Non è una novità, eppure non cessa di far discutere il lancio in edicola della collana Distillati, che comprende libri “tagliati” ed epurati delle parti noiose e che ricorda l'operazione della Selezione Reader Digest in voga negli anni Settanta.
Rassicuriamoci: non stiamo assistendo alla morte della lettura. L'idea, che lascia il tempo che trova in un periodo in cui chi non legge ha sempre più motivi e distrazioni per non farlo, si estinguerà com'è già successo alle campagne precedenti. Ma induce certamente a qualche riflessione, collegata soprattutto al modo in cui i Distillati sono stati presentati.
Pur attribuendo ogni buona intenzione all'ideatore Giulio Lattanzi, i Distillati non appaiono come un'operazione culturale, giacché collegare la parola “cultura” alla menomazione di un libro appare quanto meno contraddittorio. La fallacia di questo tipo di tentativi è già stata testimoniata dai “Live” della Newton Compton, libri brevissimi e dal costo irrisorio che, sebbene si attribuissero le stesse finalità, non hanno certo aumentato il numero dei lettori – nel 2015, come accade ormai da anni, sono piuttosto diminuiti. I Distillati, invece, lanciano un segnale importante sulle condizioni dell'editoria e restituiscono l'impressione che stiamo ormai grattando il fondo: la conduzione di tipo manageriale che ha soppiantato quella di impronta “letteraria” ha creato un bacino di lettori deboli, insoddisfatti, annoiati, ineducati, la cui attenzione deve essere continuamente richiamata da slogan, proposte “innovative”, design vivaci e accattivanti. Con lo stesso spirito sono state rivisitate le copertine dei classici, ispirate a questo o quel fenomeno letterario per adolescenti, che strizza l'occhio a un tipo di esperienza di lettura unicamente indirizzata all'estetica anziché al contenuto.
Nell'ormai consueta abitudine di offendere l'intelligenza dei “non lettori” si insinua la presunzione che questi debbano leggere a tutti i costi e, sebbene l'esigua percentuale di lettori in Italia debba destare preoccupazione, l'edizione “ridotta” di un libro per adulti fa pensare a un manuale di auto-aiuto “for dummies”. Ancora una volta si rifiuta di capire che la formazione di nuovi lettori deve avvenire attraverso l'incentivazione e il finanziamento delle biblioteche, che solo quando diverranno centro nevralgico della comunità avranno l'opportunità di aumentare seriamente il numero dei lettori. Campagne di sensibilizzazione devono essere sempre presenti, è necessario lo siano, ma non possono eguagliare l'opera di educazione all'affettività – sì, verso il libro – che è in grado di generare l'attività di una biblioteca o di un centro culturale.
Al contrario, l'andazzo che finora è stato incoraggiato e che può essere esplicato dall'assunto “qualsiasi cosa, purché si legga”, mirato esclusivamente all'ingaggio di lettori estemporanei che rimpinguassero le casse delle case editrici e che hanno abbandonato per prima cosa la lettura quando si è presentata la crisi economica, ha cercato di ovviare alla qualità con la quantità, non riuscendo infine a soddisfare né l'una, né l'altra. Posta sempre la sacralità della lettura di evasione, l'invasione di best seller di poco spessore e di libri-spazzatura preconfezionati ha generato tanta di quella ignoranza da spogliare la lettura del suo significato ultimo: l'arricchimento e la formazione personale.
I Distillati sembrano, per l'appunto, voler rispondere a un problema di ordine “logistico”: la presunta mancanza di tempo con cui i “non lettori” si giustificano, spesso insieme a un sospiro di sconforto e a un'espressione contrita che stanno a significare: “vorrei tanto, ma...”.
La consapevolezza da parte degli ideatori della collana della frequenza con cui vengono guardati film e serie tv ha quindi ispirato l'idea di romanzi che possono essere letti in un ristretto intervallo di tempo, tanto quanto se ne impiega per dedicarsi alle altre due attività. Con ciò, hanno però dimostrato di non aver afferrato il nocciolo della questione, che non risiede certo nella mancanza di tempo, ma nel formato: chi preferisce guardare una serie tv non prenderà in mano un libro soltanto perché questo impiega lo stesso tempo, e il motivo sta nel fatto che, spesso, un film e una serie tv non richiedono uguale impegno, sforzo, concentrazione e spirito di riflessione che pretende un libro. E non è un caso, infatti, se i fruitori delle migliori serie tv sono già, o sono stati, dei lettori. Se hanno smesso di esserlo, o lo sono molto più di rado, il motivo potrebbe però consistere nel fatto – azzardo – che comincia a diventare molto difficile trovare ottimi libri di intrattenimento che appassionino quanto una serie tv. Gli editori più grandi continuano ostinatamente a procacciare le attenzioni del “non lettore”, nella speranza di allargare il bacino di utenza, senza curarsi di rafforzare la fascia già esistente di lettori forti, confondendo sempre di più le collane, rinunciando alla propria identità in virtù di un modello che sta portando il sistema a collassare. Le conseguenze non si fanno sentire soltanto sul piano economico, ma si riflettono su una società sempre più incapace di soffermarsi a pensare, superficiale, imbecille, anestetizzata e che, pur volendo evitare immaginari apocalittici, fa molto pensare alla distopia di Fahrenheit 451, dove l'espulsione autoprogrammata dei libri dalla vita quotidiana (che passava anzitutto proprio dalla riduzione dei libri) era stata dettata dall'esigenza di evasione – di matrice capitalistica – che arrivava al termine della stancante giornata di lavoro.
