è, proprio come chiunque altro. Una verità difficile da accettare per una persona da sempre abituata a contare esclusivamente sulle proprie forze. Ad aggiungere sale sulle ferite l'amore incondizionato di Andrè, che è proprio quella persona che Oscar, inconsapevolmente, sta cercando.
Per quanto riguarda Andrè, ed in generale i personaggi maschili, il quadro non è così positivo: essi risultano infatti un po' bidimensionali, sebbene le loro traversie risultino comunque coinvolgenti. Lo stesso vale per Rosalie, così pura ed innocente da risultare irrealistica. Decisamente più intriganti la sorella Jeanne e la contessa di Polignac, ambiziose e senza scrupoli.

Il tratto di Riyoko Ikeda è decisamente gradevole. Sebbene le fisionomie dei personaggi siano piuttosto simili tra loro, essi hanno una grande espressività, che compensa questo difetto. Inoltre, il contesto storico scelto ben si adatta con le tavole elaborate della mangaka e le sue inquadrature cinematografiche. Uno stile un po' acerbo, quindi, ma non per questo privo di personalità.

Pur essendo inferiore all'anime, il manga di “Lady Oscar” è comunque meritevole di attenzione, sia appunto per fare un confronto con l'anime sia come storia a sé stante, avvincente e curata nei minimi particolari.

...E per oggi è tutto, cari amici. Arrivederci alla prossima volta, con “Il Tempio degli Otaku”!

venerdì 23 maggio 2014

Recensione: Scompartimento n. 6 di Rosa Liksom


Scompartimento n. 6, Rosa Liksom
Iperborea
240 pagine, 15.00 euro
Mosca, anni ’80, sul leggendario treno della Transiberiana diretto a Ulan Bator, in Mongolia, due estranei si trovano a condividere lo stesso scompartimento: una timida e taciturna studentessa finlandese e un violento proletario russo dall’inesauribile sete di vodka. Nell’intimità forzata del piccolo spazio chiuso la tensione sale. Lui è uno sciovinista, misogino, antisemita, avvezzo al carcere e ai campi di correzione, ma con l’irriducibile passione per la vita di chi si aggrappa agli istinti bruti per non cedere al vuoto che lo circonda. Vede il fallimento del sogno sovietico, la deriva della grande madre Russia, ma non può che difenderla con la disperazione di un amore deluso. Lei è tormentata dai ricordi del suo ragazzo moscovita, uno studente che si è finto pazzo per non combattere in Afghanistan ed è impazzito nel manicomio dove l’hanno rinchiuso, lasciandola piena di domande senza risposta nella terra che l’ha sedotta. È l’anima di questa terra a pulsare nelle sconfinate distese che il treno attraversa, nei villaggi divorati dal degrado e dalla taiga innevata, nelle città chiuse dei deportati e degli scienziati, nel mosaico di identità e popoli di una Siberia in cui tutto è estremo. Con un realismo crudo che trasuda poesia, Rosa Liksom racconta l’incontro tra due destini, tra l’universo maschile e femminile, ma soprattutto il viaggio attraverso la fine di un impero che sembra sciogliersi in fanghiglia ai primi segni del disgelo, nel cuore di un popolo disilluso e fiero, rude e sentimentale, rassegnato e ribelle, che vive nella perenne nostalgia del passato e del futuro, nell’eterno sogno cechoviano “A Mosca! A Mosca!”.



