Al via ufficiale la settantesima edizione del Premio
Strega: sono stati annunciati oggi i 12 semifinalisti che si contenderanno il
prestigioso riconoscimento, vagliati dal Comitato direttivo del Premio -
composto da Tullio De Mauro, Giuseppe D’Avino, Valeria Della Valle, Simonetta
Fiori, Alberto Foschini, Paolo Giordano, Enzo Golino,Giuseppe Gori, Melania
Mazzucco, Luca Serianni e Maurizio Stirpe- tra le 27 proposte degli Amici della
domenica.
A questa scrematura dei partecipanti, seguirà una prima
votazione che sancirà la cinquina finalista attraverso lo scrutinio di tutti i
voti pervenuti, che si terrà in Casa Bellonci il 15 giugno. La
proclamazione del vincitore avverrà, invece, l'8 luglio all’Auditorium
Parco della Musica di Roma.
La kermesse di quest'anno si avvale di una nuova sezione
del premio dedicata alla lettura in fascia scolare, denominata come Premio
Strega Ragazze e Ragazzi, assegnato il 6 Aprile e deciso da lettori tra i 6 e i
15 anni provenienti dalle scuole di tutta Italia. Le vincitrici sono state due:
Susanna Tamaro con Salta, Bart! (Giunti) per la categoria +6 e Chiara Carminati
con Fuori Fuoco (Bompiani) per quella dedicata ai ragazzi dagli 11 ai 15 anni.
Le vincitrici del Premio Strega Ragazze e Ragazzi, Susanna Tamaro e Chiara Carminati, al momento della premiazione. |
Il 13 Giugno verrà, invece, decretato il Premio Giovani,
alla sua terza edizione, tra i 12 finalisti, assegnato da una giuria di circa
quattrocento ragazze e ragazzi, di età compresa tra i 16 e i 18 anni, in
rappresentanza di quaranta licei e istituti tecnici diffusi su tutto il
territorio italiano e all’estero.
Il 14 maggio sarà ufficialmente presentata la cinquina
finalista della seconda edizione del Premio Strega Europeo, che vuole rendere
omaggio alla cultura del vecchio continente e ai suoi legami con l’Italia
attraverso la premiazione di uno degli scrittori recentemente tradotti e
pubblicati in Italia che hanno vinto nei Paesi di provenienza un importante
riconoscimento nazionale.
La cerimonia si terrà nel Salotto Lazio (Padiglione 3,
P102-R101) del Salone Internazionale del Libro (Lingotto Fiere, via Nizza 294,
Torino). Per raccontare i libri e gli autori selezionati interverranno Lidia
Ravera, assessore alla Cultura della Regione Lazio, Stefano Petrocchi,
direttore della Fondazione Maria e Goffredo Bellonci, Maria Ida Gaeta,
direttrice della Casa delle Letterature.
Ma veniamo adesso ai 12 semifinalisti: vi presentiamo
qui, come di consueto, i libri che concorreranno al LXX Premio Strega.
L’uomo del futuro (Mondadori) di Eraldo Affinati
A quasi cinquant'anni dalla sua scomparsa don Lorenzo
Milani, prete degli ultimi e straordinario italiano, tante volte rievocato ma
spesso frainteso, non smette di interrogarci. Eraldo Affinati ne ha raccolto la
sfida esistenziale, ancora aperta e drammaticamente incompiuta, ripercorrendo
le strade della sua avventura breve e fulminante: Firenze, dove nacque da una
ricca e colta famiglia con madre di origine ebraica, frequentò il seminario e
morì fra le braccia dei suoi scolari; Milano, luogo della formazione e della
fallita vocazione pittorica; Montespertoli, sullo sfondo della Gigliola, la
prestigiosa villa padronale; Castiglioncello, sede delle mitiche vacanze
estive; San Donato di Calenzano, che vide il giovane viceparroco in azione
nella prima scuola popolare da lui fondata; Barbiana, "penitenziario
ecclesiastico", in uno sperduto borgo dell'Appennino toscano, incredibile
teatro della sua rivoluzione. Ma in questo libro, frutto di indagini e
perlustrazioni appassionate, tese a legittimare la scrittura che ne consegue, non
troveremo soltanto la storia dell'uomo con le testimonianze di chi lo
frequentò. Affinati ha cercato l'eredità spirituale di don Lorenzo nelle
contrade del pianeta dove alcuni educatori isolati, insieme ai loro alunni,
senza sapere chi egli fosse, lo trasfigurano ogni giorno: dai maestri di
villaggio, che pongono argini allo sfacelo dell'istruzione africana, ai
teppisti berlinesi, frantumi della storia europea; dagli adolescenti arabi,
frenetici e istintivi, agli italiani di Ellis Island, quando gli immigrati eravamo
noi; dalle suore di Pechino e Benares, pronte ad accogliere i più sfortunati,
ai piccoli rapinatori messicani, ai renitenti alla leva russi, ai ragazzi di
Hiroshima, fino ai preti romani, che sembrano aver dimenticato, per fortuna non
tutti, la severa lezione impartita dal priore.
