A cura di Tonino Mangano
Copertina dell'edizione numerata, rilegata in carta tipografica stampata su tavole. |
Negli ultimi anni, grazie al
lavoro instancabile di abili e appassionati ricercatori, piccole e grandi perle
letterarie d’indiscusso valore sono state riportate alla luce e rese note al
grande pubblico.
È quanto è successo
all’accademico irlandese Denis Rose che, nel tentativo di dare alle stampe la
quarta edizione critica di Finnegans Wake,
si è imbattuto in quello che è stato riconosciuto come un testo scomparso del
grande James Joyce.
La scoperta ha destato non poco
scalpore in ambito accademico, sollevando una buona dose di perplessità e
polemiche. Studiosi ed esperti si sono infatti divisi in schieramenti opposti:
da una parte coloro che considerano Finn’s
Hotel come un’opera di autonoma originalità rispetto al resto del corpus
bibliografico di Joyce; dall’altra coloro che ritengono il manoscritto una
versione preliminare del celebre Finnegans
Wake.
Dopo aver messo il punto alla
sua opera più corposa, l’Ulisse, nel
1923 Joyce si dedicò alla stesura di una serie di dieci racconti che
ripercorrevano la storia irlandese attraverso l’esposizione di leggende,
storie, racconti. Questi suoi epiclets –
piccoli poemi, come li definiva lo stesso Joyce – abbracciano un arco di tempo
molto vasto, andando dalle leggende celtiche – come la rivisitazione di Tristano e Isotta – all’Irlanda del
1132.
Chi
poteva immaginare che tra le righe di questi dieci racconti perduti si
sarebbero nascosti in fieri personaggi e caratterizzazioni che avrebbero avuto
pieno sviluppo in un’opera posteriore?
Sebbene
– come detto – la notizia di questo ritrovamento non sia stata accolta particolare
entusiasmo dai critici joyciani, la Ithys Press – casa editrice irlandese con
sede a Dublino – è stata più che felice di pubblicare l’opera.
L’unica
protesta che molti lettori appassionati di Joyce, o semplici curiosi,
potrebbero avanzare, concerne la decisione dell’editore di optare per una tiratura
limitata – solo centottanta copie – e decisamente costosa dell’opera. Per amor
di completezza riportiamo una panoramica delle edizioni e dei prezzi previsti: 140
copie numerate – 350 euro cadauna –;
30 copie contrassegnate dalla
lettera A alla Z – 1250 euro –; e 10 copie
in edizione deluxe da 2500 euro a pezzo.
Slipcase e copertina dell'edizione deluxe, in carta marmorizzata, creata da Antonio Velez Celemin. |
L’aspetto
paradossale della questione è che, in realtà, questi racconti in cui si fondono
elementi di leggerezza e tematiche più cupe – e che non a caso prendono il nome
di serio-comic stories – sono stati
per molto tempo sotto gli occhi di professori e studenti, che li hanno letti,
studiati e catalogati per decenni senza che la notizia giungesse mai alla
ribalda della cronaca.
Per il
momento, solo pochi eletti avranno l’onore di mettere le mani sulla prima
edizione di Finn’s Hotel, ma se è
vero che, come diceva lo stesso Joyce, «la letteratura è al di sopra della
politica» ( I vivi e i morti – Gente di
Dublino), e dunque al di sopra della mera economia, molto presto tutti
potranno recarsi in libreria per acquistare e godere della lettura di uno dei
maestri del romanzo novecentesco.
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