Lo
schiavista di Paul Beatty (nda, The Sellout in originale,
in italiano edito Fazi e tradotto da Silvia uno dei premi più prestigiosi
per la letteratura in lingua inglese dal 1969.
Castoldi) ha vinto il Man Booker Prize 2016,
Castoldi) ha vinto il Man Booker Prize 2016,
«Un
romanzo dei nostri tempi» lo ha definito la storica Amanda Foreman,
a capo della giuria. Si tratta forse di un libro troppo difficile da
digerire, ma, ha sottolineato, la fiction non deve essere un genere
di conforto.
«È
per questo che il romanzo funziona. Mentre sei fermo lì, incapace di
muoverti, sei stato solleticato: è un atto estremo che sprigiona
verve, energia e fiducia. Non ci si arrende, né si contrasta. Questa
è la scrittura di qualcuno che gioca al di sopra degli schemi (…).
The Sellout è uno di quei libri molto rari: è in grado di
prendere la satira, una materia difficile e non sempre fatta bene, e
immergerla nel cuore della società americana contemporanea con uno
spirito selvaggio che non ritrovavo dai tempi di Swift o Twain.
Riesce a sviscerare ogni tabù sociale o sfumatura di politicamente
corretto, ogni dogma. Pur facendo ridere, ci fa provare imbarazzo. È
divertente e doloroso allo stesso tempo».
Paul
Beatty ha ritirato il premio, consistente in cinquantamila sterline e
una copia in rilegatura speciale del proprio romanzo, visibilmente
commosso, e ha sostenuto con orgoglio che «la scrittura mi ha dato
una vita». È il
primo americano a vincere il Man Booker Prize, battendo altri cinque
autori finalisti (Madeleine Thien con Do
Not Say We Have Nothing; Deborah Levy
con Hot Milk;
Graeme Macrae Burnet con His Bloody
Project; Ottessa Moshfegh con Eileen
e David Szalay con All That Man Is)
con il racconto del tentativo di reintrodurre la schiavitù nella
moderna Los Angeles.
Il premio sembra aver cominciato a respirare un'aria diversa da due anni a questa parte, con l'estensione della possibilità di partecipazione agli autori di tutte le nazionalità (purché il loro testo sia stato pubblicato originariamente in lingua inglese e nel Regno Unito) per la polemica lanciata proprio dalla critica USA al suo vincolo di territorialità (prima del 2014, potevano parteciparvi solo gli autori del Regno Unito, del Commonwealth, della Repubblica d'Irlanda e dello Zimbabwe).
Il premio sembra aver cominciato a respirare un'aria diversa da due anni a questa parte, con l'estensione della possibilità di partecipazione agli autori di tutte le nazionalità (purché il loro testo sia stato pubblicato originariamente in lingua inglese e nel Regno Unito) per la polemica lanciata proprio dalla critica USA al suo vincolo di territorialità (prima del 2014, potevano parteciparvi solo gli autori del Regno Unito, del Commonwealth, della Repubblica d'Irlanda e dello Zimbabwe).
Piccola curiosità: a
vincere per il secondo anno consecutivo è un romanzo edito dalla
casa editrice indipendente Oneworld, come a voler dimostrare
l'apprezzamento della giuria per un mondo alternativo ai grandi
gruppi editoriali che negli ultimi anni, nonostante la forte crisi
registrata anche oltre Manica, hanno saputo donare ai lettori testi
di qualità e degni del riconoscimento e della visibilità che la
vittoria del premio gli ha regalato.
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