sabato 9 maggio 2015

Il tempio degli Otaku #106: "Suicide Club" di Usamaru Furuya







Salve a tutti, e benvenuti ad una nuova puntata de "Il Tempio degli Otaku"! Oggi parliamo di un autore già conosciuto, ma da un punto di vista inedito. Personalmente, infatti, trovo piuttosto affascinante il processo che porta l'autore da un semplice spunto ad un'opera completa. Al mangaka di questa puntata, Usamaru Furuya, è stato chiesto di creare la trasposizione manga di un film, senza però avere vincoli di fedeltà all'opera originale. Il risultato finale ha mantenuto soltanto la scena iniziale: il resto è tutto lavoro di Furuya, che ha usato la sua sensibilità e la sua bravura per creare una storia priva di "timori reverenziali" e di essere assolutamente godibile anche senza vedere il film da cui è tratta. Questa settimana trattiamo di Suicide Club, ispirato all'omonimo film, di Usamaru Furuya. Buona lettura!

Cinquantaquattro ragazze scendono insieme da una fermata della metropolitana. Aspettano sul ciglio dei binari. Quando il treno sta per arrivare si prendono per mano e, tutte insieme, saltano. Moriranno tutte tranne una, Saya. La sua amica di infanzia, Kyoko, cerca di starle vicino come può: missione non semplice, non soltanto per la decisione incomprensibile di cercare la morte, ma perché Saya ha da sempre avuto comportamenti distruttivi e autolesionisti. Comportamenti che sono peggiorati da quando ha conosciuto Mitsuko, a capo del club delle ragazze suicide. Kyoko si accorge ben presto che l'influenza di Mitsuko sembra essere ancora più forte ora che questa è morta... E la morte non ha abbandonato Saya, tutt'altro.

Nelle duecento pagine di cui è composto questo volumetto Furuya non si è fatto remore nell'approcciare le più diverse tematiche, incurante dell'effettivo spazio che poteva dedicare a ciascuna. L'autolesionismo, le pseudo-religioni, la follia collettiva di internet, sono solo alcuni degli argomenti che troveremo in "Suicide Club": senza tralasciare, ovviamente, l'elemento horror, piuttosto preponderante. È fisiologico che in alcuni frangenti si riscontrino delle ingenuità, e che elementi interessanti - almeno a detta di chi scrive, che avrebbe gradito un approfondimento sull'amicizia tra Saya e Kyoko - siano stati trascurati, tuttavia è da apprezzare il tentativo. Anche se in chiave minore rispetto ad altre opere dell'autore - come la raccolta "Happiness", che abbiamo recensito - si intravede una sceneggiatura piuttosto potente e matura, che con più pagine avrebbe saputo dare risultati ancora migliori. Si vedano ad esempio le pagine finali, decisamente poetiche.
Inoltre vi sono - sopratutto per un'opera horror - diversi spunti di riflessione. Saya si appoggia morbosamente a Mitsuko perché, a suo dire, è l'unica capace di comprenderla veramente, mentre Kyoko ha una vita troppo ordinaria, ed è troppo presa da se stessa, per farlo. Saya e le altre ragazze - di cui, purtroppo, non sapremo molto - si sentono sole, indesiderate, brutte: si fanno del male, credono di non valere nulla. Mitsuko non le giudica, anzi sembra essere proprio come loro, anche se nessuno sa chi sia veramente. Né gli interessa: Mitsuko è in realtà null'altro che un simbolo. Quando Mitsuko muore, anche Saya muore con lei, salvo poi "rinascere" nella maniera più pericolosa e distruttiva possibile. Perché i problemi a monte rimangono: e se l'unica ragione di vita scompare, allora la salvezza si allontana sempre più. Mentre Saya, l'unica a ricordare gli "insegnamenti" di Mitsuko, sembra attirare attorno a sé veri e propri fedeli, Kyoko cerca in tutti i modi di evitare l'inevitabile. Sarà pressoché sola in questa battaglia: la polizia è impotente, gli adulti inaffidabili e disonesti. L'unica eccezione sarà un insegnante, che nonostante le apparenze sarà l'unico ad interessarsi davvero ai problemi delle ragazze. Naturalmente rivelare il resto sarebbe spoiler, vista la natura dell'opera. Privo di spoiler è, invece, il film, che segue binari totalmente differenti.

Il tratto di Usamaru Furuya, all'epoca della realizzazione dell'opera (2002), non era ancora arrivato ad una completa maturazione. Non si intravede, ancora, la sua grande versatilità stilistica, evidente invece in opere successive come "Genkaku Picasso". Tuttavia è uno stile gradevole da vedere e, soprattutto, personale: le inquadrature non distraggono dalla storia, ed anzi mettono in risalto quanto narrato. Quando Kyoko nota dei mutamenti nello sguardo di Saya, sia in positivo che in negativo, li vede anche il lettore. Non tutti i mangaka vi sarebbero riusciti, anzi.

"Suicide Club", pur non essendo un capolavoro, è un'opera che non sfigura, e anzi offre al lettore delle profondità inaspettate. Si presta a più livelli di lettura: si può leggere sia per intrattenimento sia per cercare degli spunti di riflessione. Non è sempre facile trovare opere con entrambe le caratteristiche, soprattutto da parte di autori affermati.
...E per questa settimana è tutto, cari amici. Arrivederci alla prossima puntata de "Il Tempio degli Otaku"!




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