La scuola cattolica (Rizzoli) di Edoardo Albinati
Roma, anni Settanta: un quartiere residenziale, una
scuola privata. Sembra che nulla di significativo possa accadere, eppure, per
ragioni misteriose, in poco tempo quel rifugio di persone rispettabili viene
attraversato da una ventata di follia senza precedenti; appena lasciato il
liceo, alcuni ex alunni si scoprono autori di uno dei più clamorosi crimini
dell’epoca, il Delitto del Circeo. Edoardo Albinati era un loro compagno di
scuola e per quarant’anni ha custodito i segreti di quella “mala educación”.
Ora li racconta guardandoli come si guarda in fondo a un pozzo dove oscilla,
misteriosa e deforme, la propria immagine. Da questo spunto prende vita un
romanzo poderoso, che sbalordisce per l’ampiezza dei temi e la varietà di
avventure grandi o minuscole: dalle canzoncine goliardiche ai pensieri più
vertiginosi, dalla ricostruzione puntuale di pezzi della storia e della società
italiana, alle confessioni che ognuno di noi potrebbe fare qualora gli si
chiedesse: “Cosa desideravi davvero, quando eri ragazzo?”.
Adolescenza, sesso, religione e violenza; il denaro,
l’amicizia, la vendetta; professori mitici, preti, teppisti, piccoli geni e
psicopatici, fanciulle enigmatiche e terroristi. Mescolando personaggi veri con
figure romanzesche, Albinati costruisce una narrazione potente e inarrestabile
che ha il coraggio di affrontare a viso aperto i grandi quesiti della vita e
del tempo, e di mostrare il rovescio delle cose. La scuola cattolica è forse il
libro che mancava nella nostra cultura.
Dove troverete un altro padre come il mio (Ponte alle
Grazie) di Rossana Campo
Rossana Campo, ancora una volta senza infingimenti e con
lo stile dirompente e «difforme» che caratterizza la sua produzione letteraria,
ma mettendosi in gioco forse più che in ogni altro suo libro, racconta qui il
rapporto con Renato, il padre amatissimo e difficile scomparso di recente; o
meglio con le molteplici figure, spesso contraddittorie, che Renato ha
incarnato lungo tutta la sua vorticosa esistenza: il maestro di vita che fin da
piccola esorta la figlia a rifuggire ogni forma di condizionamento e ipocrisia,
ma anche l’irresponsabile che per niente e nessuno si separerebbe dalla sua
amica più fidata: la bottiglia; l’individuo gioviale e irriducibilmente
ottimista, ma anche l’attaccabrighe, dominato da una rabbia incontenibile; e
ancora lo «zingaro» che non sopporta alcuna imposizione e non riconosce alcuna
autorità, il contaballe prodigioso, il casinista indefesso, il terrone
orgoglioso in un Nord che lo respinge… in una parola un essere infinitamente
vitale e tremendamente fragile. Ne emerge un racconto, magari spudorato, ma
proprio per questo di rara autenticità, della parte più profonda di sé.
Dalle rovine (Tunué) di Luciano Funetta
Il collezionista di serpenti Rivera, grazie a un video
amatoriale, entra in contatto con l’insolita e seducente scena della
pornografia d’arte. Questa esplorazione si trasforma ben presto nella discesa
in un abisso popolato da figure oscure, tra le quali spicca un argentino a dir
poco enigmatico: Alexandre Tapia.