Scompartimento n. 6 è uno di quei libri che, sebbene dotati di una trama apparentemente semplice, creano difficoltà al lettore soprattutto per via dello stile. Priva di un inizio e un epilogo ben definiti, la storia ruota infatti intorno a un viaggio lungo la strada ferrata che conduce un treno da Mosca fino alla stazione mongola di Ulan Bator, su molte miglia che costeggiano la zona climatica della tundra, nelle sterminate distese siberiane.
L’ impianto della storia si basa su un’analisi introspettiva che ricorre molto spesso a flashback, rendendo poco frequenti i colpi di scena e i dialoghi tra i due protagonisti: una ragazza finlandese, appartenente a un popolo che tenta di sottrarsi alle mire espansionistiche del blocco sovietico e all’influenza della NATO, che rimane silente per tutto il corso del racconto e cerca solo una pietra incisa situata in uno dei villaggi mongoli nel circondario di Ulan Bator; e Vadim, uno stakanovista, un lavoratore con l’animo forgiato dalle privazioni di una vita vissuta nella miseria, abbandonato dalla famiglia in gioventù e dedito ai piaceri del sesso, che passa dalle prostitute alla vodka, dai lavori fisici prostranti alla detenzione nei terribili campi di correzione, i gulag.
Le descrizioni del paesaggio che scorre fuori dai finestrini del treno si permeano di una potenza poetica inaudita, abbracciando, a tratti, anche la tecnica del correlativo oggettivo, tramite cui il paesaggio esterno appare come una manifestazione dei sentimenti che la ragazza prova.
Il problema che potrebbe sorgere durante la lettura risiede nella struttura del testo. Alle volte Rosa Liksom lascia solo intendere, con riferimenti fin troppo impliciti, ciò che potrebbe essere accaduto in alcune scene del racconto, mentre alcuni passaggi dal mondo interiore della ragazza non sono nettamente distinti con quelli che si collocano invece nel tempo della narrazione, così da causare anche a una certa confusione fra introspezione e vita vissuta sul treno e nelle varie stazioni.
Il complesso narrativo si basa su questi pochi accorgimenti, ma le parole di uso comune e dal basso registro linguistico riescono a scavare molto meglio nella psicologia di questi suoi personaggi e, soprattutto, nella mentalità di un’intera nazione, l’URSS degli anni Ottanta, periodo in cui si svolge la vicenda.
Ciò che si evince dal testo è una dicotomia di amore e odio/disillusione nei confronti della “grande madre Russia”, un gigante dai piedi di argilla che dimostra un invidiabile progresso nell’industria aerospaziale, ma che allo stesso tempo mostra la sua faccia più misera, vividamente palesata agli occhi del lettore con le descrizioni degli uomini e delle donne che riempiono la scena di Scompartimento n. 6.
È Vadim quello che incarna meglio questa contrapposizione. In lui si condensa un patriottismo che abbraccia un comportamento anche xenofobo nei confronti degli altri popoli che compongono la federazione russa e, nonostante potrebbe sembrare uno stereotipo, lo stesso Vadim rappresenta lo spirito sregolato dei popoli dell’est che convive con un animo molto più profondo di quanto potrebbe apparire inizialmente.
Scompartimento n. 6 è un vero e proprio ritratto della società sovietica degli anni Ottanta, in cui si estrinsecano le contraddizioni tipiche del modello sovietico negli ultimi anni della sua esistenza. Il dato storico in mano alla Liksom permette di delinearne al meglio i caratteri: è emozionante osservare e sentire, per mezzo di questa lettura, gli aneliti dei russi a un futuro migliore, a una rinascita che scaturisca da quella sensazione di confusione prima della conclusione di un’epoca difficile, in cui la compresenza di splendore e miseria si manifestano persino nella differenza tra la bellezza sfarzosa di Mosca e l’infima, ma estremamente selvaggia e estasiante, natura dei piccoli villaggi delle zone rurali della Russia asiatica.
Nonostante l’indiscutibile tocco poetico che Rosa Liksom riesce a dare alla narrazione, l’unica pecca è rappresentata dalla tecnica prima descritta e connaturata nello stile dell’autrice: è, come detto prima, la flebile distinzione tra mondo interiore ed esteriore e l’omessa e implicita descrizione di quanto accade in alcuni episodi che rendono il racconto poco chiaro.

Questo particolare non inficia in modo del tutto negativo il giudizio di un romanzo, che rimane comunque gradevole e profondo nel suo complesso.

 Voto: 


A cura di Tonino Mangano

mercoledì 21 maggio 2014

W...w...w... Wednesday! (59)




www...wednesdays è stato creato da MizB di ShouldBeReading


What are you currently reading? (Cosa stai leggendo?)
What did you recently finish reading? (Quale libro hai finito di recente?)
What do you think you’ll read next? (Quale libro pensi sarà la tua prossima lettura?)




