martedì 4 ottobre 2016

Recensione: Harry Potter e la maledizione dell'erede, di John Tiffany e Jack Thorne

A cura di Tonino Mangano

Harry Potter e la maledizione dell'erede
Salani editore
19.80 euro, 368 pagine
In Harry Potter e i Doni della Morte (2008), J.K. Rowling aveva detto addio ai suoi affezionati lettori, utilizzando come piacevole cornice per l'ultima scena la stazione di King’s Cross. Dopo aver posto la parola “fine” nel settimo libro e dopo l'uscita dei tre libri della biblioteca di Hogwarts (Il Quidditch attraverso i secoli, Gli animali fantastici: dove trovarli e Le fiabe di Beda il Bardo, il cui devoluto è andato in beneficenza), la Rowling aveva infatti dichiarato che non avrebbe più ripreso la penna per dare nuovamente vita al suo universo magico, a eccezione dei contenuti speciali di Pottermore.com.

Il 24 settembre scorso, però, ha visto la pubblicazione della sceneggiatura di Harry Potter e la Maledizione dell’Erede, l' “ottava storia” del maghetto nata come spettacolo teatrale. Il testo dato alle stampe, che sembra essere tratto da una storia originale della stessa Rowling, è stato redatto da John Tiffany e Jack Thorne, rispettivamente regista e sceneggiatore.

La vicenda ha per protagonisti Albus Severus Potter, figlio di Harry Potter e Ginny Weasley, e Scorpius Malfoy, figlio di Draco Malfoy e Astoria, morta dopo il parto. Albus, che avverte il peso di avere un padre tanto importante, sente di essere diverso rispetto ai fratelli, tanto da essere smistato a Serpeverde, e Scorpius, a sua volta, non risulta la perfetta copia del padre. A riprova di questo cambiamento avvenuto nel passaggio da una generazione all’altra, un Potter e un Malfoy diventano amici inseparabili.

Dalle prime scene, cronologicamente collocate dove la Rowling si era fermata, viene poi operato un salto in avanti fino al quarto anno a Hogwarts di Scorpius e Albus Severus. Un rapido scambio di battute sottolinea il peggioramento nei rapporti tra i Potter, padre e figlio, a cui segue finalmente la scena che dà avvio all'azione: la discussione tra Amos Diggory ed Harry Potter sulla necessità di usare l’ultima Giratempo, scampata alla distruzione sistematica dettata dal Ministero della Magia (al cui capo c’è Hermione Granger, sposata con Ron Weasley e madre di Rose Granger Weasley), per riportare in vita Cedric Diggory, il figlio tragicamente ucciso da Voldemort durante il Torneo Tremaghi (vd. Harry Potter e il Calice di Fuoco). A fine conversazione, Harry ammette la pericolosità della proposta di Amos e si oppone al desiderio – per quanto giustificabile – del padre ferito. La voglia di disobbedire e di dimostrarsi diverso dal genitore spingono Albus a rubare la Giratempo, con lo scopo di tornare nel passato e salvare Cedric Diggory. 

 Nel frattempo, al suo rischioso piano si sono aggiunti Scorpius Malfoy e Delphi Diggory, nipote di Amos. La storia si svilupperà per mezzo di paradossi temporali e mondi alternativi che i ragazzi cercheranno di ricucire. Mentre loro vivono queste burrascose avventure, Harry Potter e i suoi amici – a cui si aggiunge anche Draco Malfoy – cercheranno di ritrovare i ragazzi che sfuggono al loro controllo. Sull’intera vicenda aleggiano l’ombra di una profezia e il ritorno del dolore alla cicatrice a forma di saetta sulla fronte di Harry, che non doleva da più di vent’anni.

Le storie dei viaggi nel tempo di Albus e Scorpius e le problematiche del mondo degli adulti nel quale sono invischiati i vecchi eroi si intersecano e fondono in uno stupefacente finale.

Dopo sette romanzi e otto film la narrazione di Harry Potter cambia genere, approdando nella pièce teatrale. Di conseguenza, i passaggi descrittivi sono ridotti all’essenziale e i sentimenti dei personaggi vengono resi con brevi didascalie. La storia di base rimane la stessa, ma alcune ispirazioni derivano dai film, non sempre coerenti con i libri. Nel periodo in cui venivano pubblicati per la prima volta i romanzi della saga originale e ne venivano prodotti i film, ad esempio, si avvertiva una certa discrepanza tra il Ron-letterario e il Ron-cinematografico. Il personaggio letterario era simpatico, un po’ imbranato, e il cinema ha aumentato la sua carica divertente, quasi trasformando, seppur non in maniera subito percepibile, la natura di Ron nell’immaginario collettivo. In questa opera, l'aspetto “buffonesco” è stato ricalcato da Scorpius, che sembra richiamare il personaggio cinematografico di Ron.