Proprio attraverso la frequentazione di Tapia, Rivera
scoprirà un universo di abiezioni private e catastrofi collettive, vittime
invisibili e carnefici rimasti impuniti.
Le streghe di Lenzavacche (e/o) di Simona Lo Iacono
A Lenzavacche, minuscolo paese della Sicilia, vivono il
piccolo Felice, la madre Rosalba e la nonna Tilde. È il 1938, e sembra non
esserci posto per quel bambino disabile e vivace nell’Italia ossessionata dalla
perfezione fisica esaltata dal fascismo. Felice, tuttavia - frutto di un amore
appassionato della madre con un arrotino di passaggio, il Santo - riesce a
vivere in pienezza nonostante i disagi fisici e l'emarginazione. Perché la sua
è una famiglia speciale, di sole donne, le ultime discendenti di un gruppo di
“streghe” che nel 1600 trovarono rifugio proprio a Lenzavacche dopo essere
state bollate come corruttrici e istigatrici del demonio. Spose abbandonate,
mogli gravide, figlie reiette, donne perseguitate che decisero di riunirsi per
fronteggiare eventi difficili della vita, affratellandosi in un vincolo di
solidarietà umana. Accanto a lui, oltre a queste donne piene di risorse,
sostenitrici zelanti del potere benevolo delle streghe, c’è il farmacista
Mussumeli, donnaiolo incallito ma benigno protettore della famiglia. E infine
Mancuso, il nuovo maestro della scuola elementare, giovane e innamorato della
cultura, dominato da un dolore lontano. Tutti insieme si ingegnano per
escogitare metodi che possano regalare a Felice movimento, parola e
indipendenza. In una Sicilia viziosa e ipocrita, dove c’è sempre qualcuno
pronto a giudicare, Felice e il Maestro Mancuso diventano un simbolo di
coraggio e fantasia, il segno concreto di una rinascita possibile.
La reliquia di Costantinopoli (Neri Pozza) di Paolo
Malaguti
1565, Venezia. Il sole non lambisce ancora il camposanto
di San Zaccaria, quando il vecchio Giovanni si cala nella tomba del chierico
Gregorio Eparco, il suo antico tutore, appena riesumata dai pissegamorti in
cambio di tre ducati. Non vuole trafugare la bara di legno marcio o le ossa
ricoperte di lanugine e muffa. Sta cercando un libercolo. Un diario «avvolto in
una pezza di tela cerata, sigillata da un nastro nero», che lui stesso,
cinquant’anni prima, ha nascosto sotto la nuca del maestro, dopo aver giurato
di non sfogliarlo né di farne parola con nessuno.
Il giuramento, però, ora può essere infranto, poiché le
annotazioni contenute in quell’involucro sono l’unico indizio in grado di
condurre ad alcune preziosissime reliquie cristiane andate perdute.
Il diario si apre nel 1452, quando Gregorio – «la barba
folta e nera» e un «fisico più da rematore che da mercante» – giunge ad
Adrianopoli insieme con il suo socio d’affari, l’ebreo-veneziano Malachia
Bassan.
La città, strappata a Venezia dagli Ottomani un secolo
prima, offre uno spettacolo raccapricciante agli occhi dei due giovani
mercanti. Ventotto marinai di una galea da mercado della Serenissima, accusata
di aver disubbidito agli ordini provenienti dalla fortezza di Boghaz-kesen,
fatta costruire da Maometto II per controllare il traffico sul Bosforo, sono
stati torturati, uccisi e lasciati alla mercé dei cani nelle pubbliche vie.
L’intento del giovane Sultano, un ragazzo di diciannove
anni magro e pallido, è chiaro: offrire una dimostrazione di forza prima di
cingere d’assedio la città che, per i cristiani, è la madre e la guida di tutto
il mondo, l’ancella stessa del Padre: Costantinopoli, l’arca di santità che
custodisce il maggior numero di reliquie cristiane.
Mentre uno sparuto esercito di genovesi, greci e
veneziani tenta di respingere l’assalto dei turchi, Gregorio ha un’idea:
recuperare tutti «i frammenti di Paradiso» appartenuti ai santi e disseminati
nelle chiese, nei sotterranei e dentro il Grande Palazzo imperiale di
Costantinopoli, per salvare in tal modo la Cristianità. Un’idea allettante
anche per Malachia Bassan, nella cui mente si affaccia il pensiero che, male
che vada, quelle reliquie così preziose possono pur sempre essere vendute.