E' bizzarro che aggiorni questo appuntamento a un mese di distanza dall'ultimo, visto che nel frattempo ho letto 8 libri da allora. La TBR ovviamente non è stata rinnovata perché non riesco a rientrare in queste logiche. MA ci riproverò appena finita la sessione d'esami - che, a proposito, non mi farà leggere tanto e quindi soffrirò. Ordunque, dopo Lolita, che era in lettura l'ultima volta, ho finito Sostiene Pereira di Antonio Tabucchi, Dove eravate tutti di Paolo Di Paolo, Oh, boy! di Marie-Aude Murail, Non ci sono solo le arance di Jeanette Winterson, L'ultimo giorno di un condannato a morte di Victor Hugo, La principessa di Clèves di Madame de La Fayette, i Racconti di Cechov (che avevo lasciato a metà) e Fedra di Racine. Non è stato un mese molto fortunato: dopo una sfilza di quattro stelle sono cominciate ad arrivare le tre (Di Paolo,  Mme de La Fayette, Racine) e le due (Winterson, Murail). Ho ancora in lettura L'incredibile viaggio del fachiro che restò chiuso in un armadio Ikea di Romain Puértolas (mamma mia che palle...), sono arrivata a metà e lo leggo con sofferenza ogni tanto. Sono poi in quel particolarissimo quanto raro momento tra la fine della lettura di un libro e l'inizio dell'altro - raro perché io ne comincio uno appena finisco il precedente - per cui devo ancora cominciare quello in lettura, se si esclude il sopracitato Puértolas. Ho una vasta scelta - direi vastissima dopo compleanno appena passato e gita al Salone - e sono indirizzata verso libri abbastanza brevi: Trilogia di New York di Auster, Il mondo nuovo di Huxley e Stoner di Williams. Cosa mi consigliate?  

What are you currently reading?

L'incredibile viaggio del fachiro che restò chiuso in un armadio Ikea


What did you recently finish reading?



What do you think you’ll read next?


lunedì 19 maggio 2014

I libri di Jefferey Deaver boicottati da Amazon: è guerra con Hachette


Ha avuto inizio l'ennesima guerra che vede protagonisti un grosso editore e un grosso rivenditore. Di chi stiamo parlando? Ma di Amazon, naturalmente.
Qualche giorno fa Jefferey Deaver, scrittore statunitense di romanzi thriller, con oltre una trentina di best-seller all’attivo, ha annunciato ai suoi fan di Facebook l’uscita di “The Skin Collector” (“Il collezionista di pelli”) con un post che lascia un po’ di amaro in bocca…



Deaver comunica ai lettori clienti di Amazon che ci potrebbero essere delle difficoltà nell’acquisto dei suoi titoli. Da venerdì scorso, infatti, è iniziata una vera e propria guerra tra Amazon e il gruppo editoriale francese Hachette. Qual è l’origine di questo conflitto? Pare che la disputa abbia radici nel mancato accordo contrattuale tra Amazon e Hachette Book Group. Il primo cercava di ottenere condizioni di vendita più vantaggiose, ma il secondo si è tirato indietro, causando la reazione di Amazon che ha iniziato a tagliare la strada alle pubblicazioni del gruppo editoriale francese. Amazon controlla circa un terzo del mercato dei libri e di certo non se ne può fare a meno. E se all’inizio la vendita online rappresentava un’opportunità per molti editori e le condizioni erano vantaggiose, ora il gigante di Seattle sembra voler spremere fino all’ultima goccia editori e autori.
Non è la prima volta che Amazon chiude le porte a chi non accetta le sue condizioni. Il Guardian ricorda almeno altri due casi simili: la scomparsa nel 2010 del pulsante “Buy new” dalle pagine che ospitavano i titoli di Macmillan e la rimozione di migliaia di ebook di editori indipendenti nel 2012.