Altro presupposto totalmente errato è che la consumazione di un libro si esaurisca nella trama spiccia, e che possa essere facilmente mutilato di parti giudicate superflue (Da chi? In base a quali criteri?) impoverendo la lettura e privandola della pazienza che richiede. La pazienza non è, però, una condanna, ma una virtù indispensabile se si desidera godere della bellezza, valore che stiamo sempre più disprezzando. Se non si è disposti a leggere qualche scena in più, non è necessario si legga per forza: non è una prescrizione medica. Liberiamo i “non lettori” dall'incombenza di dover dimostrare il loro “valore” e smettiamola di fare della lettura un ideale radical chic o hipster.
Inoltre, ancora meno senso dimostra la scelta dei titoli: autori come John Grisham o Wilbur Smith hanno scritto romanzi già studiati per essere avvincenti, incalzanti e per avere il merito di tenere il naso incollato alle pagine. La riduzione di trame complesse il cui intreccio è creato apposta per appassionare non trova motivo di esistere, oltre a rendere l'operazione particolarmente difficoltosa se si ha la pretesa di mantenere immutata l'integrità del contenuto almeno in linea generale. È lecito chiedere: Giulio Lattanzi, che insegna Economia e gestione delle imprese editoriali al Master di Editoria Cartacea e Multimediale dell’Università di Bologna, direbbe mai ai propri allievi di studiare soltanto un quinto delle pagine dei libri assegnati per l'esame?
Tra l'altro io vorrei spezzare una lancia in favore dei non lettori: nessuno sembra considerare il fatto che una persona che non legge non è per forza un imbecille semi analfabeta, un pó come chi legge non è per forza un genio super acculturato! Per il resto concordo su tutto, specialmente sul fatto che sono certa che non avranno alcun successo
RispondiEliminaInfatti sono iniziative come queste che sembrano suggerire il fatto che i non lettori siano stupidi e che abbiano bisogno del libro ridotto per leggere un po'. Se non vogliono, non vogliono, che diamine.
EliminaAbbiamo toccato il fondo.
RispondiEliminaPeggio, lo stiamo già raschiando :D
EliminaLa mia domanda è: ma se quello che per loro è noioso e che quindi viene tagliato per me invece non lo è, anzi.. forse è la parte che più preferisco di un romanzo?
RispondiEliminaImpossibile, eliminiamo tutte quelle descrizioni, troppa noia! XD
EliminaNon avrei saputo dirlo meglio. Sicuramente ci avrei messo più cattiveria (genialità di questa specie mettono a dura prova la mia tolleranza).
RispondiEliminaAnche io di solito sono molto più caustica, ma sto cercando di imparare - per il mio bene e quello altrui - l'arte della diplomazia :)
EliminaQueste iniziative sono veramente tristi e confermano il fatto che l'editoria italiana è indietro anni luce rispetto a quelle estere... Grazie per il post molto informativo e interessante! :)
RispondiEliminaGrazie a te per essere passato/a :)
EliminaNel tuo post ci sono diversi spunti di riflessione interessanti, concordo soprattutto sul fatto che , pur di accaparrarsi qualche lettore in più, le case editrici sommergano il mercato di sempre nuovi titoli, spesso narrativa scadente, puntando più sull'estetica che sui contenuti. Io sono una lettrice onnivora e non disdegno affatto la narrativa di intrattenimento, ma rimango stupita dal fatto che il livello delle pubblicazioni sembri livellarsi sempre di più verso il basso. Certi fenomeni editoriali degli ultimi anni qualche decade fa sarebbero stati pubblicati nelle collane Harmony e sarebbero rimasti circoscritti ai lettori appassionati di tal genere, mentre adesso sono diventati i bestsellers che tengono a galla le casse dell'editoria. Sento spesso persone non più giovani raccontare che per loro lettura d'evasione significava leggere Salgari, Dumas...adesso ci ritroviamo I Distillati di libri...
RispondiEliminaHai completamente ragione, ciò che prima era relegato all'edicola adesso detta legge nel mercato. Da lettori forti, possiamo soltanto diffondere l'entusiasmo per i bei titoli che (grazie al Cielo) escono e per le case editrici che meritano, in modo da contrastare questa tendenza.
EliminaVeramente insensata, come operazione editoriale. A questo punto, cari non lettori, è meglio se vi guardate un film, una serie tv o una partita di calcio, ma almeno quella dall'inizio alla fine. Non si deve certo leggere per forza.
RispondiEliminaMa figurati poi se questo è un tentativo di diffondere cultura, è solo una trovata commerciale
EliminaNon ho parole. Sul serio, sono allibita. Come si può anche solo pensare di tagliare delle scene, e poi per cosa, sintetizzare i libri e renderli più veloci per attirare chi comunemente è un "non lettore"? Non ha senso! Il taglio lo accetto in corso di editing, ma non di certo dopo! Mi irrita da lettrice, ma penso che anche un non-lettore dovrebbe offendersi; semplificare è come dire "non sei intelligente, quindi te lo rendo più alla tua portata"!
RispondiEliminaAltro che diffusione della letteratura: qui è la morte.
La passione per la lettura è, per definizione, una cosa spontanea ed istintiva. Si può pubblicizzare quest'attività, ma non creare un genere monco per far leggere chi, in realtà, non vuole leggere. Preferirei leggere solo un libro all'anno piuttosto che rinunciare al pacchetto completo di emozioni, aneddoti e immagini. Non serve il sentiero di molliche di pane, perchè questa strada non porterebbe ad amare la lettura chi si accontenta delle briciole di un romanzo. Facessero più pubblicità alle raccolte di racconti, magari: brevi ma intensi, vi è tutto ciò di cui hanno bisogno senza essere smembrati. Sempre più delusa dall'editoria italiana.
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