lunedì 8 febbraio 2016

Recensione: Il Cerchio di Dave Eggers


Il cerchio, Dave Eggers
Mondadori 
391 pagine, 20.00 euro
C’è chi in un libro non cerca nient’altro che intrattenimento; vietato ricavare un insegnamento dalla lettura, che deve comunicare soltanto quello che il lettore è disposto a sentirsi dire. C’è, però, anche chi la usa come cartina tornasole per la realtà, per cui un libro continua a vivere anche dopo che l’ultima pagina è stata voltata. Questo tipo di lettore è probabile che rivolga le sue attenzioni al genere distopico, il cui scopo finale altro non è che descrivere, attraverso una società fittizia, la vera società in cui il lettore stesso vive, al fine di dargli sempre nuovi spunti di riflessione.
Il romanzo di cui parleremo oggi, Il Cerchio di Dave Eggers, si colloca fermamente in questo genere, e sin dalla sua uscita ha avuto un buon riscontro dal pubblico e dalla critica, che gli hanno spesso accostato capisaldi come 1984 o Brave New World. Questo perché il romanzo immagina una realtà piuttosto simile a quella attuale: una realtà dominata da internet e dalle nuove tecnologie, in particolare i social network. Sarà sufficiente questo per “rivaleggiare” con gli ingombranti numi tutelari, oppure la visione di Eggers si rivelerà miope?

Mae Holland riesce a realizzare il sogno della sua generazione: lavorare al Cerchio, la multinazionale più potente del pianeta. Niente sembra impossibile per i suoi tre proprietari: un social network dalla diffusione capillare, un welfare aziendale che non tralascia nulla per i suoi lavoratori, lo slancio per numerosi e ambiziosi progetti volti a migliorare la vita della collettività. Chiunque si sentirebbe onorato di far parte di una simile società, nonostante la ripetitività delle mansioni effettivamente svolte... e la sempre più pressante pretesa del Cerchio di controllare ogni aspetto della vita di Mae.

Tentare di immaginare che cosa accada dopo questa premessa sembra scontato: Mae percepisce quanto asfissiante e alienante sia il suo ambiente di lavoro, e tenta di ribellarsi; è ciò che accade in molti romanzi distopici. Ebbene  non me ne voglia chi ancora non ha letto Il Cerchio e potrebbe interpretare quanto segue come spoiler  qui non avviene niente del genere: non assisteremo mai a una presa di coscienza della protagonista, sempre più inglobata nel Cerchio. Naturalmente ciò può essere considerato un elemento drammatico, e una parte fondamentale del messaggio che l’autore desidera trasmettere al lettore: una schiavitù così pervasiva da non essere nemmeno riconosciuta come tale. E come confutare una simile tesi? Anche nella nostra vita odierna, senza il Cerchio, possiamo trovare simili dinamiche. Abbiamo tutti amici su Facebook che condividono senza riflettere ogni singolo elemento della loro giornata, che si sentono in dovere di comunicare al mondo cosa hanno mangiato, come si sono vestiti per una determinata occasione  anche questa descritta nei minimi particolari  e, sopratutto, le loro emozioni, quello che più hanno caro. Anche noi facciamo tutto questo, tutti i giorni, cercando il meno possibile di pensare a coloro che, nascosti dietro schermi invisibili, raccolgono queste informazioni senza specificare a che scopo.

Il romanzo non fa altro che portare alle estreme conseguenze quanto già esiste. Quindi  viene da chiedersi  è davvero un distopico? Non è invece parte di quella foltissima schiera di libri il cui scopo finale è dire al lettore soltanto cose che già sa, e fargli immaginare situazioni che non hanno bisogno di libri per essere immaginate? Non aiuta che nel libro non esistano personaggi con posizioni intermedie: sono o a favore o a sfavore del Cerchio, e individuare il loro schieramento è fin troppo semplice. Annie, l’amica a cui Mae deve il lavoro, i superiori, la stessa protagonista: mai un ripensamento, un pensiero, un domandarsi quanto lontano si stiano spingendo. Di contro due personaggi non faranno, nel corso del romanzo, nient’altro che cercare di avvertire Mae del pericolo imminente (e guadagnarsi così la partecipazione del lettore, mai realmente sfidato a riflettere sulla faccenda).

Lo stile dell’autore non riesce a coprire queste carenze strutturali: semmai, ne aggiunge di nuove. Alcune pecche  una gestione del ritmo opinabile, un linguaggio privo di guizzi personali  sono senza dubbio da imputarsi a Eggers; tuttavia è lecito dubitare anche della traduzione di Vincenzo Mantovani  stimato professionista del settore a cui va attribuito, ad esempio, l’uso costante della parola “organico” al posto del più plausibile “biologico” (”Che cosa ne pensi dei prodotti organici per capelli?”). 

Il Cerchio non è un brutto romanzo, nel senso stretto del termine. La lettura è godibile: anzi, il lettore sente l’impulso di andare avanti e “divorare” il libro. Tuttavia non riesce a comunicare molto che altro che sano intrattenimento. Un risultato non da poco, ma non adatto a un romanzo che si fregia di essere l’erede di 1984 e Brave New World. Un libro da leggere, ma senza troppe aspettative.

Voto: 


3 commenti:

  1. Purtroppo con Eggers ho già avuto incontri complicati... Nonostante le sue storie non mi dispiacciano, faccio una notevole fatica a portarle avanti proprio a causa della sua cifra stilistica, che non riesco a mandar giù senza intoppi. Perciò nonostante Il Cerchio mi avesse incuriosita, non penso che lo leggerò.

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  2. Grazie per il commento! Personalmente Il Cerchio è il primo romanzo di Eggers che leggo, ma sì, lo stile mi dissuadere dal provarne altri...

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  3. È la stessa sensazione che ho provato io nel leggerlo. Carino, ma non sento il bisogno di approfondire la conoscenza dell'autore. Il romanzo è molto attuale, anche ben scritto, ma ormai il mercato è saturo di questo genere di storie...
    Ottima recensione!

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