venerdì 18 luglio 2014

Recensione: La mia amica ebrea di Rebecca Domino


La mia amica ebrea
La mia amica ebrea, Rebecca Domino
ebook Lulu
294 pagine, 1.99 euro
La mia amica ebrea - Rebecca Domino
Josepha è una ragazza tedesca di quindici anni, la cui vita viene sconvolta quando una famiglia di ebrei si nasconde in casa sua. Fra loro c’è Rina, una quindicenne apparentemente diversa da Josepha. Perché lei è ebrea. Ma, giorno dopo giorno, mentre imperversa la Seconda Guerra Mondiale, fra le due ragazze nasce una delicata, bellissima amicizia, che sfida le leggi dei nazisti e le paure. Ma sarà quando Josepha perderà la sua casa e vedrà la sua vita cambiare per l’ennesima volta, che si renderà conto di voler lottare e rischiare tutto pur di salvare Rina…











Amburgo, 1943. Il caldo afoso del mese di maggio non è altro che l’assaggio di un’estate ormai alle porte. Tra compiti, risa e chiacchiere la vita di Josepha, detta Seffi, e delle sue più care amiche prosegue con una certa normalità nonostante, ormai da anni, l’orrore di una guerra sconsiderata semini ovunque morte e distruzione. Seffi, protagonista della vicenda e voce narrante,  è una ragazzina di quindici anni che risiede nel quartiere di Wandesbek insieme al padre  – appena tornato dal fronte a causa della perdita di un arto inferiore  –,  alla madre Sabine  – dedita per lo più al cucito e alla cura della casa  – e al fratello maggiore Ralf, ragazzo di quasi diciotto anni che è entrato a far parte della Gioventù Hitleriana. 
Una sera una famiglia ebrea bussa alla loro porta in cerca di ospitalità, sconvolgendo in questo modo l’equilibrio familiare tanto difficilmente mantenuto. Superato un iniziale momento di confusione, i tre ebrei, una donna e i suoi due figli Uriel e Rina, vengono accolti e sistemati in soffitta a patto che Ralf venga tenuto all’oscuro dell’accaduto. Dapprima la ragazzina è attraversata da sensazioni di disgusto e sconcerto, in quanto obbligata a condividere la casa con degli estranei, oltretutto ebrei, in seguito invece modificherà il proprio atteggiamento, incoraggiata in questo dal padre, l’unico della famiglia a non essere ostile agli ospiti.

– Siamo tutti uguali, Josepha – le sue labbra s’increspano in un sorriso – Dobbiamo essere noi a capire che non ha senso lottare gli uni contro gli altri. Voglio che tu pensi a queste parole, Josepha: so che tu non sei come Ralf, so che non credi a quella propaganda che sentiamo ovunque, da anni –. Annuisco, perché è quello che papà si aspetta da me, e anche perché è vero.

A poco a poco Seffi si avvicina a Rina, anche lei quindicenne, al principio scambiando qualche fugace parola, in un secondo tempo attraverso una vera e propria corrispondenza epistolare, infine diventandole amica intima e affezionata. In questo modo la ragazza scoprirà una maggiore affinità con l’amica ebrea, appassionata di libri e come lei poco interessata ai ragazzi, piuttosto che con le amiche tedesche, ragazze sciocche e superficiali, rispetto alle quali si sentirà sempre più distante.
Dotato di sequenze dialogiche ben articolate e di una certa scorrevolezza ma anche di una scrittura ancora acerba e a tratti imprecisa,  La mia amica ebrea pone l’attenzione su uno dei periodi più infelici della storia. Come altri romanzi che affrontano lo stesso argomento viene prediletta la forma diaristica, con la differenza che il punto di vista adottato è questa volta quello di una ragazzina tedesca  – esempio dei cosiddetti eroi silenziosi, che meritano di essere ricordati per aver salvato decine di ebrei mettendo a repentaglio la propria vita. Il racconto, abbastanza straziante, affronta i temi più disparati e principalmente legati alla guerra, primi tra tutti la fame, la povertà, la paura della morte, la speranza in un futuro migliore, l’amicizia, il razzismo. 
Uno di quelli su cui è importante soffermarsi è rappresentato dall’incredibile potere che ha avuto la propaganda nazista, condotta dal regime con aggressività ed estrema ferocia, sulla mentalità tedesca dell’epoca, al punto tale da influenzarla radicalmente. Ne è la conferma il fatto che su sette milioni di abitanti soltanto una minima parte, circa in ventimila, si è opposta all’antisemitismo. Anche Ralf subisce il fascino del nazismo, nel quale crede ciecamente riponendo in esso somma fiducia. Infatti, senza farsi troppi scrupoli, sarebbe capace di denunciare perfino il padre, reo di nascondere in casa propria degli ebrei. Assistiamo così a una sorta di ribaltamento del rapporto padre-figlio: è Ralf, paradossalmente, a tenere le redini della situazione, mentre il signor Faber, uomo mite e ragionevole, è intimidito dalla durezza delle opinioni del figlio. Al riguardo Seffi sembra invece disorientata: da un lato il fratello cerca di persuaderla circa la giustezza dell’ideologia nazista, proponendole letture adeguate in grado di fugare ogni suo dubbio, dall’altro il padre le spiega che le distinzioni di razza, diffuse dal sistema, sono del tutto inesistenti. Ponendosi domande, analizzando i fatti, liberandosi dai pregiudizi e diventando padrona di se stessa e della propria mente, la protagonista preferirà seguire il percorso più impervio e tortuoso, la via che la introdurrà all’età adulta e la condurrà verso una matura e piena consapevolezza, cosa che fa de La mia amica ebrea un romanzo di formazione oltre che un romanzo storico. È così che, a mio parere, aiutando Rina, Seffi aiuta anche se stessa: rifiutando infatti il pensiero nazista imperante e prendendo una posizione, forgia il suo carattere, la sua personalità, e sviluppa degli ideali di uguaglianza e solidarietà, con la solenne promessa di non tradirli mai e di difenderli valorosamente fino alle estreme conseguenze.

A cura di Laura Giuntini.


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