Questa volta la guerra si combatte su due fronti. Il primo è, ovviamente, quello dei prezzi: “Similar items at a lower price” (simile ma più economico) è il suggerimento che Amazon dà ai suoi clienti quando visitano la pagina che presenta l’ultimo romanzo di Jeffery Deaver, “The Skin Collector” (Il collezionista di pelli), sequel del celeberrimo “Il collezionista di ossa”, il primo romanzo del ciclo dedicato a Lyncoln Rhyme, da cui è stato tratto un film nel 1999 diretto da Phillip Noyce, con Denzel Washington nei panni di Lincoln Rhyme, un brillante detective della polizia scientifica rimasto paralizzato durante un incidente in missione.
Il secondo, quello dei tempi di consegna. Se il prezzo non basta a scoraggiare i potenziali acquirenti allora Amazon ci prova con i tempi avvertendo il cliente che il libro potrebbe tardare settimane ad arrivare. E si sa, la pazienza non è certo la virtù degli avidi lettori di thriller.
A farne le spese - naturalmente – sono sempre gli autori. Secondo il Guardian, anche i volumi di JD Salinger, James Patterson e Iain Banks sono entrati nel mirino del grosso rivenditore online, con ritardi annunciati che vanno dalle due alle tre settimane. Altri autori, per fortuna, sono stati per ora risparmiati.>Gli autori sono furiosi e Deaver, maestro dei raggiri e dei colpi di scena, non ha tardato a farlo sapere ai suoi fan. Non saranno certo i suoi libri a essere “lasciati indietro”. Lo sanno bene i fedelissimi di Deaver che non si accontentano di ciò che è simile. Rimane da chiedersi se questi giochetti alla larga non andranno a discapito dello stesso Amazon, il cui comportamento appare del tutto inaccettabile e il monopolio sempre più invadente. 


A cura di Paola Buoso.

sabato 17 maggio 2014

Recensione: La spada di Allah di Francesca Rossi




La spada di Allah, Francesca Rossi
La mela avvelenata
31 pagine, 0,99 euro
Disponibile solo in eBook
Quando ho deciso di leggere “La spada di Allah”, racconto ucronico di Francesca Asia Rossi, l'ho fatto spinta dall'interesse per il genere: come ho già avuto modo di scrivere in occasione del mio articolo su “Lui è tornato”, Er Ist Wieder Da, romanzo di Vermes incentrato sul risveglio di Adolf Hitler ai giorni nostri), amo la ficton “storica”, per così dire, un modo di ravvivare l'interesse, anche se indiretto, verso la storia, utilizzandola, plasmandola, impedendole così di cadere nell'oblio: impossibile da cambiare, ben venga chi, pur di non dimenticarla, decide di scuotere le coscienze presentando una propria versione.
spinta dall'interesse per il genere: come ho già avuto modo di scrivere in occasione del mio articolo su “Lui è tornato” (Er Ist Wieder Da, romanzo di Vermes incentrato sul risveglio di Adolf Hitler ai giorni nostri), amo la ficton “storica”, per così dire, un modo di ravvivare l'interesse, anche se indiretto, verso la storia, utilizzandola, plasmandola, impedendole così di cadere nell'oblio: impossibile da cambiare, ben venga chi, pur di non dimenticarla, decide di scuotere le coscienze presentando una propria versione.

La domanda da cui si dipana la trama del racconto è intrigante: “Che cosa sarebbe accaduto se l'Impero Ottomano avesse conquistato Vienna, in quel fatidico 11 settembre 1683, quale sarebbe stato il destino del mondo?”
Chissà se il mondo sarebbe stato migliore, o peggiore, o chissà... è proprio questo uno degli aspetti validi del racconto: l'autrice non descrive approfonditamente come si trasforma l'Europa sotto lo scudo dell'Islam e non dà valutazioni, ma racconta le vicende di singoli personaggi inseriti (da attori principali o semplicemente figure comprimarie) in questa conquista, che fa quasi da sfondo.

Tra i protagonisti de “La spada di Allah” spicca soprattutto il malvagio Ibrahim, consigliere del sultano e figura oscura legata al mondo degli jinn; affiancato da Sharif, spregiudicato e crudele principe dell'Impero Ottomano che succede al padre Mehmed IV, e dal giovane Abdallah, originariamente promesso sposo di Nour, sorella di Sharif che però la cede a Ibrahim. L'autrice è abile nel tratteggiare le caratteristiche di questi personaggi chiave: con poche, sapienti frasi, il risultato è un bozzetto comunque molto vivido ed efficace.
Prendiamo il caso di Ibrahim: pochi attimi prima di uccidere il suo sovrano Mehmed IV pronuncia una breve battuta, una frase che rende bene la natura ambiziosa e manipolatrice dello scaltro consigliere: “... la mia essenza è immutabile dall'inizio del mondo! Nera come la notte, tremenda come la morte, inarrestabile come il tempo” (pag. 9).

