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Le mie due vite, Jo Walton
Gargoyle Books
314 pagine, 18.00 euro
|
Anche
l'Italia ha potuto conoscere, grazie alla casa editrice Gargoyle, una
delle maggiori autrici attuali di fantasy e fantascienza: Jo
Walton,
già insignita nella sua carriera di premi come il Nebula Ward o lo
Hugo Award. Quest'anno è uscita la sua ultima fatica, Le
mie due vite,
un romanzo che riprende a parlare di tematiche a lei care come
l'ucronia o le questioni sociali, e che allo stesso tempo si pone in
un'ottica intimista che potrebbe attirare anche coloro che non sono
amanti del fantasy. Lo spunto di partenza è, infatti, una situazione
che tutti abbiamo provato nella vita: il chiedersi cosa sarebbe
successo se, in un determinato momento, avessimo fatto una scelta
piuttosto che un'altra. Un progetto ambizioso, quindi, capace di
creare alte aspettative nel lettore. Sarà riuscita a realizzarle?
2015. Patricia si
ritrova in una casa di riposo, pur essendo circondata dall'affetto di
figli e nipoti. È affetta da demenza senile e, stando alla cartella
clinica, appare MC, molto confusa. La donna, infatti, non fa
solo fatica a ricordarsi della sua vita passata: non sa quale vita
realmente le appartenga tra due alternative inconciliabili che si
alternano nella sia mente. In una si chiama Trish e ha quattro figli, avuti da un marito incapace di darle amore; in
un'altra ne ha tre, cresciuti insieme alla sua
compagna, Bee, la chiama Pat. Anche il mondo
esterno, poi, non sembra lo stesso.
Quale
versione corrisponde alla verità? E sopratutto, quando è cominciata
la dicotomia tra l'infelice Trish e la realizzata Pat? In un raro
momento di lucidità la vecchia rintraccia quel momento fatidico:
l'ultimatum datole dal suo fidanzato, Mark, che le
ingiungeva di sposarsi "ora o mai più". La risposta
cambierà la sorte sia di Patricia sia del mondo intero.
Avevamo
accennato, prima, alle aspettative create da questa premessa così
inusuale. E spiace dirlo, ma queste aspettative sono state fortemente
disattese. Sintetizzare due vite, infatti, - senza dimenticare la
cornice storica del romanzo - richiede più delle trecento pagine qui
impiegate, e una struttura piuttosto robusta. Purtroppo, invece, ci
troviamo di fronte a un ritmo di narrazione velocissimo,
che per esigenze di spazio sacrifica qualunque cosa trovi sul suo
cammino.
Passaggi
fondamentali nella vita di Trish e Pat vengono liquidati in poche
pagine o persino in poche righe: per la prima è il caso, ad esempio,
della sua liberazione dal giogo del marito, mentre per la seconda è
emblematico come viene delineato l'inizio della sua relazione con
Bee. "Frettoloso" è un eufemismo, visto che non ci viene
nemmeno mostrato come le due si conoscono e cominciano a entrare in
confidenza. A maggior ragione, quindi, appaiono inspiegabili alcune
lungaggini come il dettagliato elenco dei negozi presenti in una
città dove vanno a vivere Mark e Trish o la cronaca dei numerosi
viaggi di Pat a Firenze.
Lo
stesso vale per la parte fantascientifica del romanzo, che viene
delineata soltanto quando ha un reale impatto sulla vita delle
protagoniste e, alle volte, scade in cambiamenti talmente
insignificanti da sembrare meri divertissement (ad esempio il
Principe Carlo che sposa Camilla negli anni '70). Perplime infine
che, ad eccezione delle prime ed ultime pagine, la scena non si
sposti mai su Patricia vecchia, che non arriva mai ad affrontare
seriamente il suo problema.
Naturale
che a farne le spese siano sopratutto i personaggi, piuttosto
tipizzati. La contrapposizione Mark/Bee, ad esempio, è tutta a
vantaggio della seconda, che sembra essere priva di difetti; l'altro,
invece, non ha alcun lato positivo. I timidi spunti di introspezione
psicologica arrivano troppo tardi per fare effetto sul lettore. In
chiave minore si può dire lo stesso per il resto del cast, dai figli
indistinguibili tra loro a Michael, il padre biologico dei bambini di
Pat e Bee.
Quello
che davvero fa la differenza, però, è la capacità delle
due protagoniste di resistere alle avversità della vita. Niente
sembra smuoverle, a tal punto che si arriva quasi a dubitare della
loro capacità di provare empatia. Non importa quali vicende
debbano affrontare, dalla morte del fratello al lesbismo, -
nonostante sia cominciata negli anni '50, Pat e Bee non hanno
problemi nel far accettare al mondo la loro storia d'amore - fino ad
eventi ancora più drammatici. Dopo poche righe di turbamento sono
pronte a riaffacciarsi alla vita, sotto gli occhi attoniti del
lettore, che si aspettava delle manifestazioni di dolore più
profonde. Logicamente in questo modo è difficile che si crei una
reale connessione tra il pubblico e i personaggi.
A
ben guardare, però, la ragione di questi difetti è una sola: lo
stile di Jo Walton. Non è un'esagerazione dire che probabilmente
non ci sono, nel romanzo, scene mostrate, e non raccontate. I
sentimenti dei personaggi o non vengono analizzati del tutto oppure
vengono descritti direttamente al lettore: la reazione di Trish dopo
un gesto particolarmente crudele di Mark viene sintetizzata con
un "...E lei lo odiava per questo", un lungo
ringraziamento al Signore viene spiegato con un
ridondante "Pregò..." e quello che Pat
prova la prima volta con Bee viene descritto soltanto
come "importante". Difficile giustificare
tutto questo con il ridotto spazio a disposizione.
Lo
spunto, intelligente e originale, de "Le mie due vite" non
è sfruttato a dovere dall'autrice, vittima dei propri limiti
artistici. Non è da escludersi che la stessa storia, con una durata
almeno raddoppiata e delle mani più capaci, sarebbe stata
decisamente più notevole. Ma poiché noi non possiamo vivere questa
particolare sliding door, dovremo accontentarci di leggere - chi lo
desidera - quella di Patricia.
Voto: ![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEisT2LQaGKOAV9eDI6lfgrZ5NY0wDVYkl3NHedPHMpyLCcA7Y7VTW5b-iHiCRYYGTjA_EwSXFeqJ3rFafdaf-W6YVjXMX2GHLRCIenSTNJsHTI8Wxfv0rmezSIx6Z63K-Qpz4ZlCL_gQJE/s1600/pieno.png)
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