La scrittura è l'ignoto. Prima di scrivere non si sa niente di ciò che si sta per scrivere e in piena lucidità.
Writing, Marguerite Duras
In un paese dove nessuno legge, tutti vogliono scrivere. E se siete degli attenti lettori, o se producete voi stessi contenuti – romanzi, articoli o liste della spesa –, non vi sarà sfuggita la goffagine di questo incipit, che potrebbe persino degenerare. Si potrebbe aggiungere, ad esempio, la definizione di “goffagine” riportata sul dizionario: “L’essere, il mostrarsi goffo: g. di modi, di movimenti; non riesce a vincere la sua goffaggine”. E, per chiudere in bellezza, una disquisizione come “cosa è la goffagine, se non l'inclinazione a disvelare la verace natura di un umano turbamento?” potrebbe uccidere definitivamente la possibilità che esca qualcosa di buono dalle nostre nobili intenzioni.
Scrivere è un atto masochistico. Richiede freddezza, rigore logico, concentrazione, chiarezza, tempo, autocritica, costanza, umiltà e abilità linguistiche leggermente sopra la media. In definitiva, uno sforzo tale da non giustificare forse il supplizio. Scrivere è difficile e snervante, certe volte addirittura doloroso e, a meno che non siate Cortazar che scrisse Rayuela di getto, esige preparazione e studio. Non guasta qualche nozione di comunicazione, soprattutto in ambito “social” dove le competenze non dovrebbero essere inferiori a quelle dei blogger e degli aspiranti scrittori.
Chi non ha confidenza con il foglio bianco, con le parole che si inceppano e con un'insicurezza mai troppo prudente spesso si lancia nella scrittura con risultati indesiderabili. Di solito non è consapevole di essere un dilettante, malgrado lo stile sia rimasto immutato dai tempi del tema in classe – quello dove prendeva otto, proprio quello.
Per recuperare l'esempio iniziale, il dilettante comincia l'articolo con una citazione. Ispirato dall'ultima serie tv mainstream, dal verso di una canzone o da una frase di Oscar Wilde, lascia che le parole scorrano in libertà, portavoce di un sentire comune che rasenta la banalità. Infatti, primo strumento di cui dotarsi per iniziare a scrivere è il senso critico – che non dovrebbe mancare a un buon lettore. Secondo, più in generale, la volontà di trascendere il facile commento da bar o da social network, e questo non sembri un monito scontato: il tempo che il lettore sta sprecando nell'approcciare il vostro testo va ripagato. Se è probabile che quel che state scrivendo passi già per la testa della maggior parte della popolazione, fermatevi: non è un contributo necessario. Informatevi. Mettetevi in discussione. Cercate in profondità. Leggete un libro in più, un saggio in più, un articolo in più e, soprattutto, come accennato, non fatevi ambasciatori di concetti che ritenete universali (stereotipi di genere di cui andate fieri, ad esempio, a meno che non stiate facendo ironia) dimostrando così di non possedere il senso della realtà.
(Piccola parentesi: il ruolo delle lettura, se non sono stata abbastanza esplicita, è fondamentale. La qualità e la quantità dei libri letti influisce inevitabilmente sulla caratura della scrittura e, anche se la prima è senza dubbio più importante della seconda, il numero dovrebbe aggirarsi intorno ai trenta all'anno, ma meglio se dai cinquanta in su.)
L'urgenza della scrittura va quindi ridimensionata dalla capacità di guardarsi con occhi esterni e di accantonare in parte il proprio ego. Dall'assenza di argomenti dipende poi la tendenza del dilettante a rimestare più volte gli stessi contenuti, espressi negli stessi termini in articoli lunghi e pieni di luoghi comuni. Il pericolo è insito anche nelle formule utilizzate: il dilettante, appunto, cita il dizionario perché non saprebbe come cominciare altrimenti; utilizza le domande retoriche e le ripetizioni a effetto per rendere il tono della prosa enfatico, toccante, genuino – anche se l'artificio è sin troppo palese –, sfociando però in un patetismo ricercato che lui crede un pregio, ma che relega il testo al rango di Studio Aperto o, al peggio, di Massimo Gramellini. Ad accentuare questo effetto, il dilettante assume un registro quasi aulico e iperaggettivato con cui invoca giustizia, fratellanza e, perché no, la pace nel mondo, che in un altro contesto gli farebbe vincere lo scettro di Miss Universo. Il dilettante, poi, fa un uso personale della punteggiatura, spezza le frasi in modo da creare suspense, ama i puntini di sospensione.