Apprezzatissima è anche l'introduzione dell'elemento sovrannaturale, che permea l'intero racconto e gioca un ruolo fondamentale nella conquista di Vienna a opera degli Ottomani: Ibrahim, anima malvagia, stregone dagli oscuri legami con l'aldilà, permette il trionfo dell'esercito ottomano con quello che gli alchimisti europei chiamavano homunculus, reso vivo e implacabile grazie al potere di un jinn.
Altro elemento ultraterreno, capace di cambiare l'intera sorte della vicenda, è proprio la spada di Allah, arma suprema che potrà essere impugnata per sconfiggere il male solo da chi ha un cuore puro, ma soprattutto è capace di confrontarsi con la propria coscienza, prendere atto dei propri errori e guardare al futuro.
Francesca Asia Rossi è piuttosto competente nell'uso della lingua, efficace nelle sue descrizioni, peccato che a pagina 21 incappi in un errore grammaticale ahimè piuttosto grossolano: l'uso del pronome personale “gli” al posto di “le” riferendosi alla principessa Noor. Un peccato davvero, perché sporca una prosa altrimenti molto buona.

“La spada di Allah” si merita comunque una sufficienza piena: per l'idea originale e accattivante, il tono spesso magico e il vivido tratteggio dei personaggi.   

 Voto: 




venerdì 16 maggio 2014

Salone del libro 2014: fatti, persone, libri



Visioni conturbanti al Salone...
Avrete sentito narrazioni epiche sull'adrenalinica esperienza del Salone del Libro di Torino: passaggi edenici, illuminazioni nirvaniche, templi consacrati a divinità librarie dove recarsi in preghiera.
Ebbene, il Salone del libro non è niente di tutto questo.
È Caos.
È un labirinto infernale dalle cui pareti sbucano demonietti della Mondolibri che cercano di convincerti a concludere il contratto.
È una palestra no-stop con il tapis roulant che si attacca alla suola delle scarpe e da cui non puoi scollarti.
L'immersione è soffocante, in parte eccitante - soprattutto quando individui lo stand del Libraccio e vi trascorri due ore, come nel caso della sottoscritta - ma, credetemi, assolutamente totalizzante: così non immaginate il Salone come il Paradiso Perduto, ma piuttosto come l'Averno Ritrovato.
Tentativi indotti di follia e di ubiquità sono dati dai numerosissimi incontri interessanti allo stesso giorno e allo stesso orario, prestazioni fisiche eccellenti vengono richieste per sostenere la mole di libri durante tutto il corso della giornata. Solo i migliori resistono. Solo i migliori affronteranno il bagno di folla e ne usciranno purificati.
Ordunque, la mia esperienza al Salone è stata di siffatta natura, ha sviluppato le mie capacità orientative - che sono assolutamente scarse -, ha rinforzato i miei bicipiti e ha allargato la mia scatola cranica con nuovi titoli, nuovi nomi, nuove persone, nuove idee.
Sarebbero tantissime le cose da citare, ma mi limiterò a fatti, libri, persone.

Persone:

Il Salone è stata una bellissima occasione per incontrare appassionati che conosco da tempo su facebook e che hanno la mia stima. Non ho trascorso più di un'ora da sola, nonostante mi recassi tutti i giorni al Salone senza qualcuno che mi accompagnasse. In particolare, un grazie per la squisita compagnia è da tribuire a Ilenia Zodiaco, Marco Locatelli, Andrea Pennywise, Spiccy Cullen, Diana D'ambrosio (per il gruppo "youtubers", con cui ho trascorso la gran parte del mio tempo), Elisabetta/Ossimoro del blog Diario di pensieri persi, Sonia De Risi (Cuore d'inchiostro), Camilla Pelizzoli (Bibliomania), La Leggivendola, Mel e Mys di The Bookshelf e innumerevoli persone che ho soltanto salutato (spero di non averne dimenticata qualcuna). 
Ma al Salone devo l'incredibile incontro con Roberto Calasso in seguito a un evento organizzato per la commemorazione dei cinquant'anni di attività di Adelphi (ero seduta in seconda fila, accanto a un tizio sicuramente importante ma che non avevo la minima idea di chi fosse, e l'emozione di avere una persona di altissima caratura a due metri da me - una persona che rappresenta l'esatto ideale che ho di editoria - mi stava sopraffacendo. Dopo sono riuscita a strappargli una foto, ovviamente venuta in modo pessimo, e anche un commento destabilizzante sulla mia impossibile tesi di laurea, per cui probabilmente l'ho amato ancora di più.) I contenuti dell'evento riguardavano il catalogo di Adelphi, l'editoria di Adelphi - un mestiere, dice Calasso, che si tramanda oralmente, piena di segreti che mai si troveranno sui manuali e sui libri - e l'ideologia, con un cappello iniziale dedicato ai libri brutti, "talvolta repellenti", che si trovano in libreria, frutto anche di una richiesta di pubblico che li predilige - alla domanda di Teresa Cremisi se "bello" e "brutto" non fossero una concezione elitaria della vita, Calasso ha risposto che rappresentano più che altro un rischio, quello di porre sotto i riflettori un oggetto che verrà interpretato come l'uno o come l'altro. E che comunque, citando Patagonia di Chatwin, "snob e dandismo sono un'approssimazione verso la santità".
La Porta-Di Paolo-Culicchia
Altre personalità che ho ascoltato e visto al Salone sono state Paolo Di Paolo (tanto amore anche per lui, si è addirittura ricordato della recensione sul blog...), Filippo La Porta (tanta, TANTA stima) Alberto Asor Rosa (che parla ovunque come se stesse tenendo un convegno all'università, e questo non mi dispiace), Luigi Spagnol (che in quanto a eloquenza oratoria dovrebbe prendere lezioni da Asor Rosa...), Stefano Bartezzaghi (curatore della nuova traduzione di Harry Potter), Emanuele Trevi, Giorgio Vasta, Tommaso PincioFrancesco Pecoraro,  Chiara Valerio, Valeria Parrella, Francesco Piccolo e immancabilmente Di Gennaro e Cassini di Mimimum Fax. Per non parlare di Giuseppe Culicchia, che correva da una parte all'altra del Salone per presentare e moderare questo o quell'incontro - usando rigorosamente le stesse parole in ognuno -, perfettamente abbinato in ogni singolo aspetto del look (potrebbe sconvolgervi il fatto che i rombi dei calzini avessero lo stesso colore della giacca e delle minuscole linee orizzontali della cravatta...)


Fatti:

Mauri-Culicchia-Asor Rosa
(Prego, notate l'abbinamento giacca/cravatta/calzini!)
I "fatti" - ve ne nomino solo alcuni - riguardano più che altro gli incontri: oltre al già citato Calasso, ho visto per metà l'intervento, davvero terribile, di Sandra Furlan e Edoardo Brugnatelli. La Furlan, responsabile del progetto eBook per la Divisione Libri Trade Mondadori, ha parlato del mercato digitale americano (come sapete molto più inflazionato rispetto a quello italiano) e dei tentativi che stanno facendo per portarvi Camilleri, Licia Troisi, Fabio Volo e Alessandro D'Avenia. Nonostante si tratti di eBook, però, sappiate che purtroppo i blogger americani vogliono le copie cartacee, che loro stanno quindi facendo stampare appositamente. Colgo l'occasione per fare un sentito grazie a Mondadori, che per i blogger italiani non ha nemmeno lontanamente questa cura e a cui si ostina a propinare gli eBook. Forse dovrebbero anche gli italiani cominciare a pretendere di essere trattati come i colleghi americani?