Così tra imboscate, fughe ed enigmi, i due giovani mercanti
si accingono all’impresa…
Con una documentazione sterminata capace di riprodurre
fedelmente l’architettura di Costantinopoli cinta d’assedio dagli Ottomani e le
strategie militari, le lingue, i culti e i costumi dell’epoca, Paolo Malaguti
scrive un romanzo d’avventura dall’inarrestabile tensione narrativa. E ci
consegna due protagonisti memorabili, figli del XV secolo: il saggio e
ossequioso chierico Gregorio e l’imprevedibile ebreo Malachia.
Il cinghiale che uccise Liberty Valance (minimum fax) di
Giordano Meacci
Nell’immaginario paese di Corsignano – tra Toscana e
Umbria – la vita procede come sempre. C’è gente che lavora, donne che
tradiscono i propri uomini e uomini che perdono una fortuna a carte. C’è una
vecchia che ricorda il giorno in cui fu abbandonata sull’altare, un avvocato
canaglia, due bellissime sorelle che eccellono nell’arte della prostituzione e
una bambina che rischia la morte. E c’è una comunità di cinghiali che scorrazza
nei boschi circostanti. Se non fosse che uno di questi cinghiali acquista
misteriosamente facoltà che trascendono la sua natura. Non solo diventa capace
di elaborare pensieri degni di un essere umano, ma, esattamente come noi,
diventa consapevole anche della morte. Troppo umano per essere del tutto
compreso dai suoi simili e troppo bestia per non essere temuto dagli umani: «il
Cinghiale che uccise Liberty Valance» si ritrova all’improvviso in una terra di
nessuno che da una parte lo getta nella solitudine ma dall’altra gli dà la
capacità di accedere ai segreti di Corsignano, leggendo nel cuore dei suoi
abitanti. Giordano Meacci scrive un romanzo bellissimo, commovente,
appassionante, che racconta l’eterno mistero dei nostri sentimenti e lo fa
grazie all’antico espediente di trattare le bestie come uomini e gli uomini
come una tra le molte specie viventi sulla Terra.
L’addio (Giunti) di Antonio Moresco
Il mondo dei vivi e quello dei morti sono vicini,
comunicanti, e si assomigliano tanto: sono entrambi fittamente popolati, con
città piene di grattacieli e di quartieri in rapida espansione. Solo la luce è
diversa. E c'è un'altra cosa, che però nessuno sa dire: quale dei due mondi
venga prima. Il protagonista di questo romanzo si chiama D'Arco ed è uno sbirro
morto, pieno di dolore e di furore. È stato chiamato a compiere una missione
impossibile. Deve tornare nel mondo dei vivi, nel quale fu ucciso, per fermare
un massacro di vittime innocenti. Ma se il male viene prima, come potrà D'Arco
invertire la spirale.
Conforme alla gloria (Voland) di Demetrio Paolin
Amburgo, 1985. Rudolf Wollmer fa il sindacalista, ha una
moglie, un figlio adolescente e l’incubo di un padre scomodo, una ex SS che
morendo gli ha lasciato in eredità la casa di famiglia. Deciso a sbarazzarsene
subito, ritrova, tra gli oggetti del vecchio, un quadro intitolato La gloria.
L’immagine è minacciosa ma nasconde un segreto ancora più terrificante. Nel
tempo, la vicenda di Rudolf e del quadro si intreccia con quella di Enea
Fergnani ‒ ex prigioniero a Mauthausen sfuggito allo sterminio del lager grazie
alla sua abilità artistica e proprietario di un negozio di tatuaggi a Torino ‒
e della giovane modella Ana… Un romanzo sorprendente, dallo stile intenso e
nitido, che è anche una riflessioni sul rapporto tra vittima e carnefice, su
quale sia il confine tra umano e disumano.