Inoltre, lo spettacolo sembra aver subito l'influenza del fandom attivo sul web: alcune parti sono il risultato dell'incontro tra l’inventiva degli autori e i desideri dei lettori, i quali si sono sbizzarriti a pubblicare fanfiction e a diffondere contenuti che hanno riscosso ampio consenso in rete. Questa eccessiva vicinanza alle istanze e ai desideri dei fan, spesso opposti a quelli che erano i progetti della Rowling più o meno esplicitamente espressi nella saga principale, hanno forse dato un tocco più “commerciale” alla trama, in particolare per quanto riguarda le cosiddette “ship amorose”. La storia risulta quindi più forzata e meno autentica rispetto ai romanzi.

La stessa sorte hanno subito alcune battute, come quella sul naso di Voldemort che imperversava già sui social:

ROSE

La gente dice che lui è il figlio di Voldemort, Albus.

Un silenzio orribile, imbarazzato.

Ma sicuramente è una cavolata. Cioè, guarda: hai il naso.

(Harry Potter e la Maledizione dell’Erede, Parte I, Atto I, Scena III, p. 24)

Altro esempio sono le descrizioni a chiusura di alcune scene che ricordano molto le voci fuoricampo di Voldemort, quando invadeva i sogni di Harry Potter o si insinuava nella sua mente.

Dal fondo della stanza sibili in Serpentese per tutto il palco.

Sta arrivando. Sta arrivando.

Parole pronunciate da una voce inconfondibile. La voce di VOLDEMORT. Haaarry Pooottttter…

(Harry Potter e la Maledizione dell’Erede, Parte I, Atto II, Scena I, pp. 108-109)

Nonostante questi difetti, l'anima di Harry Potter rimane immutata. Dai lavori della Rowling, Jack Thorne e John Tiffany hanno saputo riprendere le citazioni profonde, la capacità di giocare in modo magistrale con la suspense e il vezzo di tenere nascosti fino alla fine particolari importanti, ingrediente fondamentale per ricamare una storia piacevole e non scontata. Fondamentale, come si è dato modo di intendere, è il tema della diversità. Se nei libri di Harry Potter le parti in conflitto erano rappresentate da Babbani e da stregoni, questa volta la divisione è insita nella stessa compagine magica e impersonata da Albus. Dal testo teatrale si deduce che non è il resto della famiglia a biasimarlo, ma che è lui ad autoescludersi: ne potrebbe derivare la riflessione per cui sarebbe il diverso ad affibbiarsi da sé etichette, solo sulla base di una interpretazione personale della realtà che lo circonda. Tuttavia, se leggendo la sceneggiatura si potrebbe avvertire all'inizio una certa inconsistenza nei complessi di inferiorità e inadeguatezza di Albus, in seguito questi sentimenti si riveleranno sintomatici di un malcontento dalle radici più profonde. Lo Smistamento in Serpeverde è solo la punta dell’iceberg che svela un rapporto turbolento tra Albus e Harry Potter. Albus non vuole deludere il padre e dimostrarsi inferiore rispetto all’intrepido sfidante di Voldemort. A detta sua, il padre veste sempre la maschera di Harry Potter-eroe, senza mai mostrare un aspetto più paterno. Da qui discende il tema della difficoltà dei rapporti genitori-figli tipica dell’età adolescenziale, da cui prenderà le mosse quello dell’incomunicabilità tra individui, messo in risalto dai dialoghi tra Harry Potter e un quadro di Silente. Quando Harry dichiarerà di non riuscire a comprendere a pieno le esigenze del figlio, ma esprimerà anche il desiderio di renderlo felice e di preservarlo dalla sofferenza, Silente darà sfoggio della sua proverbiale saggezza sottolineando la necessità del dolore nella vita di ogni essere umano. Non a caso è stata aperta una parentesi su questo tema, data la particolare enfasi che l’autrice ha voluto dare alla morte e al cordoglio dei cari che piangono i loro defunti nel corso della saga principale.

In definitiva, è inutile negare la presenza di soluzioni narrative opinabili e di una trama che non sembra scorrere fluida come nei romanzi, ma il giudizio sul libro non può comunque che essere positivo. Sarebbe consigliabile affrontare la lettura senza farsi condizionare dai commenti o dagli spoiler che spopolano sul web, che ingigantiscono i difetti o i pregi e che molto spesso etichettano aprioristicamente quest’opera come una degna o inutile continuazione della storia con cui ci eravamo salutati otto anni fa.

2 commenti:

  1. Anche a me il"libro" non è dispiaciuto, però è vero è una grossa fan fiction per far felici i fan. Mi è piaciuto molto il personaggio di Scorpius, mentre Harry l'ho trovato un sciocco e irritante.
    Buone letture!!!

    RispondiElimina

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