Pincio-Cortellessa-Pecoraro-Trevi
Altrettanto terribile è stato l'evento di venerdì, presso la Sala Professionali, su "Lo stato delle cose. Presente e futuro del libro in Italia": Roberto Montroni, Antonella Agnoli, Maurizio Gatti e Aldo Addis non hanno fatto altro che battibeccare tutto il tempo sulle soluzioni per riportare in auge la cultura libraria in Italia. Se il primo insisteva sull'importanza dei libri in piazza, delle "città del libro" per incuriosire i non lettori alla lettura e sulla forza del volontariato (cosa a dir poco ridicola) la seconda, dopo un preambolo imbarazzantissimo sullo stato delle Biblioteche al Sud e soprattutto in Sicilia, ha focalizzato l'attenzione sull'importanza di rafforzare le infrastrutture per renderle centro e punto d'incontro della comunità cittadina.
Altri "fatti" riguardano i bellissimi incontri all'insegna del titolo "Abbecedario", che ho seguito quasi tutti e che miravano a riproporre autori e libri italiani di valore, per lo più dimenticati o passati sotto silenzio, su consiglio di esperti e scrittori. E, inoltre, la presentazione di Loredana Lipperini e della sua "Pupa", un libro illustrato da Paolo D'Altan per bambini e pre-adolescenti. Un incontro emozionante che mi ha fatto rimpiangere di non aver acquistato il libro.
La location del party Minimum Fax
Il fatto più importante di tutti è stato però la festa strabiliante di Minimum Fax, organizzata a Villa Esperia/Circolo dei canottieri. Non sapevo davvero cosa aspettarmi quando ho preso il flyer presso lo stand al Salone - anche se l'effetto "Mirrorball" dell'invito doveva suggerirmi qualcosa... - e l'impressione nel corso della serata è stata quella di trovarmi in una scena de "La grande bellezza", con lo stesso aspetto un po' decadente che si rifletteva nei ballerini quarantenni dotati di pancia. "Ballerini" è, ovviamente, un' iperbole che conferma un'idea che mi sono fatta da tempo: i letterati/umanisti/editori non sanno ballare. Sono maledettamente calcolati, tenuti a freno da loro stessi, agili come bradipi. Eccezione fanno gli alcol-muniti, anche sin troppo sciolti tra slinguazzamenti vari e musica a palla che stordiva. 
Voto alla festa Minimum Fax: 10.
 Se non ci siete mai andati, andate! Dopo non vedrete più l'editoria con gli stessi occhi.

Libri: 

Questa è la parte dolente (per me si va nell'etterno dolore/per me si va tra la perduta gente). Il numero dei libri che ho acquistato è decisamente inferiore a quello che avrei voluto, per questioni di denaro e/o spazio in valigia. I libri presi, escluso quello di cucina dal peso di circa 1 kg e il flipback che davano allo stand Mondadori, sono stati questi:



Le correzioni, Il mondo nuovo, American Gods sono stati acquistati al Libraccio - fanno parte di quei titoli che vorrei sempre acquistare ma che costano troppo singolarmente e che non mi preoccupo mai di prendere, avendoli già in eBook -, Tropico del Cancro è merito di una delle bancarelle di Via Po che aveva tantissime di queste edizioni  "Biblioteca di Repubblica" che mi piacciono un sacco e prendo quando ne ho l'occasione (a malincuore vi ho lasciato L'amante di Marguerite Duras e altri titoli), Consigli a un aspirante scrittore lo davano gratis allo stand Rcs dopo esserti iscritta alla newsletter, mentre il libro della Smith è il regalo di un'amica.
Molti di più, come vedete, sono i titoli che avrei voluto acquistare (e chissà quanti ne sto dimenticando...):





 

In definitiva, il Salone è una sorta di piovra che succhia tutte le tue energie, ti svuota il portafoglio e non ti lascia mai contento: perché avresti voluto guardare di più (io ad esempio ho dedicato poco tempo a guardare gli stand dei piccoli editori, poiché ho fatto una veloce selezione di quello che mi interessava e di quello che potevo vedere), perché avresti voluto partecipare di più (mi sono persa un sacco di incontri per dono dell'ubiquità non reperito, come dicevo su, e perché la stanchezza fisica ha un limite per me) e perché avresti voluto comprare molto di più. E vogliamo parlare del fatto che non ho aperto libro per ben cinque giorni?
Deleterio, gente, deleterio.
L'anno prossimo, se tutto va bene, sono di nuovo lì.


Torino by night

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