La figlia sbagliata (Frassinelli) di Raffaella Romagnolo
Un sabato sera come tanti in una cittadina della
provincia italiana. La tv sintonizzata su uno show televisivo, nel lavandino i
piatti da lavare. Un infarto fulminante uccide il settantenne Pietro Polizzi,
ma Ines Banchero, sua moglie da oltre quarant'anni, non fa ciò che ci si
aspetta da lei: non chiede aiuto, non avverte amici e famigliari, non si
preoccupa di seppellire l'uomo con cui ha condiviso l'esistenza. Comincia così
un viaggio dentro la vita di una coppia normale: un figlio maschio, una figlia
femmina, un appartamento decoroso, le vacanze al mare, la televisione e la
Settimana Enigmistica. Ma è una normalità imposta e bugiarda, che per
quarantacinque anni, per una vita, ha nascosto e silenziato rancori, rimpianti,
rimorsi e traumi. E mentre giorno dopo giorno la morte si impadronisce della
scena, il confine fra normalità e follia si fa labile.
Se avessero (Garzanti) di Vittorio Sermonti
Una mattina di maggio del 1945 tre (o quattro) partigiani
si presentano col mitra sullo stomaco in un villino zona Fiera di Milano alla
caccia d'un ufficiale della Repubblica Sociale (o forse di tre), lo scovano,
segue un ampio scambio di vedute, e se ne vanno. Da questo aneddoto domestico,
sincronizzato bene o male ai grandi eventi della Storia, si dipanano
settant'anni di ricordi di un fratello quindicenne, confusi ma puntigliosi,
affidati come sono agli «intermittenti soprusi della memoria»: il nero-sangue e
il gelo della guerra, la triste farsa di sognarsi eroe, poi il «passaggio dalla
parte del nemico» (iscrizione al PCI), e poi ancora un titubante far parte per
se stesso; e il rapporto di reciproca protezione con il padre fascista; e la
famiglia «feudale» della strana mamma; ma anche una collana di amori
malriposti, le letture, il teatro, la musica, il calcio, gli amici. Testa e
cuore però non fanno che tornare a quella mattina di maggio, a quell'ipotesi
sospesa, a quell'eccidio mancato.
Così, nel tentativo di fare i conti con i propri
fantasmi, Vittorio Sermonti ci regala un libro sconcertante, tracciato nella
forma di una lunga canzone d'amore per un tu che ha smascherato molti di quei
fantasmi del “narrator narrato”, e gli dà ancora la voglia di vivere: un libro
che è anche la cronaca minuziosa di un Paese e di un interminabile dopoguerra,
e, spesso mimando pensieri, lessico e voce d'un ragazzino d'antan, ci fa riflettere
sulla tragica e ridicola ricerca di noi stessi che ci affligge giorno per
giorno, uno per uno: «non contiamo niente, perché ognuno conta purtroppo
tutto».
La sumera (Fazi) di Valentino Zeichen
Un giorno dopo l’altro, senza grandezze né tragedie, Ivo,
Mario e Paolo consumano quel che resta delle loro giovanili inquietudini in una
Roma sonnacchiosa e sempre più indifferente. I tre amici si muovono in uno
spazio privilegiato, tra la via Flaminia e la Galleria d’Arte Moderna, passando
le loro giornate fra minimi spostamenti, pedinamenti di donne, amori
impossibili. Sono tre «vecchi ragazzi» scioperati, un po’ come i vitelloni
felliniani, che vivono, anzi vivacchiano, nella capitale, «contemporanei al
proprio passato». La ricerca di un centro che appare introvabile rivela la
fatica di crescere e di cambiare in una realtà alla quale sembra difficile
aderire: così il fallimento di Mario diventa lo specchio del fallimento di Ivo
e insieme sembrano portare verso un’unica sconfitta, quella di un’intera
generazione cresciuta nel segno della marginalità esistenziale. La deriva pare
arrestarsi solo davanti a una donna senza nome, che i tre si contenderanno in
un balletto quasi moraviano.
In questo romanzo poetico e scanzonato, dal fondo
potentemente tragico, Valentino Zeichen ricostruisce con dolente ironia
l’itinerario degli anni perduti dei protagonisti, che raggiunge talvolta esiti
di irresistibile comicità illuminando quel vuoto così caratteristico delle loro
vite come dei nostri tempi.
In realtà è stata ammessa la Stancanelli ed è stato escluso Zeichen... :/
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