Vergogna, J.M. Coetzee
Einaudi
234 pagine, 12.00 euro
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Premio Nobel 2003, Coetzee è uno scrittore sudafricano che nel suo maggior lavoro, Vergogna, sembra volere rappresentare in maniera cruda e verosimile i problemi di cui la parte più difficile del suo paese è affitta. La realtà mostrata da Coetzee è però più problematica, atavica, antropologicamente complessa di così, e rimanda a un clima culturale tanto distante dal nostro e così “primitivo” (come può esserlo il romanzo di Golding, Il signore delle mosche) da creare un rigetto verso la materia del romanzo.
Tra la prima e la seconda parte del libro esiste una linea di demarcazione che sembra tradursi nelle opposizioni città/campagna, società civile/territorio selvaggio, bianchi/neri; è una contrapposizione solo apparente, e il tema centrale rimane lo stesso in tutto il libro: lo stuprum, che in latino significa appunto “vergogna”, prima perpetrato dal protagonista nel lindo ambiente accademico, poi subìto da sua figlia, in un contesto dove vige la legge del più forte, la prevaricazione del maschile sul femminile – sia in termini fisici che di libertà – e dove la “famiglia” è ripensata in base a un ordine gerarchico e claustrofobico, assumendo i connotati di un assemblamento allargato di individui in cui il capo esercita protezione sui membri subordinati.
Tuttavia, forse maggiormente esemplificativa è la figura del protagonista, David, cinquantaduenne cinico, misogino (di questo ci si rende conto, tra le tante cose, dal fatto che non sappia descrivere le donne se non in termini estetici e di appetibilità sessuale), egocentrico, spesso privo di empatia, troppo concentrato sulle sue sensazioni e sulla magnificenza della propria persona per comprendere le conseguenze delle sue azioni. Infuocato dalla passione per una studentessa – è infatti un professore universitario, uno di quelli, per intenderci, che sentono la necessità di infiocchettare il discorso con continui riferimenti letterari – la soggioga con la sua presenza massiccia, insistente, disturbante, senza nemmeno tentare di conoscerla. Verrà a sapere da terzi, ad esempio, che si tratta di una ragazza piena di passione e talenti, stupendosi di una cosa a cui non aveva mai fatto caso.
Il suo è un “amore” narcisistico, soverchiante, teso principalmente a soddisfare l' ego tramite la conquista di una ragazzina troppo annichilita (sembra) per reagire. Il tema della giovinezza e della vecchiaia si fa prominente. C'è un delitto, un peccato di hybris, un deturpamento della seconda sulla prima. Il ridicolo e il biasimo che copre David concerne l'infamante pretesa di essere attraente agli occhi di una ragazza, quando il suo corpo, flaccido e infiacchito, può suscitare solo disgusto alla giovinezza. Lui, d'altro canto, non avverte – se non in brevi istanti di lucidità – il proprio sbaglio e la prepotenza di qualcosa che, al contrario, sente come un suo diritto: lo sfogo dei sensi, la pretesa dell'eros.
David paga però il contrappasso nella seconda parte del romanzo, e sulla pelle della figlia. Ma, come se la prima parte non fosse stata adeguatamente ripugnante, nella seconda si aprono scenari forse ancora più crudi e abietti, per quanto non siano tanto diversi dalla violenza sibillina finora raccontata. In entrambi i casi, lo stupro viene visto come una facoltà di prerogativa maschile, ma nel secondo il lasciapassare sessuale è il pegno per una vita tranquilla sotto la protezione di un altro uomo.
La feralità dell'azione è quasi la stessa, malgrado David senta di essere un avamposto della civiltà, e la regressione al mondo in cui vive la figlia, regolato da leggi proprie, rappresenta solo superficialmente la caduta da uno stato aureo a quello animalesco. Anche gli animali hanno, infatti, un loro ruolo, ma sembrano in balia, come i protagonisti, di una forza superiore che li addormenta e li sopprime. La resa alle forze brute della natura e dell'istintualità: ecco il significato ultimo, frustrante, devastante.
C'è anche un motivo razziale: gli uomini soggiogano le donne come i banchi hanno soggiogato i neri, che, vedendoli come estranei e usurpatori, fanno valere le proprie leggi. L'odio è palpabile, e la sottomissione della donna bianca è quella di una intera etnia.
Vergogna è un libro straziante, difficile non per lo stile – che risulta anzi scorrevole, puntuale, privo di barocchismi superflui – ma per le vicende e i dialoghi quasi inumani, che mi hanno reso la lettura fisicamente dolorosa, e per via delle scelte incomprensibili che compie la figlia. Nella sua figura c'è la nemesi delle colpe del genitore. E il mondo in cui lei, a venticinque anni, sceglie di vivere, è un posto dove non è altro che carne da macello in un deserto sorvolato da avvoltoi.
è nato in Sudafrica e attualmente vive in Australia. Di lui Einaudi ha pubblicato: Vergogna, Aspettando i barbari, La vita e il tempo di Michael K, Infanzia, Gioventú, Terre al crepuscolo, Nel cuore del paese, Foe, Il Maestro di Pietroburgo, Età di ferro, Slow Man, Spiagge straniere, Diario di un anno difficile, Lavori di scavo. Saggi sulla letteratura 2000-2005, Tempo d'estate, Doppiare il capo, L'infanzia di Gesù e Qui e ora, il carteggio con Paul Auster. Nel 2003 è stato insignito del Premio Nobel per la Letteratura.
Amo questo libro...
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