venerdì 21 febbraio 2014

Finn's Hotel, la raccolta di racconti "perduti" di James Joyce

A cura di Tonino Mangano


Copertina dell'edizione numerata,
rilegata in carta tipografica stampata su tavole.
Negli ultimi anni, grazie al lavoro instancabile di abili e appassionati ricercatori, piccole e grandi perle letterarie d’indiscusso valore sono state riportate alla luce e rese note al grande pubblico.
È quanto è successo all’accademico irlandese Denis Rose che, nel tentativo di dare alle stampe la quarta edizione critica di Finnegans Wake, si è imbattuto in quello che è stato riconosciuto come un testo scomparso del grande James Joyce.
La scoperta ha destato non poco scalpore in ambito accademico, sollevando una buona dose di perplessità e polemiche. Studiosi ed esperti si sono infatti divisi in schieramenti opposti: da una parte coloro che considerano Finn’s Hotel come un’opera di autonoma originalità rispetto al resto del corpus bibliografico di Joyce; dall’altra coloro che ritengono il manoscritto una versione preliminare del celebre Finnegans Wake.
Dopo aver messo il punto alla sua opera più corposa, l’Ulisse, nel 1923 Joyce si dedicò alla stesura di una serie di dieci racconti che ripercorrevano la storia irlandese attraverso l’esposizione di leggende, storie, racconti. Questi suoi epiclets – piccoli poemi, come li definiva lo stesso Joyce – abbracciano un arco di tempo molto vasto, andando dalle leggende celtiche – come la rivisitazione di Tristano e Isotta – all’Irlanda del 1132.
Chi poteva immaginare che tra le righe di questi dieci racconti perduti si sarebbero nascosti in fieri personaggi e caratterizzazioni che avrebbero avuto pieno sviluppo in un’opera posteriore?
Sebbene – come detto – la notizia di questo ritrovamento non sia stata accolta particolare entusiasmo dai critici joyciani, la Ithys Press – casa editrice irlandese con sede a Dublino – è stata più che felice di pubblicare l’opera.
L’unica protesta che molti lettori appassionati di Joyce, o semplici curiosi, potrebbero avanzare, concerne la decisione dell’editore di optare per una tiratura limitata – solo centottanta copie – e decisamente costosa dell’opera. Per amor di completezza riportiamo una panoramica delle edizioni e dei prezzi previsti: 140 copie numerate – 350 euro cadauna –; 30 copie contrassegnate dalla lettera A alla Z – 1250 euro –; e 10 copie in edizione deluxe da 2500 euro a pezzo.
Slipcase e copertina dell'edizione deluxe,
in carta marmorizzata, creata da Antonio Velez Celemin. 
L’aspetto paradossale della questione è che, in realtà, questi racconti in cui si fondono elementi di leggerezza e tematiche più cupe – e che non a caso prendono il nome di serio-comic stories – sono stati per molto tempo sotto gli occhi di professori e studenti, che li hanno letti, studiati e catalogati per decenni senza che la notizia giungesse mai alla ribalda della cronaca.
Per il momento, solo pochi eletti avranno l’onore di mettere le mani sulla prima edizione di Finn’s Hotel, ma se è vero che, come diceva lo stesso Joyce, «la letteratura è al di sopra della politica» ( I vivi e i morti – Gente di Dublino), e dunque al di sopra della mera economia, molto presto tutti potranno recarsi in libreria per acquistare e godere della lettura di uno dei maestri del romanzo novecentesco.


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