È facile intuire come questo omologhi lo stile a quello di tanti altri, sebbene il dilettante pensi che il suo sia unico – anche se non si cura di rileggere, di cancellare le ripetizioni e gli errori di grammatica/battitura.
Al di là di queste imprecisioni, che possono essere risolte aprendo un manuale, l'intervento di un editor è necessario: per evitare le sbavature, per correggere la sintassi e per confutare passaggi che l'autore, seguendo il proprio filo, dà per scontati, ma che risultano non esserlo. Tanto più che la scrittura è un'attività liquida e stratificata su cui è possibile intervenire all'infinito anche dopo aver messo il punto, dato che è sempre perfettibile e, oltre ad aver bisogno di ritmo, richiede un largo ventaglio di sinonimi.
Uno stile prolisso, che tende a girare intorno ai concetti o a essere sovrabbondante, deve poi applicare strenuamente la prima regola dell'editing: tagliare tutto il tagliabile. A volte non serve molto per snellire un testo verboso e pretenzioso.
(Sì, anche questo post, come tutti quelli che scrivo, è soggetto a revisione – ciao, Ale.)
Se non disponete di un editor, il tempo dedicato alla scrittura va decuplicato e speso nella rilettura attenta, magari a distanza di qualche giorno dalla prima stesura. Prima di questo, avrete già impiegato ore per:
- Trovare l'idea;
- Fare ricerche, se necessario;
- Prendere appunti;
- Fissare gli spunti principali e sviluppare il concept;
- Stendere il post o l'articolo.
Di solito l'ultima fase è la più complessa, e non è detto che avere una certa dimistichezza con la scrittura aiuti ad accelerare il processo. Lo facilitano il rigore, senz'altro, una tecnica collaudata e l'assenza di distrazioni: è pleonastico dire che un'attività come questa ha bisogno di pace, quindi trovare un luogo adatto e solitario contribuisce molto alla riuscita del pezzo, così come l'isolamento da Facebook e Whatsapp.
A ogni modo, anche se non c'è una formula prestabilita, uscire dal limbo del dilettante non è un'utopia. Il rischio di conformarsi a uno stile o a un contenuto mediocre può essere evitato acquisendo i corretti strumenti critici: attraverso lo studio attento delle tipologie testuali che ci interessano e, soprattutto, grazie all' esercizio quotidiano e a una lettura costante e instancabile.
Nota personale:
- Scrivere per me è sempre stato difficile, uno sforzo che mi lascia prosciugata e insoddisfatta. Avendo poi scritto poco per il blog negli ultimi tempi, riprendere in mano la penna mi è costato qualche crisi (perché, come abbiamo detto, la scrittura è una creatura che va nutrita giorno per giorno, e quando smetti di praticarla ti dà l'impressione di aver disimparato. Tra l'altro, io vado molto spedita con le recensioni, ma niente affatto con gli articoli). Quando il caso mi sembra disperato, comunque, lascio stare il pc e inizio a scrivere a mano su un blocco note di fogli bianchi. Questo mi ricollega a una dimensione più intima e mi riporta a un tempo in cui non avevo tante pretese da me stessa. Di solito, riesco a scrivere meglio.
- Prima di andare a vivere da sola preferivo scrivere la notte, quando c'era silenzio e potevo raccogliere i pensieri – l'unico problema era il sonno che bussava alla porta, spesso nelle vesti di mia madre.
Adesso invece che posso farlo in qualunque momento mi rendo conto di quanto sia importante un ambiente privato per sviluppare le idee e dare loro una forma.
- Ho letto con sollievo che anche Annamaria Testa non scrive velocemente e che, tra l'altro, usa il mio stesso metodo: pensare a lungo alla frase. Scriverla. Leggerla. Riscriverla. Rileggerla. Moltiplicato per cento.
Grazie a questo sistema avanguardistico ho compilato la tesi al ritmo di una pagina al giorno. Ma, ehi, era una signora tesi.
Un articolo molto interessante.Complimenti !
RispondiEliminaGrazie :)
EliminaLa parte più difficile di tutto questo credo stia nel trovare un equilibrio fra la critica oggettiva costruttiva e l'esaltazione da "ho scritto un testo grandioso". Per il resto ho preso appunti. Come sempre, un articolo molto interessante!
RispondiEliminaSì, io ho la relativa fortuna di essere critica con gli altri almeno quanto lo sono con me stessa. Difficile che abbia la convinzione di aver scritto un testo grandioso. Però credo che la consapevolezza derivi da una delle cose che ho detto nell'articolo, ovvero le vaste e buone letture. Avere come punti di riferimento standard alti aiuta a tenere i piedi per terra (anche se molto spesso ti frustra). Grazie mille! :)
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