lunedì 6 luglio 2015

Blogtour: Florence di Stefania Auci. Recensione e approfondimento storico-politico-letterario

Anche Dusty pages in Wonderland partecipa al blogtour di Florence, il nuovo libro di Stefania Auci che uscirà ufficialmente l'8 luglio per Baldini &Castoldi (416 pagine, 18.00 euro). Mi è stato chiesto dall'autrice uno speciale sul periodo storico e, in particolare, sulla disputa tra interventisti e neutralisti. Ho unito la recensione a questo approfondimento, che spero non sia eccessivamente noioso, ma che mi sembra importante per inquadrare il background molto curato costruito dall'autrice.





Florence si adagia su un letto irto di spine, quelle della Grande Guerra e della lotta intellettuale, ma anche della passione adultera e dell'emancipazione femminile: elementi che si alternano in maniera più o meno bilanciata, sebbene la storia sentimentale rappresenti il cardine della vicenda.

È l'estate del 1914.
Il clima è rovente, e non solo perché è agosto. È scoppiata la guerra in Europa, e l'eccitazione per questo evento serpeggia nei salotti più blasonati. L'eroismo e la difesa della patria esaltano gli intellettuali – primo tra tutti, ovviamente, Gabriele D'Annunzio, fondatore dell'Associazione Nazionalista Italiana – e infiammano l'opinione pubblica, fomentata dalle riviste più influenti.
È bene sottolineare (Stefania Auci lo fa) il peso del quarto potere: i redattori, i giornalisti, i cronisti indirizzano il dibattito, lo creano, lo alimentano, lo forgiano. Lacerba, con il suo gusto provocatorio e spesso fine a se stesso, intitola la prima pagina con lo slogan “Amiamo la guerra!”. Giovanni Papini, che sbuca dalle pagine del romanzo, ha infatti trasformato una rivista che era stata fino a quel momento solo eminentemente artistica in una delle più vivaci (per non dire violente) sostenitrici dell'interventismo.

La Voce, guidata da Prezzolini (lo sarà fino alla fine del 1914, quando l'indirizzo diverrà esclusivamente letterario, grazie alla conduzione del critico Giuseppe De Robertis) si è trasformata nel manifesto di Giovanni Gentile, il filosofo che sarà poi l'ideologo del fascismo. E persino i socialisti caldeggiano l'entrata dell'Italia in guerra: un editoriale interventista di Benito Mussolini, direttore de L'avanti, gli costerà la cacciata dal giornale e, in seguito, dal Psi. Sono solo alcuni dei protagonisti di quella estate. La guerra, incoraggiata anche dalle correnti artistiche (in particolare dal futurismo di Marinetti) sembra solo essere l'ultima che si aggiunge a una lunga fila: è diffusa la convinzione che durerà appena qualche mese, e che porterà grandi vantaggi, tra cui la restituzione delle terre “irredente”, Trento e Trieste, che si trovavano sotto il dominio austriaco. Ma sono cambiate diverse cose: la propaganda, le armi, il modo stesso di fare la guerra la rendono totalmente differente da quella dell'Ottocento. Adesso, mitragliatrici, cannoni, granate, gas asfissianti uccidono gli uomini come mosche, o, meglio, come topi braccati nelle trincee. Saranno 10 milioni a morire, un numero impressionante e mai visto, costituito da soldati imbevuti di ideologie nazionaliste che l'Europa farà fatica ad abbandonare (e che ancora oggi avvelenano certi estremismi di destra).
Sono molti i neutralisti – ma gli interventisti strepitano più forte: il Papa, Benedetto XV, che nella sua prima enciclica (Ad beatissimi Apostolorum, 1 novembre 1914) invoca la pace appellandosi ai governanti delle nazioni; Giovanni Giolitti, ex presidente del Consiglio, da poco sostituito da Salandra, che poi firmerà il patto di Londra con la Triplice Intesa (Gran Bretagna, Francia e Russia) trascinando l'Italia nella guerra; i socialisti sono spaccati, ma molti aborrano ancora la guerra.

FlorenceIn Florence, le due parti sono efficacemente rappresentate dai protagonisti: Ludovico è un convinto interventista, che cambierà idea soltanto dopo l'esperienza diretta come cronista sul fronte della Marna, ma che si rifiuterà di modificare il taglio dei propri articoli per calcoli arrivisti. Irene è una diciottenne relegata al ruolo di giovane donna, con tutti gli oneri che comporta in Italia: l'obbligo di concludere al più presto un matrimonio, l'impossibilità di proseguire una carriera accademica, il peso del bigottismo che la rende un personaggio scomodo, perché troppo libero per il proprio sesso.
Irene comprende subito la crudeltà della guerra e si oppone alla spinta bellicista di Ludovico, un uomo di ventotto anni in cerca di riscatto dalle umili origini. Ed è il riscatto, possiamo dire, che muove per vari motivi (personali e patriottici) chi vuole aprirsi alla guerra.

Intessendo una vicenda immersa in questo clima, Stefania Auci trae il meglio del background storico intrecciandolo con la storia d'amore tra i due protagonisti, facendo emergere gli aspetti più salienti del dibattito intorno alla guerra, caratterizzando bene il periodo anche dal punto di vista sociale. Sia nell'ambizioso Ludovico, che vuole scalare i vertici della piramide sociale sfruttando le conoscenze dell'amante (moglie di un noto avvocato), che in Irene, ragazza intollerante al conformismo francamente insopportabile dell'ambiente fiorentino, si rispecchiano le increspature di una società variegata, complessa e claustrofobica. Sarà la guerra – e questo non le si può negare – a cambiare le cose quando, nell'epilogo, noteremo una situazione molto diversa.

Stefania Auci ha il vezzo di intarsiare lo stile, ma è nei dialoghi che dà il meglio di sé, inserendo toscanismi e adattando bene il linguaggio a quello dei primi del Novecento, senza farlo per questo risultare pesante o eccessivo.
Florence risulta un prodotto scorrevole, che si fa leggere velocemente malgrado la mole. Alla terza prova letteraria della scrittrice, notiamo il ricorrere dei temi storici, l'affezione per determinati luoghi geografici e la caratterizzazione abbastanza ferrata dei vari personaggi. Un romanzo che non deluderà anche le più affezionate al romance, malgrado le scene crude di guerra e il dibattito politico che si fa invece seguire con molto interesse.

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